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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Caetani-Lovatelli, Ersilia: Di una mano votiva in bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0101

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171

DI UNA MANO VOTIVA IN BRONZO

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dal linguaggio allegorico dell'Oriente. Del resto è ormai
notissimo, che la rappresentanza del simbolo della
mano risale a una grande antichità. Trovasi spesso
cotesto simbolo unito agli attributi del culto orien-
tale di Astarte, la cui diffusione dall'Oriente in Occi-
dente, così facile a seguire, appieno appalesa il graduale
progresso di una vetustissima civiltà. Onde è che a
noi accade sovente incontrarlo su di alcune stele vo-
tive di Cartagine ('), in cima alle quali la immagine
della mano aperta simboleggia la preghiera ; e in Sar-
degna parimente in sulle statuette votive di Teti ; e nel
Caucaso e in parecchi altri luoghi, o a guisa di amuleto
o come oggetto di ornamento (2). E se si ammette che
l'uso della mano qual segno di benedizione e quale
rimedio contro de' mali possa essere venuto ai greci
dall' Oriente semitico, allora ne ridonda di leggieri
che il suo simbolismo votivo abbia la stessa patria,
e tragga la sua origine dalle idee più sopra signi-
ficate. Conviene tuttavia riflettere, che nelle svariate
forme di cui si rivestì la simbolica della mano, tanto
appresso i greci quanto appresso i romani, vi s'innesta-
rono sicuramente innovazioni e modi di adombrarla
di differenti specie. Gli ebrei durante il loro soggiorno
in Egitto, dovettero per avventura apprendere dagli
egiziani l'arte di curare e di magnetizzare, siccome
si direbbe oggidì, per via della imposizione delle mani;
e taluno si pensò perfino di poter ricavare da alquanti
passi della Bibbia, come con un tal mezzo si riuscisse
ad ottenere non che visioni ed estasi, ma anche mera-
vigliose cure (;ì). A ogni modo è certo, che allorquando
Iddio inspirava un profeta si soleva dire, forse in un
senso allusivo al predetto potere magnetico : la mano
del Signore si è posata su di lui; e questa salutare
influenza della mano ci occorre sovente e nell'Antico
e nel Nuovo Testamento. I Profeti risanavano mediante
la imposizione delle mani, come più tardi veggiam fare
a Cristo ed agli Apostoli suoi ; e perciò gli avversari
di Cristo accusandolo di aver carpito agli egiziani il

(') Perrot, Ilist. de l'Art dans PAntiquité, T. Ili, p. 52, 253.

(2) E. Chantre, Recherclies Anthropologiques dans le Cau-
case, T. II [Texte], p. 199-203. Nei bronzi sardi il simbolo della
mano è di una smisurata grandezza, con che l'artista ha voluto
probabilmente dar più valore al gesto e farne meglio risaltare il
significato. E questo simbolo, comune a tutti i popoli dell'an-
tichità, perdurò sino nei primi secoli del cristianesimo, e lo
ritroviamo anche nell'arte delle catacombe. Cf. Perrot, loc. cit.
T. IV, p. 87-88.

(3) Du Prel, Der Tempelschlaf, p. 9.

segreto delle occulte discipline che si coltivavano nei
loro templi, lo chiamavano mago e operator di pro-
digi ('); e gli uomini in così fatta guisa iniziati, sti-
mavansi poter effettuare non minora miranda (2).

Dal modo onde è figurato Wisnù con quattro
braccia e otto mani da cui escono fiamme, e da
quanto racconta Filostrato de' sapienti indiani i quali
con la imposizione delle mani facevano cose meravi-
gliose, si può secondo ogni apparenza inferire, che nel-
l'India parimente si conoscesse il magnetismo della
mano. Non so pertanto se si debba essere interamente
dell'opinione di coloro, che nel gesto della benedizione
fra i cristiani, credono di ravvisare la traccia di un
atto magnetico di una età più antica; contuttoché il
Tommasini nella sua Dissertazione sulle mani in
bronzo degli egiziani, osservi che queste presentano
sempre le dita nell'atteggiamento che le hanno i sacer-
doti nel benedire (3).

Virgilio parla della manus medica (4); e Marziale
descrive l'abilità della tractalria;, che con mano esperia
brancica e dolcemente palpeggia le membra e le ritorna
sane e gagliarde (5). Prospero Alpino poi nel suo trat-
tato sulla medicina degli egizi, parla di donne che
guarivano della dissenteria applicando le mani sul-
l'ombelico del malato. Aggiungerò da ultimo, come
in una storia rappresentata sull'involucro di una mum-
mia veggasi un uomo disteso su di un letto, allato
a cui un personaggio con maschera di cane sul viso,
guardandolo fissamente gli posa la destra sul petto e
la sinistra sul capo. Le quali cose tutte, vengono abba-
stanza a dichiarare che la trasmissione del fluido ma-
gnetico da un corpo all'altro, prodotta specialmente
dall'azione della mano, non era ignota agli antichi;
il che del rimanente ci è pure in certo modo confer-
mato dai molti talismani e amuleti tuttora rimastici,
la cui presenza si credeva custodisse chi gli portava
da ogni malìa ed incantamento. Ed anzi se dobbiamo
prestar fede a Plinio, par che vi fossero perfino uo-
mini, il cui intero corpo era, per dir così, salutare,

(') Ibid. p. 9. « Aegyptiorum ex aditis furatus est diseipli-
nas n. Arnobius, Cantra Gent. I.
(2) Origenes, Contra Celsum I.

(3j È contenuta nel Thesaurus Graecar. Antiquitatum del
Gronovio, Voi. X, Venetiis 1735.

(4) Aeri. XII, v. 402.

(5) III, 82. Forse l'arte della tractatrix avrà corrisposto
al moderno massaggio.
 
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