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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 2.1893 (1894)

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Ricci, Serafino: Il "Testamento d'Epikteta": storia e revisione dell'Epigrafe; con testo, traduzione e commento
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https://doi.org/10.11588/diglit.9301#0050

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il « testamento d' epikteta »

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servi il Testamento. È possibile che nel frattempo
fra il trasporto a Verona e la prima collocazione, le
quattro lastre siano state o a casa del Maffei, dove
le poteva a suo agio studiare e far studiare da altri ('),
oppure nei magazzini dell' Accademia, in attesa del
luogo e del relativo permesso di collocazione. Questo
doveva essere dato per mezzo di una ducale del senato
veneziano (2), che dobbiamo porre al più tardi nel 1719.
E certamente non dopo questa data l'epigrafe nostra
era collocata, se nel 1720, anno di pubblicazione del libro
già citato sui Traduttori italiani, il Maffei ne parla come
di epigrafe che si ammira alla sua nicchia nel Museo.
In ima poco degna collocazione stette per lo meno
sino al 1732, anno in cui cominciò, sotto la direzione
dello stesso Maffei, il nuovo e definitivo ordinamento
del Museo Maffeiano, che nel 1741, come risulta dalle
sue lettere, non poteva dirsi ancora compiuto.

In sèguito alla nuova disposizione architettonica (3),
rimosse le quattro lastre dal loro posto e trasportate
sotto il portichetto a destra di chi entra, ivi rimasero,
finché nel 1797 furono tolte e trasportate a Parigi con
molti altri marmi e tesori d'arte italiana. Il Venturi
asserisce di averle vedute appoggiate lungo la pa-
rete della real biblioteca il 1804 (4).

D'allora in poi la sorte della nostra epigrafe seguì
quella degli avvenimenti politici. Dopo la seconda re-
staurazione del regno di Francia, cioè dopo il 1815, fu
decretato il rinvio in Italia di tutte le opere d'arte che
erano state asportate. Pare però che delle lapidi non
tornasse da Parigi che il Testamento d'Epitleta (sic) (5).

Questo arrivò a Verona il 9 marzo 1816 (6); il 24

(1) Il Maffei ci aveva posto gli occhi per tempo e se ne
occupava. Lo aiutavano negli studi del greco il noto greco
Panagioti e l'abate prof. Carlo Lodoli, come risulta dal suo
epistolario.

(2) Vedi sulla Storia di questa ducale, Cipolla C, L'iscri-
zione volgare al Ponte Navi. Appendice, pag. 60-62 ; pag. 70.

(3) Una descrizione succinta ed efficace sta nella lettera
del Maffei alla contessa Adelaide Felice Canossa, Tering di
Seefeld. Trai, itat., pag. 3 e segg.; p. 203-213.

(4) Venturi, op. cit, II, pag. 14-16. (Del tomo II della Guida
al Museo Lapidario, solo la Biblioteca Comunale di Verona
possiede pochi fogli con una pagina di stampa dell'epigrafe di
Epikteta, non finita, credesi, per mancanza di mezzi pecuniari.
Della parte non stampata resta perù quella bozza già citata.

(5) Venturi, Bozza citata .... « Lapida unica delle ritornate
da Parigi ». Cfr. Guida, p. LVI (Introduzione).

(6) Vedi Bibl. Com. di Verona, Buste Giullari mss. n. 62,
1, fase. j.

Monumenti antichi. — Vol. IL

dello stesso mese fu veduto dall'imperatore Francesco I
nella sala del palazzo della Gran Guardia, ove erano
stati raccolti tutti gli oggetti d'arte ridonati alla pa-
tria ('); il 6 maggio dello stesso anno, a quel che
mi consta, sarebbe stato ricollocato nella nicchia
vacante (2).

Un anno dopo, cioè nel 1817, era direttore del Museo
Lapidario il Bartolomeo Giullari, col titolo, per quel
tempo ben diverso dall'attuale, di custode del Museo
Lapidario. Per impulso di lui e d'altri benemeriti
dell'archeologia e delle belle arti veronesi si cercò di
dare collocazione più degna ai marmi inscritti e ai
monumenti del Museo, e le pratiche si condussero
dal 1818 per parecchi anni per opera della Com-
missione d'Ornalo, di cui, oltre il Giuliari, face-
vano parte G. Battista Gazzola e il Venturi (3). Fu
dato incarico a quest'ultimo di esaminare le lapidi
danneggiate dalle soldatesche napoleoniche, di enume-
rarle e catalogarle, e nel 1826, al più tardi, la
nuova numerazione dovette esser già compiuta e se-
guita, se nel 1827 usciva alle stampe il primo vo-
lume del catalogo già citato del Venturi. Colla nu-
merazione Venturi, che fu definitiva, il Testamento
stava al n. 40, ove sta tuttora. Le quattro grandi lastre
di pietra, rese ancor più bigie e abbrunite dal tempo,
alquanto smussate agli angoli e in più d'un luogo
riconnesse posteriormente, fanno fede delle ingiurie del
tempo, ma più ancóra degli uomini e delle strane vi-
cissitudini a cui furono soggette. Esse sono immurate
nella parete del portico destro nella loro posizione na-
turale primitiva, mal rischiarate dalla luce ed esposte
pur troppo all'umidità, che si riversa su quella parte
dell'edificio più che sulle altre.

Qui appresso presento una zincotlpia dello stato
odierno dell'epigrafe (4).

(•) Buste Giuliari mss., 1. c. Invito ufficiale a B. Giu-
liari di trovarsi per la visita sovrana « il 24 corrente Marzo
nella sala delle Udienze della già Corte di Giustizia ».

(2) Arch. Filam. IV. Propr. mobili ecc. 1816, 6 maggio :
Ri feria Fabbricieri di aver riposta nell'antico Nicchio la la-
pide ritornata da Parigi. Cfr. p. 81, not. 5.

(3) Venturi, op. cit., pag. LV-LVI « Colt'occasione di ri-
mettere sì prezioso monumento a suo luogo e ad oggetto di
riempir i vacui dei numeri restati vedovi delle loro lapidi,
la Commissione dell'Ornato, a cui per legge spetta una qualche
sopraveglianza al Museo, elesse .... ».

(4) Anche di questa mi fu favorita la fotografia dal eh.
conte G. B. Polfranceschi, eseguita dal sig. L. Poggi.

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