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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Poggi, Vittorio: Iscrizioni etrusca su di un vaso fittile a forma di uccello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0380

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- 368 -

Mi sono intrattenuto sulla dottrina che consi-
dera il mi etrusco come pronome dimostrativo più
a lungo, forse, di quanto non comporti l'economia
di questo scritto, indottovi dalla considerazione
che la medesima è oggidì più in voga delle altre
due. Molte e molto autorevoli, invero, sono le
adesioni che essa riscuote nel mondo scientifico: ')
ma il valore di una dottrina non si misura altri-
menti dal numero dei suffragi, e nè tampoco dal.,
nome dei suoi fautori, bensì dalla bontà intrin-
seca delle ragioni che si adducono a suo sostegno.
Il mio apprezzamento in merito alla dottrina di
cui si tratta trovandosi in dissonanza con quello
di eruditi illustri, la cui opinione a buon dritto
fa testo nella soggetta materia, ho dovuto neces-
sariamente accennare almeno in parte ai motivi
che aveano determinato il mio diverso modo di
vedere.

Osserverò infine, e ciò sia detto incidentalmente,
che non sembra giustificato il bisogno di ricorrere
al mi per trovare un equivalente etrusco del pro-
nome dimostrativo hic, haec, hoc, visto che i soli
glossarii del Deecke e del Pauli ne esibiscono una
serie tale da poter far fronte ad ogni eventualità.
Stando, infatti, ai risultati proferti dai citati au-
tori, le voci an, anc, an en, alti, ati, ca, cav,
cehen, cen, cn, cel#i, cl#i, cesu, eca, ecl-tf-i,
ecn, e#, ein, hece, ta, tu, sarebbero, oltre al
controverso mi, altrettante espressioni etrusche
del latino pronome hic, haec, hoc. -) Di fronte a tali
risultati, sarà piuttosto il caso di ripetere col ve-

!) Ho più sopra nominato il Deecke e Sophus Bugge
fra coloro che accettano oggi il mi come pronome dimo-
strativo. Aggiungerò qui che il primo accetta bensì il mi
colla mano destra, salvo a raffazzonarlo alquanto colla
sinistra, tramutandolo, cioè, nella presunta forma pleniore
min; mentre il secondo crede averne trovato il locativo
nel mi& desunto dall'incertissima Gam., App. 804, cui il
Pauli integra a sua volta col non meno incerto mi&u della
F. 2297 (Etr. Forsch. u. Stud. UE, p. 67.

Che cosa non potrà egli trovarsi, con un po' di buona
volontà, mettendo a contribuzione i dubbii elementi di la-
ceri avanzi epigrafici come nei casi citati ? Molte sono le
combinazioni a cui può prestarsi una serie di lettere senza
capo nè coda e sopratutto priva d'ogni interpunzione.
Quali diverse forme non si potranno ricavare,, adoprando
a modo le forbici, da una simile stoffa?

In Italia però questa teoria non ha finora attecchito:
e mentre il Gamurrini rimane fedele al sum col Fabretti
e altri, E. Lattes (op. cit. p. 14, nota 12) dichiara di non
essersi peranche potuto persuadere delle ragioni che si
adducono a sostegno della nuova dottrina.

2) Sophus Bugge trova questo stesso pronome anche
nel monosillabo in, e perciò propone l'interpretazione

nerando Fabretti : " quanta ricchezza nell'etrusco
linguaggio ! „

La 3a interpretazione, quella, cioè, che rende
il mi per ego, o me (non restrittivamente a que-
st'ultimo significato, come voleva il Corssen), ha
un fondamento etimologico in quanto il pronome
di persona prima, così al caso retto come all'ac-
cusativo, si esprime tuttora colla voce mi nei dia-
letti dell'Italia superiore. Non mi nascondo che
siffatta interpretazione conta al giorno d'oggi po-
chi fautori ;8) eppure essa non è, per avventura,
inferiore alla la sotto il rispetto ermeneutico, men-
tre ha certo sulla 2a più particolarmente il van-
taggio di convenire ugualmente al nominativo come
al genitivo.

All'obbiezione che traducendo p. es. mi lar^ia
per " io (sono) Larthia „ si fa parlare non già il
vaso così inscritto, come tale, bensì una propria
e vera persona, cosa che a taluno parve contra-
stare al senso comune, si può contrapporre il fatto
forse ad altri sfuggito che l'antichissima epigrafia
latina offre parecchi riscontri indubbii di simili for-
inole. Non pure, infatti, ricorre non insolito il caso
di iscrizioni arcaiche in cui il titolare dell'iscri-
zione, sia egli il fabbricante, il possessore o il de-
dicante dell'oggetto inscritto, parla in persona
prima, *) ma non mancano esempi di formole per-
fettamente analoghe a quelle di cui è questione.
Mi limito qui a ricordare l'iscrizione: ECO • C •
ANTONIOS = Ego Caius Antonius, condotta a
stecco su tubo fittile della necropoli esquilina :6)

della leggenda n. 49 dei miei Appunti di epigr. etr.:
larikia: tesin, in Laricia posuit hoc; facendo, cioè, tes
(per &es) — " posuit, „ e in = " hoc. „ Il tesin di que-
sta iscrizione, non sarebbe, a suo giudizio, sostanzialmente
diverso dal tisein dell'iscrizione n. 47 della stessa mia
silloge. Da lettera privata.

3) Un solo ne conosco in Italia ed è il prelodato pro-
fessor Lattes, il quale si attiene però parzialmente alla
formula del Corssen mi = me, sottinteso " dedit, donavit,
dedicavit, posuit „ (op. cit. ib.).

*) ANTIOCVS FI(n)XI TE, su piramidetta fittile Vel-
leiate (Garr. Syll. 491).

RETVS • GABINIO ■ C • S • CALEBVS • FEC(i)l TE •
Vaso Caleno trovato a Tarquinia (Ibid. 501).

Un bell'esempio di dedicazione in persona prima viene
esibito dalla lamina di bronzo Prenestina testé edita ed
illustrata da Roberto Mowat in una dotta memoria da lui
letta all'Accademia francese: ORCEVIA • NVMERI...||
NATIONV • CRATIA ||FORTVNA • DIOVO • FlkEIAfl
PRIMO • 3ENIA || DONOM • DEDI (Comptes rend. de
l'Acad. des inscriptions et belles-lettres. Janvier 1885).

8) E. Dressel, La supell. della necrop. esquii, negli An-
nali dell'Inst. di corr. ardi. 1880, p. 301.
 
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