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STUDIATA SPECIALMENTE IN ESTE

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questo: che le poche volte che apparisce nell'Etruria
e nel Lazio, apparisce costantemente accompagnata con
una suppellettile di tipo e per gran parte di prove-
nienza orientale.

E all'Oriente infatti io credo sia dovuta l'invenzione
di questo tipo di vaso; ai Fenici l'introduzione di esso
in Italia.

Fra quella serie di vasi, che veggonsi rappresentati
nelle pitture murali della celebre tomba di Rekhmara
intendente di Thoutmes 111(1591-65 av. Cr. secondo il
Lepsius) ('), come tributo dei Kefa, ossia de'Fenicì ai
Faraoni, e che, tenuto conto delle forme e de' colori,
sono da creder in gran parte metallici, segnatamente
d'oro, d'argento e di smalto: comparisce nella zona
inferiore a sinistra un vaso (fig. 9) a tronco di cono

Fio. 9. — Da Prisse d'Avennes, op. cit. nella presente col., nota 1.

capovolto, ornato intorno di baccellature e lungo l'orlo
superiore di rosoni, con due grandi anse attorte e solle-
vantisi ai lati e con un coperchio emisferico sormon-

(*) Hoskins, Travels in Ethiopia, tav. 47, cfr. p. 331 ; Perrot
e Chipiez, Histoire de Vart, III, p. 751, fig. 542. Le più bello
riproduzioni a colori di queste pitture sono date dal Prisse
d'Avennes, Histoire de Vart égyptien, II, Art industriel, tavola
con l'iscrizione : u Vases du pays de Kafa, tributaire de Thout-
mèa III». Cfr. Helbig, Das hom. Epos1, p. 25, 33, 384. Osserva

Monumenti antichi. — Voi. II.

tato da una testa d'ariete. È colorito di bianco, salvo
la zona superiore, che è gialla insieme con le anse.
I rosoni e le baccellature sono contornati in rosso.

Non v'ha dubbio che questo vaso non sia metallico;
parrebbe che dovesse credersi fatto d'argento e d'oro, o
d'argento in talune parti dorato. Se il Perrot (') ha fatto
osservazioni giustissime circa le forme del vasellame
rappresentato nella pittura, forme che lo dimostrano
un prodotto della metallotecnica : in quanto attiene al
nostro esemplare la cosa è più che mai manifesta per
la foggia delle anse, per la decorazione a baccellature
e rosoni certamente cesellati, per la testa d'ariete, che
fa da manubrio al coperchio.

Tenendo presente or dunque questa pittura, noi pos-
siamo dedurne che tino dal secolo XVI av. Cr. era già
usato dai Fenici un tipo di vaso, rispondente appieno
alla nostre situle e precisamente alla forma, che, con-
siderata la genesi tettonica di esse, risulta la più sem-
plice e può esser creduta quindi la primitiva : un tronco
di cono rovescio, senza la rientranza del collo. Il vaso
dipinto nella tomba di Rekhmara manca del manico
girevole, come ne sono prive, se non la situla di Cor-
neto, le tre di Palestrina, di Vetulonia, di Chiusi e
buona parte delle altre scoperte in Italia. Ha invece
due anse laterali, che ricordano abbastanza quelle delle
situle prenestina e vetuloniese. Non bisogna dimenticare
ad ogni modo che non si tratta qui d'una vera e propria
secchia d' uso comune, ma di un vaso di lusso e di
metallo prezioso. Basta poter dimostrare la esistenza
della forma della situla italica presso i Fenici per
trarne un nuovo argomento favorevole alla opinione
espressa da me sul carattere fenicio delle situle etrusco-
laziali, uscite tutte in luce da depositi esuberantemente
ricchi d'oggetti fenici. Delle baccellature del resto, che
ornano la parete di questo vaso, abbiamo esempi in
situle atestine, segnatamente in una di quello, che fu-
rono scoperte nel predio Boldù Dolfln (2) e che studie-
remo a suo tempo particolarmente.

l'Helbig (p. 25) potersi anche credere che i vasi rappresentati
in quelle pitture non fossero lavorati nelle città fenicie, ma
provenissero da fabbriche della Mesopotamia. Ammessa una tale
possibilità, e considerato che in ogni modo i Fenici anche
ne' loro stessi prodotti industriali ed artistici raramente furono
originali, ascrivemmo Finvenzione del tipo di vaso, che ricorre
in quelle pitture, non precisamente ai Fenici, ma all'Oriente.

(') Perrot e Chipiez, op. cit., Ili, p. 352.

(2) È la situla n. 3024. V. sopra, col. 177.

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