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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: Monumenti etruschi iconici d'uso cinerario: illustrati per servire a una storia del ritratto in Etruria
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0318

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- 306 -

La corrispondenza esistente fra la suppellettile
dell' ossuario h e quella dell' ossuario i, risulta facil-
mente all'occhio grazie agli oggetti che si trovano
in comune quasi identici nell'una e nell'altra tom-
ba. La ciotola di terra rossa colorata K 3, il ferma-
glio di bronzo N. 6, le due forme tipiche di fìbula,
una ad arco semplice e l'altra a navicella N. 7, 8,
ritornano eguali nelle due tombe; poi invece del-
l'olla N. 2, il kantharos con le stesse anse N. 15, in-
vece della tazza N. 5, la tazza simile N. 16; da una
parte la molla N. 10, lo spiedo o il cutter forse co-
quinaris o sacrificalis N. 11, dall'altra la paletta da
fuoco e la grattugia. L'unica differenza importante
sta in ciò, che nella tomba dell' ossuario virile si è
trovata l'arme guerresca, cioè la lancia di ferro
N. IO;1) e nella tomba dell'ossuario i, gli orec-
chini spirali e l'ago crinale, il vezzo e l'anello da
dito, propri ornamenti muliebri. È pure notevole
che allo spiedo e al coltello sacrificale (?), sia con-
trapposta la grattugia casalinga, -) e che, comin-
ciando dall' ossuario, tutti gli oggetti della tomba
muliebre sieno giustamente di proporzioni alquanto
minori degli oggetti corrispondenti trovati nella
tomba virile.

L'estrema analogia di suppellettile fra le due
tombe, le circostanze conformi di trovamento, e
lo stretto parallelismo stilistico e tecnico dei re-
lativi ossuari h, ì, danno diritto a pensare che,
come esse tombe erano vicine di luogo, fossero

altrettanto vicine di età ed affini di parentela.
Io non dubito che sieno state dedicate a piccola
distanza di tempo l'una dall'altra; e credo molto
probabile che sieno appartenute alla stessa fami-
glia, anzi a due coniugi. L'epoca a cui si devono
riportare queste due tombe, e, con esse, tutte
le altre che hanno dato nel Chiusino vasi a te-
sta umana di stile e sviluppo analogo, si può
con tutta probabilità fissare al tempo che pre-
cede immediatamente l'importazione dei vasi di-
pinti a decorazione geometrica nell'Etruria del
nord. Nelle stoviglie di queste due tombe non c'è
traccia di relazione con le cosidette stoviglie pe-
lasgiche (italo-pelasgiche e greco-pelasgiche), nè
mi consta altrimenti che sieno stati mai trovati
vasi di specie pelasgica insieme a vasi a testa
umana di stile e carattere arcaico. Per contra-
rio ho visto coi miei occhi in Chiusi presso lo sca-
vatore Foscoli alcuni kotyliskoi ed arybattoi, positi-
vamente trovati insieme a vasi a testa umana di
stile libero e quasi trascurato (gli ultimi vasi del
terzo gruppo). I vasi pelasgici importati dall'Italia
meridionale, ftalla Sicilia e dalla Grecia costitui-
scono uno dei dati cronologici più importanti per
. le tombe specialmente chiusine, imperocché essi
determinano l'influenza della corrente orientale
penetrata fino in questo remoto centro della pro-
duttività etrusca,3) Le tombe chiusine di Pania
e di Poggio alla Sala appartengono precisamente

4) In tombe chiusine del medesimo genere e all' in-
circa del medesimo tempo si sono trovate delle ascie
di bronzo ad alette (paalstab) di tipo italico primitivo
eguali a quelle della tomba tarquiniese Mon. Ist. XI,
tav. LIX, n. 19, 25 (v. Not. degli Scavi 1881, p. 20); più
frequenti però sono le ascie o scuri manicate di bronzo
e ferro sul tipo di quelle rinvenute accoppiate nella
tomba di Pania {Mon. Ist. X, tav. XXXVIIIIa n. 5,
Ann. 1877, p, 405). Una di tali scuri, la più nobile e la
più bella fra quante sieno state trovate fin qui nel Chiu-
sino, è quella del Museo di Firenze col tagliente di bronzo
e col manico di ferro rivestito d'osso e intarsiato d'am-
bra, la quale si trovò accoppiata con un'altra di ferro
in una tomba a ziro di Chiusi sulla via Cassia (v. Bull.
Ist. 1875, p. 219; 1876, p. 153 e Conestabile, Sopra due
dischi ecc. p- 86). La scure del Museo di Firenze sarà da
noi pubblicata fra non molto insieme con gli oggetti che
l'accompagnavano (v. più innanzi p. 307 nota 5). Intanto
però vogliamo osservare che se essa nel sec. V era usata
dai sacerdoti etruschi nei sacrifizi, nel VI era ancora
un'arme di guerra. Ciò dico riferendomi da un lato al-
l' aes grave della serie attribuita a Chiusi (Marchi e Tes-
sieri CI. III. tav. II; Deecke presso Mùller, Die Etr. I,
p. 400); dall'altro lato alla famosa stele di Fiesole (Mi-

cali Storia LI, 1 ecc.), dove è strano che nessuno abbia
saputo finora riconoscere la vera natura dell'oggetto te-
nuto nella mano sinistra del guerriero in essa effigiato
(Larthi Aninies' (sic), e non Lartìii Anises' secondo la le-
zione volgata di Fabretti n. 104). Queir oggetto è sempli-
cemente una scure, non un fiore con sovrapposto uc-
cello (!?), una scure del tutto simile e corrispondente a
quella dei guerrieri pileati della situla di Bologna (Zan-
noni, Scavi della Certosa, tav. XXXV, 7) e di altri guer-
rieri in monumenti di quella specie, detti umbri, euganei
o celtici. Ultimamente il Bertrand (Revue Archéol. 1884,
tav. Ili, p. 106 sgg.) volle riconoscere in quell'arme la
cateia campana di origine teutonica, illustrandone l'uso
da una placca di cinturone trovata nella Carniola (sec. IV
o III a. C). Il guerriero rappresentato su questa placca
è ornato di lancia e di scure appunto come il guerriero
di Fiesole Larthi Aninies'. La stele di Fiesole mette dun-
que indiscutibilmente quell'arme in mano di un guerriero
etrusco, e ne riporta l'uso al sec. VI a. C.

2) In altre tombe di questa specie si trovarono gii
alari da fuoco (Bull. Ist. 1882, p. 231); in altre dei bra-
cieri simili a quello edito da Micali, Mon. Ined. Vili, 1,
ma di tipo anche più arcaico.

s) Ved. più oltre p. 324.
 
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