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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: I frontoni di un tempio tuscanico scoperti in Luni
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0113

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stringe a sè due delle sue minori creature (figlie),
mentre qui una sola è quella da lei veramente as-
sistita e protetta. Anche l'ampechonion in queste
rappresentanze è disposto diversamente, nel sar-
cofago facendo nembo dietro la testa, e nel bas-
sorilievo pompeiano cuoprendo il braccio s., e nella
nostra figura trovandosi ripiegato sulle ginocchia
e, a quanto pare, rialzato dalla mano s. in un con-
cetto di protezione più corrispondente col famoso
gruppo degli Uffìzi e coi sarcofagi del Museo Pio
dementino (VI, 17) e del Museo di Monaco (Stark,
taf. IV). Uno dei particolari più caratteristici per
la nostra figura, è del resto il motivo del petto se-
miscoperto, il quale, in relazione con l'ampechonion
svolazzante dei sarcofagi succitati, corrisponde as-
solutamente con quella tendenza esagerata per lo
stile pittorico che tanto contraddistingue l'arte
statuaria dei Diadochi. Quel chitone discinto to-
glie sobrietà all'insieme, ma aggiunge effetto alle
parti rendendo più vario l'andamento delle pieghe,
più provocante il nudo. In questo senso il chitone
discinto si può dire una vera trovata per l'artista
che, dopo Prassitele o Scopa,*) al tempo dei Dia-
dochi, ebbe a ritentare la prova in un nuovo gruppo
della Niobe. Sarebbe stata una trovata di cattivo
genere per un idealista del V o del IV sec, invece
era di ottimo gusto per i realisti del periodo el-
lenistico, i quali effettivamente diedero più im-
portanza a quel particolare che al gruppo della
Mobe per sè stesso. L'arte etnisca e romana ri-
flettentesi nell'ellenismo presceglie anch'essa il
chitone discinto, e sempre ritrae la Mobe così ve-
stita. E non è quindi soltanto nel frontone di Luni
che la Niobe appare col petto seminudo, ma al-
tresì nel bassorilievo di Pompei, in tutti i sarcofagi
romani, e nel sarcofago etrusco di Toscaneria;-)
e, quel che più monta, eziandio in uno specchio at-
tico od etrusco del mezzo III sec. a. C. trovato a
Locri.3)Per contrario in un piccolo bassorilievo fìt-

tile di Panticapea, stato adattato alla decorazione
di un sarcofago di legno nel mezzo IV sec. a. C, »)
nel finissimo fregio greco del Museo di Pietrobur-
go, s) e nelle stesse rappresentanze dei vasi ita-
lioti più vicini alla tendenza pittorica del periodo
ellenistico,c) la Niobe tien chiuso il chitone pu-
dicamente come nella statua di Scopa o di Pras-
sitele che C. Sosio trasportò dalla Cilicia (Seleucia)
a Roma nel 38 a. C;7) statua da noi conosciuta
per la stupenda copia della Galleria degli Uffìzi.8)
Davanti ai monumenti convien dunque riconoscere
l'importanza che i copiatori e gli imitatori della
Niobe ellenistica annessero alla particolarità del
chitone; anche quando non ne concessero alcuna
al motivo intrinseco del gruppo, bene spesso da
loro variato con la massima libèrtà a seconda del
bisogno.

Mancandoci poi una uniformità di aggruppamento
nelle suddette rappresentanze della Niobe dal petto
scoperto, ci resta difficile stabilire al presente in
che modo e con quali figure la nostra Niobe fosse
essa stessa aggruppata, I due monumenti per tempo
e per origine più vicini al frontone di Luni, lo spec-
chio di Locri e il sarcofago di Toscanella, potreb-
bero far credere ch'essa sostenesse con la d. ab-
bassata un figlio caduto in ginocchio ridosso a
lei; ma siccome dei figliuoli (Niobidi) nel nostro
frontone ne abbiamo almeno sei altri, e delle figlie
forse appena quattro, siamo disposti a ritenere
che due altre figlie si trovassero associate ingruppo
con la madre come nel sarcofago lateranese e nel
bassorilievo di Pompei. Il genere delle attaccature
sulla coscia s. e sulla coscia d. ci confermerebbe in
questa opinione, ma non vorremmo tuttavia troppo
insistere nella medesima. Riguardo al posto che il
gruppo della Niobe occupava nel frontone ci par
probabile che essa stesse dal lato d. vicino al cen-
tro del timpano fra una figlia vestita da corsa
(fig. 15 ?) e il figlio aggruppato col Pedagogo.

1) Il Treu nelle Mittheil d. Ardi. List, in Atken, 1883,
p. 418 sqq., facendo l'analisi di una testa originale di Scopa
trovata a Tegea, vorrebbe escludere la possibilità che il
gruppo degli Uffizi si riferisca a un originale di Scopa;
ma credo che si dovrebbe escludere anche Prassitele ove
si instituisse un simile confronto stilistico fra l'Hermes
di Olimpia e le copie dei Niobidi.

2) Atti dell'Accademia Pontif. Voi XI, p. 171-185; cfr.
Stark, o. e, taf. IX, 2.

3) Ci fu notificato da Helbig, Bull. Ist. 1865, p. 169
(pr. Castellani).

'0 Stephani, Comj^ 1863, p. 167, cfr.Atlas,t&{. Ili, 1.

s) Stark, o. e, taf. Ili, 1, cfr. Heydemann, Berichte d.
Sachs. Gesellsch. zie Leipzig, 1877, I-II, taf. V, 1.

°) Valga ad esempio il vaso Jatta, Catal. n. 424, edito
nel Bull. Napol. 1843, I, tav. 2 = Stark, o. c. taf. II.

7) V. Stark, o. e, p. 119 sqq. e Owerbeck, Geschichte d.
Or. Plastik, 3" ed. III, p. 52 sqq.

8) La Niobe del colombario della Villa Pamphily (Jahn,
Abhandl d. Mundi. Akad.1857, VIII, taf.II, 6 = Stark, o.c,
taf. IX, 2) fu certamente dipinta sulla reminiscenza della
Niobe di Cilicia.
 
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