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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: Monumenti etruschi iconici d'uso cinerario: illustrati per servire a una storia del ritratto in Etruria
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0313

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intende di riprodurre i tratti individuali del de-
funto cui l'anfora dovette servire di cinerario. Il
naso leggiermente aquilino, aguzzo ed obliquo., è
specialmente caratteristico. Gli occhi son rilevati
mediante due cerchietti uniformi i quali rappre-
sentano il contorno delle palpebre; dentro quei
cerchietti è espresso in rilievo il bulbo dell'occhio.
La bocca essendo consunta, è incerto se sia rap-
presentata dalle labbra ristrette ad imbuto, o dalla
lingua sporgente (?) ; la barba infine limita il volto,
resa decorativamente con due filetti rilevati, i quali
servono a contornarla, e con un altro filetto in-
terno ondulato esprimente l'ondulazione del pelo.
La barba sarebbe tagliata come nella maschera A
(tav. X, n. 1) e nella testa dell'ossuario m (tav. XI,
n. 3). Che il volto umano espresso su quest'anfora
bifronte non sia ottenuto direttamente con lo stecco,
bensì con una matrice (typum),l) si arguisce dalla
peculiar fattura delle parti rilevate, e dalla conser-

') Notiamo di passaggio che la tradizione artistica re-
lativa all'invenzione del ritratto in Grecia mette capo a
un flgulo (Butades), il quale avrebbe eseguito il primo ri-
tratto appunto mediante una matrice {typum) cfr. Plinio,
N. H. XXXV, 12 (43), 151. Per l'interpretazione del luogo
pliniano ved. Blùmner, Technologie u. Terminologie ecc. I,
p. 129, quantunque non mi sembri troppo ben inteso nem-
meno da lui, specialmente pel senso dato ad ectypa e
prostypa, ch'io interpreto con rilievi a notte e ri-
lievi a giorno. Le ragioni della mia interpretazione le
darò estesamente in altra occasione.

-) Così anche l'obliquità del naso si trova invertita nelle
due faccio, ma eguale da una parte come dall'altra.

3) Schliemann, Bios, p. 383 sgg. p. 641 sgg.; cfr. altresì
Dumont, Les Céramiques de la Gh'èce propre, p. 11.

4) Berendt, Die PomereUischen Gesichtsurnen (pubbl.
della Kónigl. physikalisch-okonomische Gesellschaft zu
Kónigsberg a. 1872); cfr. specialmente Undset nel suo
libro eccellente Das erste Auftreten des Eisens in Nord-
Europa, Hamburg 1882, p. 123 sgg., dove questi vasi ven-
gono minutamente descritti e considerati nella loro vera
luce con stretto rigore scientifico.

5) Cito fra tutti un'urna di Starzin riprodotta nell'opera
di Berendt, taf. I, n. 29 (cfr. Mannhardt, Zeitschr. fiir
Ethnol. 1870, III, p. 35) dove gli occhi, il naso e la bocca
con lingua sporgente son resi quasi perfettamente come
in quest'anfora di Chiusi.

•) L'innata inclinazione a dar vita a ciò che è inani-
mato avrebbe condotto naturalmente vari popoli a dare
ai vasi l'aspetto umano. Noi ci riportiamo alle osserva-
zioni dell'Undset, o. c. p. 131 sg., le quali crediamo giu-
stissime. Per giunta l'espressione della vita in un og-
getto inanimato poteva benissimo compendiarsi nella
rappresentazione della faccia umana, e più specialmente in
quella dell'occhio che è per eccellenza il simbolo della vita.
La rappresentazione della faccia umana e degli occhi in
un oggetto d'uso funebre suggeriva anche naturalmente
l'idea profilattica. Probabilmente gli occhi d'avorio e

vata identità delle distanze interne degli occhi, del
naso,2) della bocca e della barba. Secondo ogni
probabilità, la descritta anfora ebbe un coperchio
emisferico o conico, forse simile a quello imposto
sui vasi antropoidi d'Ilio,3) oppure simile a quello
delle urne a faccia umana di Pomerellia; *) i quali
vasi, sieno quelli d'Ilio o quelli di Pomerellia, ben-
ché possano presentare delle analogie esterne col
nostro,5) noi non ammettiamo che abbiano con
FEtruria un qualche rapporto d'origine.6) Ma co-
munque fosse fatto, per certo un coperchio non
poteva mancare ; e, col suo coperchio, l'anfora
meglio veniva a corrispondere ad un cinerario
su cui fosse applicata la maschera del defunto nel
sistema suesposto. La maschera barbata espressa
sul collo di quest' anfora cineraria darebbe a vedere
eh' essa appartenne ad un uomo di età matura, ed
il coperchio probabilmente pileato poteva forse me-
glio individualizzare quell'uomo come libero.7)

d'osso che si trovano così nelle tombe a ziro {Bull.
Ist. 1883, p. 196) come nelle più antiche tombe a camera
degli Etruschi (cfr. Ann. Ist. 1878, p. 299, tav. d'agg. B,
n. 11, 12) tengono allo stesso concetto profilattico della
faccia umana rappresentata sul manico di alcuni coper-
chi d'ossuario scoperti a Corneto ed in Este (v. Ghirar-
dini, La Necropoli antichissima di Corneto, Nuova Memo-
ria, p. 48, Not. degli Scavi 1882, p. 177). A riprova di ciò
citiamo le comuni oinochoe di bucchero (boccali più o meno
arcaici con e senza rilievi), il cui beccuccio, fatto a naso,
è fiancheggiato da due occhi umani profilattici (cfr. p. es.
Micali, M. I. XXX, 2, XXXI, 5). - Quanto ai vasi antro-
poidi, o antropomorfi di Ilio, noi siamo fermamente con-
vinti che tengano luogo di altrettante immagini del culto,
e sieno rappresentativi delle medesime divinità raffi-
gurate negli idoli schematici di terracotta, osso, mar-
mo ecc. editi da Schliemann o. c. p. 373 sgg. I vasi d'Ilio
ben possono quindi paragonarsi con quelli all'effigie di
Hator e di Bes propri dell'Egitto (Rosellini, Mon. del-
l'Egitto e della Nubia, II, tav. LUI, n. 9, LIV, n. 96,125 (?))
e di Cipro (v. Zeitschr. fiir Ethnol. Ili, 1871, p. 15 e Berendt
o. c. taf. V, n. 33); non che con quelli anche a figura di
divinità propri del Perù e del Chili (Berendt o. c. taf. V,
n. 37-39). Coi vasi a faccia tifonica speciali all'Egitto, a
Cipro e al Messico si possono mettere in relazione certi
vasi di Slesia (Berendt, taf. V, n. 43, 44) e di Carinzia
(due vasi a testa diabolica e mostruosa simili a quelli di
Slesia, furono da me visti nel Museo di Klagenfurt), e
tutta una serie di vasi etruschi di bucchero, di cui alcuni
esempi possono vedersi in Micali {Mon. Ined. XXIX,
n. 1 e 3, Berendt 1. c. n. 34 = Mus. Chius. tav. XLIX).
A titolo di notizia accenno qui per ultimo che alcuni
begli esemplari di vasi messicani della specie anzidetta
si conservano nel E. Museo Etnografico di Firenze; e che
nel Museo Civico di "Verona si trova un pignattino a faccia
umana del tutto simile a quelli del Reno Superiore (Mainz)
editi da Berendt o. c. taf. V, n. 41, 42.
') Cfr. Helbig, TJeber d. Pileus ecc. p. 503 sgg.

Museo italiano di antichità classica — Voi. I. Punt. III.

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