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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 3.1893 (1894)

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Comparetti, Domenico: Gortyna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9300#0201

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359

i .i tlìTYNA — CONCLUSIONI

860

dovuto esser chiamate tori o Europe, quelle di
Knossos labirinti; neppure è regolare che due mo-
nete di diverso valore, ma dello stesso sistema,
paese e tempo si distinguano per impronta di-
versa, che p. es. la dramma abbia il lebete, il
didrammo o il tetradrammo abbia il tripode ; final-
mente le denominazioni dall'impronta vengono ri-
cordate da lessicografi e altri autori antichi come
d'uso popolare, non mai però usate da scrittori,
eccettuati i comici che le usano scherzando, molto
meno possono aspettarsi usate negli atti ufficiali
e nelle leggi i).

i) Secondo il sig. Svoronos (Buììetin de Corresp. Hell.
XII, p. 405 sgg.) lebeti e tripodi non sono altro che sta-
teri di varie città cretesi confederate e rette da un *«/-
l'odixcaov che sarebbe rappresentato da tutte queste leggi
(più o meno antiche, poco importa) trovate a Gortyna.
Diritto comune fra queste città, tribunale comune resi-
dente a Knossos e a Gortyna e moneta resa pur comune
mediante una contromarca eguale apposta agli stateri di
ciascuna di esse. Questi stateri nella legge comune non
sono più chiamati stateri, ma prendono il nome dalla
contromarca comune che rappresenta un lebete o un tri-
pode. Infatti, fra le contromarche di stateri cretesi ve ne
ha taluna che rappresenta unr tripode e ve ne ha pure
un'altra che si osserva su qualche staterò di alcune città,
nella quale il sig. Svoronos crede di veder rappresentato
un lebete veduto dall'alto e contornato di globuletti. E poi-
ché questi stateri cosi contromarcafci sono da collocarsi
dalla metà del V secolo al principio del IV quindi la con-
clusione che la Grande Iscrizione non è più antica del 450
av. Cr., il che secondo il suo amico sig. Skias {'Ecpt]fi.
<<QZ- 1890, p. 190) sarebbe confermato dall'erma presso
a poco di quell'epoca trovata presso la porta del muro
circolare (la quale non ha assolutamente nulla che fare
colla Grande Iscrizione! ved. sopra p. 88, 96 sgg.).

Il sig. Svoronos nel corso assai sbrigliato di queste sue
fantasie anacronistiche, ha dimenticato, fra le tante cose,
che la sua conchiusione non può applicarsi alla Grande
Iscrizione nella quale non si parla mai nè di lebeti nè
di tripodi, ma si applicherebbe alle epigrafi più arcai-
che del Pythion che risulterebbero così non anteriori
al 450, ma anzi posteriori, poiché la contromarca do-
vette essere apposta certamente qualche tempo dopo la
coniazione! Evidentemente il sig. Svoronos non ha bene
studiato la questiono e neppure è sulla buona via per
impiegare la ragione o l'uso delle contromarche, che è
ancora un problema. La contromarca dal preteso lebete
che, come più altre diverse, si osserva in monete cre-
tesi, può vedersi riprodotta con esattezza fotografica presso
Warwick Wroth Gatal. of the Gr. Goins of Crete tav IV,
10, 13, XVI, 9. Quel che al sig. Svoronos è sembrato un
lebete (perchè non anche un nis-og, o altro vaso senza
manichi?) veduto dall'alto contornato di globuletti, non
è altro che uno scudetto o una specie di bulla o ifios,
senza special significato di oggetto qualsivoglia.

Non è possibile spiegare in iscrizioni di carat-
tere tanto antico quali sono quelle della prima
epoca la totale assenza di ogni comune nome di
moneta e l'uso esclusivo invece dei lebeti e tri-
podi, senza rammentare l'uso dei lebeti e tri-
podi in numero vario, sia come àstila sia come
ànoiva, nei tempi anteriori alla moneta, rappre-
sentati in Omero. Sono quelli i soli oggetti me-
tallici che figurino fra gli àstila e gli ànoiva;
oltre a quelli, di metallo non v'è che il talento
d'oro. Il tripode rappresenta un valore più grande
che il lebete; quindi quando son dati assieme
in numero lebeti e tripodi, il numero di questi
è minore; così nei giuochi funebri per Patroclo
{lì. XXIII, 263 sgg.) figurano fra gli àstila due
talenti d'oro, un tripode di 22 misure, un lebete
di quattro misure ecc.; ma ad Achille per pla-
carne l'ira sono offerti come ànoiva da Agamen-
none {II. IX, 120 sgg.) dieci talenti d'oro, sette
tripodi, venti lebeti ecc. e da Priamo pur come
ànoiva pel riscatto del cadavere di Ettore {E. XXIV,
228 sgg.) 10 talenti d'oro, 2 tripodi, 4 lebeti ecc.
Lebeti e tripodi potevano essere più grandi, più
piccoli, più semplici e più ornati, più o meno pre-
ziosi, ed Omero distingue a volte la speciale ec-
cellenza di taluno ; ma più spesso dice lebete o
tripode senz'altro, come di oggetti aventi una
grandezza e una elaborazione usuale, comune.
Ai tempi omerici però il lebete e il tripode non
sono unità di misura pel valore, non hanno l'uso
che avrà poi la moneta; il metallo serve già ai
cambi, ai negozi, ma non in forma determinata,
la bilancia ne dà la misura; il termine fisso e
usuale per la enunciazione del valore sono tut-
tavia gli animali, singolarmente i bovini ; tale og-
getto vale tanti buoi, svveàfloiog, Svwòsxufioioc ecc.
È ben noto che questa maniera di valutare per-
durò anche mentre cresceva e si propagava e an-
che si raffinava l'uso del metallo nei cambi; la
legislazione più antica greca e romana seguiva
ancora nel determinar le multe o altri pagamenti
tale antica usanza, anche quando già la moneta
era introdotta.

A Gortyna, ai tempi delle più antiche iscrizioni
della prima epoca, tale vecchia usanza non era
ancora si tenta poiché il framm. n. 12-13 ove trat-
 
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