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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: L' iscrizione del vaso Dressel
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0191

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- 180 -

scrisse volle distinguere con intervalli tali le varie
parti dell'epigrafe indipendenti l'ima dall'altra.

Oltre al trovarsi questa riga materialmente se-
parata dalle altre due, delle quali è anche più
breve, c'è pure un'altra più interna caratteristica
che la distingue profondamente da quelle ed è la
difficoltà di riconoscervi una frase latina. Mentre
la latinità nelle altre due apparisce a prima vista,
qui è tanto remota che se non fossero prossime
le altre due righe, certamente latine, mal si sa-
rebbe potuto pensare a pescarvi del latino. Se qua
e là par di distinguere una voce latina, il resto
scompiglia e non si sa qual costrutto cavarne. Ed
infatti è questa riga quella di cui si son date le
interpretazioni le più strane e inverisimili ed an-
che quella che ha frastornato dall'intendere il
senso e fino dal riconoscere la vera distinzione

delle parole nella prima riga, di cui a gran torto
fu creduta la continuazione.

Osservando la posizione di questa riga in rap-
porto colle altre due, là dove in principio e in fine
s'incontrano, si desume che prima fu segnata la
riga Jovis ecc., poi questa sul terzo recipiente, e
per ultimo fu aggiunta la riga Dvenos ecc. la quale
essendo latina fu scritta sopra la riga latina, non
sopra questa che rimane quindi isolata.

L'isolamento eli questa riga e la sua non lati-
nità saranno anche confermati e posti fuori di
dubbio dalla interpretazione delle altre due che ci
offrono frasi latine complete e perfettamente in-
telligibili.

La lezione è la seguente:

JoveiscÉdeivosqoimedmUcitneUedendocosmisvircosied

Dvenosmedfecedenmanomeinomdienoinemedmalostatod

astednoisiopetoitesiaipa(k)arilois.

In parecchie lettere l'autore commise errori che
corresse ; tali correzioni furono già notate dal Dres-
sel, nè qui stimo utile tornarvi sopra. In qualche
luogo la mano di chi scriveva ha deviato trac-
ciando qualche segno che non ci doveva essere.
Tale è, p. es., un tratto che riunisce le due ul-
time lettere della parola Dvenos nella seconda riga.
Tale è pure un quarto segno obliquo che si vede
aggiunto alla estremità inferiore del secondo e in
feced (2a riga). Non altrimenti spiegherei i segni
che veggonsi alle due estremità della lettera i nella
parola die della medesima riga. Non credo possa
quella leggersi z, come parve al Dressel e ad altri
con lui, ') molto meno v, come ha pensato il Bréal
e con lui il Pauli; non c'è in quel che si vede
neppur la più lontana apparenza di tal lettera,
come giustamente ha già notato il Jordan.

Certissima è la lezione malostatod in fine della
stessa riga. Bréal per primo, seguito poi dal Pauli,
vide doversi leggere malo dove senza alcun fon-

l) È facile intendere che un gruppo dz è impossibile
supporlo in latino e all'epoca di questa epigrafe. Veggansi
su di ciò le giuste osservazioni di D'Ovidio in Rivista di
filologia class. X, p. 124 sg. Oltre a quanto c'è da dire
dal lato linguistico, certe minutezze grafiche sono incre-
dibili quando ancora si scriveva mitat e virco. Nè più am-
missibile è la ipotesi di Jordan che l'autore dell' epigrafe
scrivesse dapprima dienoine e poi correggesse zenoine ag-

damento era stato letto mci{n)o. Il disegno rap-
presenta assai esattamente quel che si vede nel-
l'originale, salvo questo che nell'originale si scorge
il tratto superiore esser più debole degli altri due.
Qual'è, il segno nel suo assieme si accosta ad un a
più che a qualunque altra lettera, e fin qui ha
ragione il Jordan leggendo memo,2) eh' ei cor-
regge con Buecheler in memo, supponendo un er-
rore lasciato tal quale. La verità è però che l'er-
rore fu commesso, ma fu anche corretto e già ciò
aveva notato anche il Dressel (pag. 163), nè di un
n si vede il menomo vestigio nella correzione, ma
sì bene chiaro ed intiero si scorge un /. Fu scritto
dapprima /J poscia l'errore fu corretto cercando
di cancellare il tratto superiore ed aggiungendo
il terzo tratto più corto, talché oggi neh' originale,
benché si scorga tuttavia il tratto superiore, ciò
che più dapprima si scorge ed è più in evidenza
è il segno j/ il quale non può essere che un /,
come del resto anche il senso richiede. Più sotto

giungendo un z e lasciando il d non cancellato. Certa-
mente egli avrebbe cancellato il d e sostituito z come fece
nella prima riga ove cancellò l'erroneo e e vi sostituì a.
Del resto, anche se per die non è cosa da ammettersi per
quell'epoca così facilmente come alcuni han fatto. Il con-
fronto coli'osco zicolo non prova nulla.

2) Observationcs romanaa subsicivae. Konigsb. (Ind. lect.)
1883, pag. 8.
 
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