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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: Varietà epigrafiche: [Keos, Amorgos, iscrizioni di Vasi]
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0234

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- 222 -

un leggerissimo apico in cima che panni difetto della pie-
tra. Poi tracce di due lettere quali le ho disegnate : non
credo che nella lacuna intermedia ci fosse alcun' altra let-
tera. La lettera seguente pare certamente «; fra questa
e il segno che precede non manca nulla. La soverchia
distanza che appare fra questi due segni come la troppa
vicinanza dell' a al seguente v (certo) dipende dal non
aver io tenuto la giusta proporzione quando copiai questo
assieme di lettere. Segue una lettera tronca che dovet-
t'essere un a e il tutto insomma parmi debba leggersi
uvalota. Il fxsfittóra del K. è del tutto impossibile. La
quartultima lettera può essere o oppure 90 ma la lettera è
logora e segno verticale non si distingue ora più. Dopo
l'ultima lettera « la pietra presenta alcune leggere tracce
che neppur sotto la lente acquistan forma di lettere; solo
dopo uno spazio di circa una lettera dall' « par di racco-
gliere una traccia di a, ma talmente evanida che non ho
osato rappresentarla nel disegno.

Lin. 4\ Certamente v{a)r. Prima del v una traccia
molto breve che non so di che lettera sia. Dopo del r una
traccia forse di I.

Come si vede, nella prima riga il supplemento
di K. ò^QiiiondTQrjg è perfettamente confermato.
Certissimo xQvGaiyidsog. L'E è chiarissimo, ma qui
non può stare in alcuna maniera ed è facile ri-
conoscervi come ha fatto K. un'aggiunta erronea
dell'artefice. Ma non ò poi facile spiegare que-
st'aggiunta di un E tanto fuori di luogo. Meno
strano sarebbe che quel segno E tenga erronea-
mente il posto di un digamma, 0 meglio di un'aspi-
razione B, come se ne trovano a volte dietro il A,
il M, il E ecc. Simili osservazioni sul valore del
segno E dovremo fare più sotto per una epigrafe
di Amorgos. Nella seconda linea però 2£<pviog AXxi-
òà[iaq si legge anche nel calco in modo così per-
fettamente chiaro che non s'intende come il Ross
potesse scorgervi quei segni strani che si veggono
nel suo disegno e che hanno suggerito al K. la
lezione erronea SraXwg 'Avriód/xag. Probabilmente
ciò deriva dal non avere il Ross ripulito il marmo
prima di copiarlo. Infatti mi scrive l'Halbherr di
avere eseguito il suo disegno dopo avere diligente-

mente ripulita la superficie del marmo che era tinta
con denso strato di calce e colore.

Le lettere AKI sono curiosamente addossatele
une alle altre, ma sono del tutto indubitate. Un
fatto analogo ma non identico vedesi in princi-
pio della 3a linea. Dopo il residuo di una lettera
che non mi pare possa essere stato altro che un P"
vedesi un segno complesso che si leggerebbe IA
0 Kl se questo permettessero le lettere che seguono,
le quali invece spingono a riconoscere le due let-
tere KA, non però addossate l'ima all'altra, ma
combinate in un nesso vero e proprio Kl. Forse
l'artefice ha voluto così rimediare ad una omis-
sione. Comunque sia, il passato xaxi'^s è appunto
quanto qui richiede il senso e il dialetto dell'epi-
grafe. È perfettamente al suo posto qui il noto joni-
smo xarrfès per xa&rjì-s ed è pur noto per l'esempio
Eschileo l'uso di xa&rjxu nel senso di scender nella
pugna; il qual senso molto bene si adatta qui ove
nelle lettere in parte frammentose che seguono non
si può a meno di riconoscere r) IloX{idq). Il senso
poi ed il metro ed anche le notizie dell'Halbherr ci
dicono che la riga non si chiudeva come parve al K.
con (pvla, ma era ben reale quel S che parve vedere
all'Halbherr a una lettera di distanza dall'a, poiché
qui dopo dvdXmra, che è certissimo, <pvXd[a]a[Ei
si adatta mirabilmente pel metro 0 pel senso.

Dalla quarta riga ci sarebbe poco da ricavare se
non fosse quel neutro dvdXwra che ci aiuta a rico-
noscere nel segno che precede NA un residuo di K
ed a supplire xé]{x)va. La sillaba breve che segue,
T(l), non pare possa appartenere ad altro che al
verbo %i<ù e suggerisce l'idea finale del verso che
pare dovesse essere presso a poco risi S'avrà te
xal ncttsQag o altro di simile. Così, facendo ogni ri-
serva per quest'ultima parte che può supplirsi in
varie maniere, la lezione e restituzione dell'epi-
grafe quale risulta dai calchi e dal disegno del
D.r Halbherr viene ora ad essere la seguente:

Elxóv 'A3-rj]a£rjg XQVdaiyióog è/?0(/*[o7r](ar)[(?](jj')[s
dvS-sTo rrjv %qv\(Srjv 2i<pvìog AXxiàd/iag,

fji yà]((>) xan]f rj JIoX{idg) àvdXwxa (pvXd[a]{a)[si
dffxoov xs](x)va t{£)[ei d'avrà te xal naxsqag?

Quell'alfabeto che il K. ha riferito nella sua
tavola come di Keos fondandosi su questa epi-
grafe, dovrà ora riferirsi a Siphnos aggiungen-
dovi i segni del n e del J. Si dovrà pur notare

che qui O vale 0 ed « mentre in un'altra iscri-
zione di Siphnos (certamente però più antica di
questa) abbiamo O = w, Q — 0, ved. Studien ecc.
p. 67.
 
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