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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Poggi, Vittorio: Iscrizioni etrusca su di un vaso fittile a forma di uccello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0382

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- 370 -

guerriero astato? Qui non si vede proprio come
c' entri l'oenochoe col miele, " mei {et) oenochoen. „ /
Il mulenike non può altrimenti comprendersi
che come elemento di una formola di dedicazione
della stela o cippo, vuoi per parte del guerriero
ivi effigiato, se il monumento è votivo, vuoi per
parte di chi ha eretto il cippo alla memoria o ai
Mani dello stesso personaggio, se il monumento
è sepolcrale.

Avuto riguardo all'ovvio scambio della vocale u
col digamma nell'ortografia etrusca, parmi po-
tersi plausibilmente arguire in ordine alle sud-
dette voci che le medesime siano costituite da
due distinti elementi ; uno dei quali comune a tutte,
sempre identico, ed è il " mulu, „ che trovasi
talvolta anche da solo, *) l'altro avventizio e va-
riabile sotto le diverse forme enike, eneke,
evneke, unuke, uneke, annice, di cui alcune
sembrano essere semplici varietà ortografiche.

Ma quale sarà il significato più probabile di
mulu? Il Pauli procedendo col suo metodo, delle
combinazioni logiche, ossia della convenienza er-
meneutica, lo ritiene per un sostantivo col signifi-
cato di clonum, d'onde il verbo mulune = do-
navit. L'u finale sarebbe desinenza del caso loca-
tivo, e la voce equivarrebbe al lat. clono, 8 in dono „
(zum Geschenk).

Accettando nella sua parte sostanziale questa
spiegazione che mi sembra plausibile, e tenendo
conto della scindibilità.in due membri da me pro-
posta delle voci mulveneke, mulvunuke, mul-
vannice ecc., il mulu entrerebbe in queste voci
come appunto il sostantivo clonum nelle locuzioni.
clono cleclit, clono clonavit, dedicava ecc. ; con che
si otterrebbe una spiegazione anche più razio-

4) Oltre ai parecchi da me citati, si potrebbero all'uopo
spigolare altri esempi della stessa voce, o sola o accop-
piata ad altri elementi, o con qualche varietà ortografica
o grammaticale, nell'Orvietana F. 2033 bis f, nel mulml
del cippo perugino (F. 1914, A, lin. 7), ecc., e sopratutto
nel mulveni e nel mulsle del piombo di Magliano, di
cui dirò più avanti. Il Bugge la ritrova in namultl
della perugina F. 1630, cui egli completa e divide in
ma(c)-multi, " dono sacro sepolcrale: „ senonchè la
natura del monumento, che è un coperchio di ossuario,
parmi ostare a tale ingegnosa interpretazione.

5) Etr. Stud. p. 63, 125,127. Etr. Forsch. u. Stud. p. 155.

3) Non ho presente la memoria del Bugge, epp'erò mi
valgo della recensione che del passo relativo ne ha dato
il Lattes nei suoi lodati Appunti etruscotogici, p. 19.

4) In una mia monografia pubblicata parecchi anni ad-
dietro (Di un bronzo piacentino con leggende etrusche, Mo-
dena 1878) e alla quale non riconosco altro merito che

naie di quella esposta dal Pauli, il quale traduce
mulvannice semplicemente ora per cleclit, ora
per sacravit. -)

Non entrerò nella questione etimologica, riman-
dando il lettore alle dotte indagini del Bugge che
se n'è occupato, di proposito. Questi ravvisa in
mulu il sostantivo che sta a base della forma
verbale mule# (F. 2059) 8 donò. „ A sua volta
mule# sta per *mune#, di cui egli trova la
forma abbreviata in mund (F. 2335); e per la
stessa ragione il locativo mulu starà per *munu,
la cui affinità col lat. munus non ha bisogno di
essere dimostrata.3) Chi non fosse abbastanza
persuaso di questa parentela fra l'etr. mulu e il
lat. munus pensi che l'etimologia ha verso le pa-
role il rispetto, appunto, che la genealogia ha verso
le persone. Presentate la vostra fede di nascita
ad un genealogista, ed egli non si troverà imba-
razzato a dimostrare, per mezzo di un elaborato
stemma, come in voi

" scenda per lungo
" di magnanimi lombi ordine il sangue „

di un illustre capo stipite, contemporaneo, se così
vi piace, di Carlomagno. Similmente l'etimologo
è portato per l'indole peculiare dei suoi studi, a
intravedere delle analogie e delle affinità nelle cose
più disparate, e ad arguire relazioni dove non
sussistono, dando corpo a lievi indizi e a par-
venze spesso fallaci. La materia su cui si trava-
glia è per sè stessa assai duttile ed arrendevole,
e il metodo di cui si serve è suscettivo di una
grande elasticità di applicazione, tanto che con
opportuno maneggio si riesce con esso non di rado
a provare anche ciò che non è.4) Non intendo

quello di aver dato materia e occasione a due pregevoli libri
del Deecke {Das Templum von Piacenza, Stuttgart, 1880. —
Nachtrag zum Templum von Piacenza, Stuttgart, 1882), ho
riferito parecchi esempi di voci etrusche, le quali senza
alcun plausibile risultato vennero assoggettate ad un si-
stema di tortura che ha molta affinità col famoso letto
di Procuste, allo scopo di ricavare da esse gli indizi di
una connessione genealogica con qualche noto stipite
ariano o semitico.

Siffatti esempi, che potrei all'uopo moltiplicare, sono
tali da porgere ad altri argomento per dubitare della van-
tata bontà del nuovo indirizzo dato agli studi etruscolo-
gici. Dovremo noi conchiudere che il sistema etimologico
come è oggi impiegato, è, in sostanza, il secentismo ap-
plicato non più alle parole, ma alle sillabe? Se non qua-
dra una radice, soggiunge in proposito un arguto ed eru-
dito scrittore, se ne accostano altre, e qualcuna addentella
e vi si afta. La qual sentenza è certo esorbitante, e non
 
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