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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 3.1893 (1894)

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Comparetti, Domenico: Gortyna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9300#0106

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171

GORTYNA

SECONDA EPOCA

172

vofio&srrjs, xaì TTQÒg tì)v dià^sv^iv rmv yvraixwv,
Ira fa) TToXvTexvàiCi, rijv irgòg xovg àQQevag nonqGug
bfiiXiav.

Gli errori a cui soggiacquero gli editori e le
inestricabili difficoltà in cui vediamo perdersi Z.
(p. 118 sgg.) nell'illustrare questa parte delle leggi,
provengono sopratutto dal non aver badato all'in-
timo rapporto colle disposizioni seguenti relative
al diritto ereditario, che, assai meglio dei confronti
(piuttosto allucinatori) col diritto attico e il ro-
mano, rischiarano e spiegano quanto qui la legge
assai semplicemente dispone.

Del divorzio, come della morte, qui si stabiliscono
soltanto gli effetti economici o kleronomici, affatto
indipendentemente dalle cause o colpe che pos-
sono aver prodotto l'uno o l'altra. Il legislatore
afferma e applica il principio, dominante in tutte
queste leggi, della completa distinzione e indipen-
denza degli averi di ciascun coniuge in vita e in
morte. Questo principio è così fermamente sta-
bilito, d'accordo con quello degli eventuali diritti
degli sm^àlXovTSi o della famiglia a cui spetta il
coniuge, che rimane eguale, siano qualsivoglia le
cause del divorzio, o della morte; per quanto
grave sia la colpa che un coniuge possa avere
commesso, mai l'altro non potrà avere il diritto
d'impadronirsi totalmente o parzialmente delle
sue sostanze. In tesi generale, nè il marito ere-
dita dalla moglie, nè la moglie dal marito. Ces-
sando il matrimonio per morte, la donna oltre
ai suoi averi, può degli averi del marito soltanto
reclamare quanto questo avessegli legalmente ed
esplicitamente donato ; cessando per divorzio, non
le spetta assolutamente nulla che sia del marito,
quando il divorzio sia chiesto da lei, le spettano
invece cinque stateri se il divorzio sia chiesto dal
marito. Così, qualunque dei coniugi sia autore o
promotore (al'nog) del divorzio, qualcosa perde ; la
donna però è esposta a perdere più dell'uomo,
poiché perde le eventuali donazioni del marito che
possono ascendere fino a 100 stateri (X, 15 sgg.)
e che rimarrebbero sue, se non divorziasse, alla
morte del marito.

Il divorzio è preso qui come un fatto, promosso
da una delle parti, ma consentito da ambedue.

Della sua giustizia, delle colpe più o men gravi,
più o men discutibili da una parte o dall'altra
che possono averlo prodotto, non si occupa nò
ha da occuparsi in questo luogo il legislatore, ed
è un grave errore il vedere o cercare in quanto
qui si stabilisce circa la proprietà il significato
di una multa, indennità o soddisfazione per una
colpa.

La legge non distingue qui, come fa poi pel ma-
trimonio cessante dietro morte del marito, se vi
siano o non vi siano figli. L'ipotesi pare debba
essere che non ve ne siano; se vi fossero, pro-
babilmente alla donna non ispetterebbe la metà
del frutto e del tessuto, secondo che vediamo a
col. Ili, 17 sgg.

Col. II, 1. 49, xàv i]/.uvav, così sempre per zò iffiicev]
non mancava qualche esémpio di tal significato
di questa voce, e i lessici lo registrano. È di
uso comune in Creta e ricorre anche in iscri-
zioni assai meno antiche.

1. 51, ivvTtàvrji, ricorre la menzione di ciò anche
in altri luoghi, ove pur si tratta delle sostanze
della madre di famiglia. Filare e tessere, come
vediamo, era la principale occupazione della
matrona cretese di questi antichi tempi, come
della antica romana, che " domi mansit, lanam
fecit „ o della sabina 8 Tatio sub rege „

Cuhi matrona premens altum rubicunda sedile
assiduo durum pollice nebat opus.

1. 53 sg., alìiog ha qui il suo primo significato
di auctor, non di colpevole come fu erroneamente
inteso da noi e da tutti. Le difficoltà insolubili
che nascono dall'intendere colpevole sono ben
rappresentate in quanto scrive Z. (p. 119 sg.),
e come si eliminino intendendo altrimenti ab-
biam detto noi sopra.

Che poi, come Z., G. e altri ha pensato, questa
condizione si aggiunga, non a quanto è detto
dei cinque stateri, ma a tutto quel che si dice
di ciò che spetta alla donna, è assurdo. Non
è credibile che una condizione di portata così
generale abbia potuto essere aggiunta quasi di
sorpresa in fine, e non in principio, come do-
veva farsi, dopo il primo al' xa e come vediamo
fatto in più periodi condizionali con doppia e fin
tripla condizione; ved. IX, 45; VII, 4 sgg.;
Vili, 20 sgg. Inoltre, così intendendo, la legge
lascerebbe incredibilmente indeterminato il da
 
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