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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi: Antichità del territorio Falisco: esposte nel museo nazionale romano a villa Giulia (Parte prima) — 4.1894 (1895)

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Barnabei, Felice: Dei fittili scoperti nella necropoli di Narce
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https://doi.org/10.11588/diglit.9314#0154

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DEGLI SCAVI DI ANTICHITÀ NEL TERRITORIO FAUSTO

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rini, tracciò alcune linee principali per la cronologia
di questo vasellame, dicendo che i buccheri nelle
tombe o si trovano soli o uniti a stoviglie greche del
così detto stile corinzio; e che ne durò la fabbrica,
mentre si importavano nell'Etruria vasi greci a figure
nere ed a figure rosse di stile severo. Ma anche qui,
volendo trarre da queste notizie il maggiore profitto,
sarebbe stato il caso di farvi seguire studi speciali
per riconoscere se quella produzione ceramica, che durò
per tutto il tempo non breve in cui durò il commercio
dei vasi corinzi e dei vasi greci di stile severo, fosse
stata uniforme, ovvero si distinguesse per alcune par-
ticolarità riferibili a vari periodi del tempo stesso,
ovvero riferibili a vari luoghi, ove quella stessa pro-
duzione ceramica fosse stata prodotta.

Bicordo bene che uno di questi luoghi, il quale
egli ritenne essere stato il centro principale di lavo-
razione ceramica nel territorio volsiniese e nel chiu-
sino, fu indicato dal Lenormant nel sito dell'attuale
Fienile (Gaiette archéologique, 1879, p. 102). Ricordo
pure che dieci anni dopo che ebbe enunciata l'ipotesi
sulla importazione del bucchero in Etruria, lo stesso
prof. Helbig accennò ad una certa classificazione di
quel vasellame, dicendo che il più antico è liscio ov-
vero soltanto ornato con motivi geometrici graffiti o
punteggiati (Bull. List., 1885, p. 119). Ma anche le
altre notizie colle quali fu nuovamente trattato l'ar-
gomento negli stessi libri più recenti sopra le antichità
dell'Etruria, lasciarono irresoluto il problema.

Oltre le discussioni sul luogo di origine, lunghe
discussioni si fecero intorno al modo con cui i buc-
cheri furono lavorati. I più accettarono la spiegazione
data dal eh. sig. barone Adolfo Klitsche de la Grange,
secondo cui il nero lucente del bucchero si ottenne
mediante il processo detto di affumicazione (Sulla
teciiologia del vasellame nero degli antichi, lettera
al eh. corani. W. Helbig, Eoma, 1884), la quale
spiegazione era stata data dall'antiquario Depoletti
nel 1837, e fu accettata anche dal Birch (History of
ancientpottery, London, 1858, p. 199). Ma non avendo
noi potuto esaminare nè i buccheri prodotti con questo
metodo dal Depoletti, nè quelli ottenuti dal barone
Klitsche de la Grange, e vedendo che secondo l'avviso
di altri non sarebbe bastato a produrre quel colore
lucido la sola affumicazione (cfr. Blùmner, Techno-
logie, II, p. 61), ma si sarebbero richieste delle so-

stanze che nella massa del fittile fossero state in-
trodotte, può conchiudersi che anche sotto questo ri-
guardo i metodi proposti e le analisi eseguite non
apportarono quella luce che da tanto tempo si desidera
e che tuttora si aspetta.

Non vogliamo con ciò affermare che, mediante le
nostre ricerche nel territorio falisco, sia toccata a noi
la buona fortuna di apportar questa luce. Senza dubbio
la buona fortuna ci ha assistito, facendoci mettere in-
sieme un materiale cospicuo, il quale rivela tante cose
che grandemente gioveranno per la risoluzione della tesi.

Del resto non bisogna poi esagerare nelle investi-
gazioni, o per lo meno uscire da quella via che deve
condurci al fine a cui tutto il nostro studio è diretto.
In altri termini quello che ora importa a noi princi-
palmente si è il poter classificare questo materiale
archeologico, secondo le varietà sue, e secondo i pe-
riodi di tempo alle quali queste varietà ci ricondu-
cono. E se dalla pratica delle cose d'arte e dal com-
plesso dei dati di fatto, offerti dalle necropoli del ter-
ritorio falisco, possiamo trarre la guida sicura per
questa partizione, l'utile a cui miriamo può dirsi quasi
pienamente raggiunto.

Da tutte le analisi chimiche (cfr. Blùmner. o. e,
II, p. 62) risulta costantemente che il carbone entrò
nella materia di questi vasi nelle proporzioni dall' 1
al 3 %• E dalle analisi chimiche e dalle osserva-
zioni che ognuno può fare risulta pure costantemente
che il materiale, in cui i buccheri furono lavorati, è la
pura argilla figulina.

In ciò il fatto sostanziale che bisogna aver sempre
innanzi, perchè mostra che il bucchero non all'arte
vecchia, ma appartiene alla nuova, essendo lavorato
con lo stesso materiale e con lo stesso procedimento
tecnico con cui le stoviglie di argilla figulina furono
fatte. Vi è la differenza sola nel grado della cottura,
e non nel modo ; perchè stando ai risultati delle espe-
rienze, ed all'esame delle cose, non si potrebbe fa-
cilmente ammettere che il bucchero fosse stato cotto a
fuoco libero, o coi mezzi rudi e primitivi, nel tempo
in cui era molto diffusa la pratica di cuocere alla
fornace. D'altra parte la uniformità di indurimento
che il bucchero presenta, prova che fosse ottenuto
esponendo il vasellame a piccolo grado di cottura entro
le fornaci. Bastava sospendere il fuoco ad un certo
punto, prima cioè che si ottenesse la completa incan-
 
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