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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Orsi, Paolo; Cavallari, F. S.: Megara Hyblaea: storia, topografia, necropoli e anathemata
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0512

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megara hyblaea

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morta rigidità dei loro prototipi egittizzanti, derivati
dall'Eliade, non creati in Sicilia (').

Non solo nello stile ma anche nei soggetti scor-
gesi qualche analogia fra le figure dell'Acropoli 'e
talune delle terrecotte megaresi. Per quanto non siasi
ancor detta l'ultima parola su quelle statue, e quanto
meno essendo il caso di salire « a minori ad maius »,
dalle piccole terrecotte alle statue, è anzi inversamente
da queste che ci converrà intendere quelle, poiché il
piccolo modellatore di figure non creava ma copiava
e riduceva. Ammessone il carattere religioso, vi rico-
nosceremo tosto degli anathemala, sia che esprimano
la divinità, o l'umanità (sacerdotesse, offerenti) ; in al-
cune poche le caratteristiche del culto di Afrodite
sembrano sufficientemente accentuate, ed il kalathos
di altre è puro attributo divino nell'arte primitiva.
Ma certi tipi individuali di divinità non erano ancora
bene fissati, ed un medesimo simulacro poteva deno-
tare l'una o l'altra divinità, a seconda dell'iscrizione
aggiunta (2).

Comunque sia, accettata la dipendenza di una grande
serio di tipi coroplastici da tipi statuari (3), il nu-

(!) Per Megara quindi valgono solo in piccola parte le
conclusioni cui è pervenuto il Dummler per talune terrecotte
tarentine {De fi guris piasti cis quibusdam Tarenti repertis. Negli
Annali dell'Istit, 1883, p. 193), parte delle quali sarebbero
di urto encoria, parte miste fra i tipi antichi e gli importati.
In Megara le terrecotte di creazione locale sono in minoranza,
tutte le altre sono foggiate sui tipi (stampi) introdotti dal-
l'Eliade, e che erano in voga nel jVII-|V secolo. Quindi la
dorica Megara per ragioni ieratiche ed artistiche nella ceropla-
stica dipendeva direttamente, o indirettamente (per mezzo di
Siracusa?), dalla Grecia, soprattutto colla importazione delle
figurine, ed in parte anche colla facile introduzione e ripro-
duzione delle matrici.

(2) Ciò sembra anche provato dagli scavi di Delos. L'Ho-
molle, De antiquissimis Dianae simalacris deliacis, tav.I, nella
statua coll'epigrafe di Nicandra ravvisò un simulacro di Diana;
invece le analoghe statue dell'Acropoli o non sono affatto di-
vinità, o tutto al più una o l'altra eccezionalmente rappresen-
terebbe Atena. Faccio però, in accordo a molti altri, le mie
riservo, sull'interpretazione dell'Homolle, che cioè la dedica di
Nicandra ad Artemide implichi necessariamente che quello fosse
il simulacro di Artemide e non piuttosto di Nicandra stessa.
Nel modo stesso che la dedica ad Athenaia nei plinti dell'Acro-
poli non determina, se la statua fosse della dedicante o della
dea. Veggansi in proposito i casi enumerati dal Winter nello
Jalirbuch ci. deuts. arch. Instit., a. II, p. 221, ri. 16 di iscri-
zioni sacre a divinità, il cui simulacro non era certo quello
accompagnato dall'epigrafe.

(3) Prima che tale fatto fosse stato comprovato dalle sco-
perte dell'ultimo mezzo secolo, già nell'antichità esso era stato
riconosciuto da Marziale XIV, 171, e nel dominio della grande
arte in rapporto alla piccola si ripete ogni giorno ancora.

mero molto rilevante di tali repliche tanto a Megara
che altrove trova spiegazione nell'indole stessa del-
l'arte, messa in servizio del culto religioso ; indipen-
dentemente dalla facilità di procurarsi delle matrici,
il costume di rappresentare plasticamente le divinità,
ma più ancora le sacerdotesse e le offerenti è univer-
salmente diffuso nei grandi centri di vita religiosa.
Ma i tentativi di individualizzazione sono, si può dire,
eccezionali e limitati alla grande plastica; la massa
del popolo, cui facevan difetto i mezzi per procac-
ciarsi opere marmoree, si teneva paga di presentare
col modesto obolo un ricordo di poco valore, che tro-
vava già pronto nei negozii dei coroplasti, annessi ai
templi, e che era modellato conforme le idee ieratiche
del tempo.

In contrapposizione ai gruppi di terrecotte espri-
menti tipi identici od analoghi, sono in gfande mino-
ranza i pezzi isolati la cui interpretazione offre mag-
giori difficoltà, anche per difetto di paragoni con opere
note della grande plastica.

Tipi muliebri. A) N. 1-13 (tav. VII, 12, 9 ; Vili, 1 ;
IX, 1). —I più arcaici e semplici a forma di góaror,
rigidamente stanti, colla sola testa elaborata e stiliz-
zata, mentre tutto il resto è solamente abbozzato, sono
in grande maggioranza; il volto è trattato conforme
le norme dell'arte arcaica, la chioma incornicia con
pieghe ondulate la fronte e scende con tre treccie
per parte sul petto ; un breve kalathos copre la testa.
Il vestito consta di un diploidion cortissimo, di sotto
il quale si disegna alquanto il sollevamento mammi-
lare, e scende il chitone poderes, avvolgendo, quasi
impacciando, le gambe; è l'antico costume della donna
dorica ed anche attica, quale si riscontra in una quan-
tità di rappresentazioni vasculari ('); la figura è im-
postata sopra un piccolo plinto, senza che il più delle
volte se ne vedano i piedi ; le braccia quasi incollate
al torso scendono lievemente piegate sui fianchi. Il
carattere della figura è rigidissimo e soltanto le parti
superiori sono elaborate.

Di questo tipo si raccolsero sette esemplari interi,

(>) Studniczka, fìeitraerje sur Geschichte der oltgrirchi-
schen Tracht, flg. 4 e 5, 10. Quest'ultima figura desunta da mi
vaso corinzio inedito di Vienna, colla rappres. di dodici donno
coperte la testa di una specie di berrettino, può particolarmente
giovare alla intelligenza della copertura del capo delle sfatnine
fìttili, che non è, propriamente, nò un medio nò un kalathos.
 
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