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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Pigorini, Luigi: La terramara Castellazzo di Fontanellato nella provincia di Parma
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0077

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LA TERRAMARA CASTELLAZZO DI FONTANELLATO

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stazione di Fontanellato è postromana e si riferisce
ad una tribù barbarica ('), ciò che forse avvalora la
tradizione da qualcuno raccolta (2) che l'origine di quel
borgo si debba ripetjre dai Longobardi. Trovandosi
al Castellazzo ed in copia notevole prodotti industriali
identici a quelli della prossima stazione di Fontanel-
lato, panni evidente che appartengano alla medesima
età e svelino abitanti della stessa ^chiatta.

Come ognun vede dal periodo romano fino al
medio evo il Castellazzo fu successivamente sede di
popolazioni diverse, ma i coloni romani non furono i
primi a stabilirvisi. Qualunque possa essere stata la
ragione che ivi attrasse l'uomo dai tempi i più remoti,
certo si è che in quel luogo si arrestarono anche talune
delle famiglie passate sulla destra del Po dalle con-
trade venete nell'età che diciamo del bronzo, e alle
quali si deve la formazione delle terremare (3).

Allorché intrapresi gli scavi, la presenza al Castel-
lazzo di quella gente dell'età del bronzo era già dimo-
strata dalle osservazioni di molt'anni addietro del
prof. Strobel e mie. Kestava però ancora da provare
che quanto rimane della loro stazione presentasse i
particolari caratteri pei quali si dovesse chiamare una
terramara nello stretto significato della parola. « Il
« nome di terremare, disse già il Chierici (4), che
« per le somiglianze de'primi indizi fu (nell'Emilia)
« esteso a terreni di tutte e tre le età preromane, si
« restringe alla media (quella del bronzo) dopo che
« in questa parte si discoprirono tali caratteri, da indi-
li care una gente da ogni altra distinta per l'uniforme
» e speciale sua civiltà, e particolarmente per le costru-
ii zioni delle palafitte, che, dentro a bacini rinchiusi
« da arginature, ne costituiscono le abitazioni sociali.
« È necessario che monumenti così definiti e tanto sin-
« golari abbiano un proprio nome, e nessuno ad essi
« conviene più di quello col quale ne fu inaugurato
« lo studio e divulgata l'importanza ».

I lavori eseguiti al Castellazzo per iscoprire le
particolarità cui accennano le parole del Chierici dura-

(') Bull, di paletti., IX, pag. 8 o seg. — Trans, d. Acc.
dei Lincei, sor. 3a, VII, pag. 119.

(2) Sanvitale Luigi, Meni, intomo alla Rocca di Fonta-
nellato, 1857, pag. 1.

(3) L'Oberziner (op. cit. pag. 90) disse che la terramara
del Castellazzo « non va più in là dell'epoca barbarica », scam-
biandola colla nota stazione di Fontanellato.

(4) Bull, di paletn. V, pag. 187.

rono dal 22 settembre all'11 di ottobre, ma non fu
possibile di trovarle tutte, nulla ostante gli aiuti messi
a mia disposizione dalla liberalità dell'on. conte Al-
berto Sanvitale. Ho dovuto spendere parecchi giorni
prima di orizzontarmi in un terreno, nel quale per
molti secoli l'opera di una nuova gente sconvolse o
distrusse ciò che altre più antiche vi avevano lasciato :
e quando le indagini erano bene avviate, furono inter-
rotte dalle pioggie persistenti dell'autunno. Non attenda
quindi il lettore da me che la esposizione di studi
preliminari.

Innanzi ad ogni altra cosa dovrei intrattenermi
sulla forma, sullo spessore e sulla composizione che
la terramara ebbe in origine, ma rnon è possibile di
farlo convenientemente in causa delle attuali sue con-
dizioni. Quanto alla forma però dobbiamo ritenere che
fosse quella di monticello, e perchè tale è il tipo delle
mariere intatte, e perchè in un punto ritiene ancora
il nome di monte. Anzi da oltre a vent'anni raccolsi
dai più vecchi del luogo e riferii (5), che il monti-
cello, a memoria loro, si elevava per circa 7 metri.

Lo stato nel quale trovai quel terreno artificiale
nei vari tratti esplorati nell'interno, non mi permette
nemmeno di porgere completo notizie sulla primitiva
sua composizione. Nello scavo, per esempio, indicato
nella Planimetria col num. 30, il rimescolamento
fu tale che per tutta la profondità, associati a cocci
dell'età del bronzo, rinvenni frammenti di terrecotte
romane, non che di vasi barbarici di pietra oliare, e
a m. 1,50 dalla superficie scoprii persino un ferro
da cavallo. Anche negli scavi num. 20 e num. 23
apparvero gli stessi materiali misti, e soltanto alla
profondità di circa un metro si notarono gl'indizi di
terramara, consistenti, oltre che nella natura del ter-
reno, in cocci dell'età del bronzo e in una tal quale
abbondanza di ossa di animali per solito rotte.

Dalle osservazioni fatte ho potuto assicurarmi che
di terramara intatta se ne ha ora soltanto in pochi
punti, e generalmente in non grande quantità. Ove
ne trovai di più fu nell'ultimo luogo esaminato ad ovest,
sul margine della Fossaccia {Planimetria, num. 36),
essendone ivi rimasto uno strato dello spessore di circa
un metro. A giudicare dalla composizione dello strato
stesso, posso con certezza affermare, che i materiali

(5) Gazzetta di Parma, 1865, n. 92.
 
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