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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Vitelli, Girolamo: Spicilegio florentino, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0173

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- 162 -

io non so davvero come la prima ipotesi sarebbe
più possibile. Sventuratamente l'antichità non ci
ha trasmesso molte indicazioni sticometriche di
lirici e di drammatici: le sole finora note si rife-
riscono agli epinicii di Pindaro (circa 4000 stichi)
e alle sette tragedie di Sofocle che possediamo.
Sono senza dubbio indicazioni largamente corrotte
queste seconde, nè mi sento di far malleveria per
la prima :4) dunque siamo condannati a far ca-
stelli in aria, condizione pur troppo frequente per
gli studiosi di cose antiche.

Per quel che riguarda la lirica2) è prudenza non
prenderla a base di calcoli fantastici. Noi non sap-
piamo con sicurezza come fossero divisi i versi
di Pindaro, e se la divisione Boeckhiana ci dà una
somma di versi alquanto minore della somma di
stichi tramandataci, nulla vieta supporre che un
rimaneggiamento delle necessariamente elastiche
teorie metriche possa darci una somma eguale. Ma
nel dramma abbiamo un più solido punto di appog-
gio : abbiamo il paragone fra dramma e dramma.
Lasciando sempre prudentemente da banda le parti
meliche, chi non vede che un maggiore o minore
uso di tetrametri anapestici, trocaici e giambici
da un lato, e di trimetri giambici e peggio di di-
metri anapestici dall'altro, importa differenza di
migliaia e migliaia di lettere sullo stesso numero
di versi? I circa 1100 versi della parte dialogica
del Filottete o dell' Aiace daranno al massimo una
somma di 33,000 lettere: mentre ne daranno una
di circa 40,000 i versi xard gt£%ov dei Cavalieri
di Aristofane, che pure non arrivano a 1150. Ma io
mi avvedo che non c'è qui ragione per lasciare
da banda le parti meliche : sia pure incerta la di-

') Eustath. Prooem. Comm. Pind. 34 p. 24 sq. Schneidew. :
elal óè TTcaàveg, di&vQu/xpoi, TiQoaódia xrX. vrioq/^/xara, iyxu>-
fiict, O-qijfoi, xaì ènivixioi, xarà xrjv laroqLav toast tetqci-
xiff%ikùoi, ovg xaì èmvixovg rsrqaavkldiìws (paalv xxX. A ts-
rqaxiax'i^oi Schneidewin sottintende con ragione ori/oi,
e calcola a 3506 i versi degli Epinicii secondo Boeckh
(' fere 5500 ' secondo la distribuzione volgata). Ma cosa
possa voler dire xarà n)v iaroqiav egli non spiega, nè io
intendo. Birt (p. 165 n. 1) propone xarà rrjv gtixoustqIuv;
ma questa sembrami determinazione poco meno che inu-
tile. Io sospetto si debba correggere perà ràv ìotoquov e
rimando ad indicazioni analoghe nella sticometria delle
Omelie V e XLIII (Migne) di Gregorio Nazianzeno (v. so-
pra, p. 30 e 31). Che per un autore come Pindaro esistes-
sero già abbastanza anticamente edizioni con laroqUa mi-
tologiche e antiquarie, non si dovrebbe porre in dubbio,
neppure se nessuna notizia ne avessimo. Ma la notizia
l'abbiamo da Tzetzes ad Lycophron. 911: èv Jè rais mv-
óc'cqov iaroqiaig svqov, ori oi rov Tl^noléfiov xxl., dove il
buon Sebastiani (p. 139) giunge persino a non escludere

stribuzione dei versi melici, è chiaro che, siccome
con lo stesso criterio essi sono distribuiti nei sin-
goli drammi, noi possiamo senza pericolo adope-
rare per lo scopo nostro il numero totale de'versi
di ciascun dramma, purché costantemente ci at-
teniamo allo stesso sistema di computazione. Eb-
bene ai 1420 versi Brunckiani dell'Aiace di Sofocle
contrapponiamo i 1408 versi parimenti Brunckiani
dei Cavalieri: ci daranno i primi qualcosa meno
di 38,300 lettere, mentre ce ne daranno circa 46,000
i secondi. Ora cosa importa che i versi melici sieno
mal divisi nelle nostre edizioni? L'errore di di-
stribuzione sarà sempre proporzionale, e se con
la divisione vera i versi dell'Aiace erano, ponia-
mo, 1200, quelli dei Cavalieri dovranno essere
stati 1190. Ammessa dunque l'identità dello stico
commerciale col verso, il copista dei Cavalieri
aveva una retribuzione minore del copista del-
l'Aiace, e intanto doveva scrivere sette od otto-
mila lettere (vale a dire, più o meno, 200 stichi
normali) più del suo collega. Non diversamente
le Nubi con 1510 versi, rispetto agli Acarnesi
con 1233 versi e circa 37,500 lettere, dovrebbero
contenere 53,500 lettere, come dovrebbero conte-
nerne almeno 55,000, rispetto ai Cavalieri con 1408
versi e più di 45,000 lettere, e non molte più
di 40,000 rispetto all'Aiace di Sofocle. Invece non
sbaglierò di molto affermando che esse conten-
gono qualcosa più di 48,000 lettere ! Nè dubito che
con impazienza minore della mia si possano pre-
sentare resultati in cui la sproporzione sia anche
maggiore,3) epperò s'imponga tanto più evidente
la necessità di rinunziare alla regola generalmente
ammessa, secondo cui nella poesia il numero degli

che la citazione Tzetziana possa riferirsi a prose di Pin-
daro! Ma si veda Boeckh Explic. Pind. p. 174 (ad Olymp.
VII, 77 sqq.), e Lehrs, die Pindarscholien, p. 88 sqq. e.
specialmente p. 91. — Ammessa la nostra congettura ò
evidentemente inutile istituir calcoli sugli epinicii di Pin-
daro, ignorando noi che estensione avessero queste laroqiai
anteriori a Tzetzes.

2) Cf. Birt p. 213.

3) È bene notare che la sproporzione è determinata prin-
cipalmente dalla diversità di metri dialogici, e però di
gran lunga maggiore fra tragedie e commedie che non
fra tragedie e tragedie, o commedie e commedie. Così,
prendendo a base FAiace di Sofocle con 1420 versi e 38,254
lettere, si potrà vedere che non è molto grande la diffe-
renza tra la somma reale delle lettere delle altre tragodio
e quella che ci aspetteremmo in proporzione colla somma
dei versi e delle lettere dell' Aiace. Per esempio, il Filottete,
che con 1471 versi dovrebbe dare 39,600 lettere, ne dà
invece circa 40,500. Analogamente prendendo a base il
Eilottoto, l'Edipo a Colono (1779 versi) darebbe 48.900
 
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