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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 6.1896

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Patroni, Giovanni: Vasi arcaici delle Puglie nel Museo Nazionale di Napoli
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https://doi.org/10.11588/diglit.8556#0204

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395

il Furtwiingler (')• V'è dunque motivo a far risalire
di due secoli l'epoca che il Lenormant voleva asse-
gnare alle sue anfore iapigie (-) le quali fanno parte
del nostro materiale, e trasportarle dal IV-III secolo
av. Cr. al VI-V. Questa data, se non un'altra più
antica, può meglio convenire al nostro materiale, mentre
La prima non si poteva sostenere senza Cadore in con-
traddizioni ed inverosimiglianze. Così il Lenormant,
pubblicando un' anfora appulo-lucana di tecnica ancora
indigena, ma decorata con figure nere in uno stile
imitato sui vasi attici del VI secolo (il L. pensa piut-
tosto ai corinzi), invece di giudicarla contemporanea,
pensa che questa somiglianza derivi dalla poca abi-
lità dei vasai indigeni (3); ciò che difficilmente convin-
cerà alcuno. Sulla medesima anfora intanto ricorrono
iscrizioni messapiche in alfabeto greco che lo stesso
Lenormant giudica abbastanza arcaico, e certo può
stare verso la fine del VI secolo. L'alfabeto della iscri-
zione che pubblico io, sembra più recente; si può met-
tere nella prima metà del V secolo. Ora si noti che
la fabbrica della mia situla gemina, certo diversa da
quella dell'anfora Lenormant, non è per nulla al cor-
rente nò. della decorazione nò della figura greca, e
pure segue il progresso dell'alfabeto. A fortiori do-
veva seguirlo una fabbrica che subiva l'influenza greca
anche nella figura. La scrittura ha mezzo di propa-
garsi anche dove non giunge o non è attivo il commercio
e lo scambio di prodotti artistici. Questi alfabeti rap-
presentano dunque un criterio cronologico positivo, che
va d'accordo con altri due : da una parte la connes-
sione stilistica di anfore come quella Lenormant con
vasi greci del VI secolo; dall'altra la considerazione
clic, pur non cessando ad un tratto, l'industria locale
che seguiva tradizioni così primitive, non poteva più
fiorire quando s'impiantarono in paese fabbriche di ce-
ramica nello stile greco. Quindi i prodotti principali
dell'industria localo, come la nostra situla gemina,
vanno ragionevolmente collocati prima della metà del
V secolo.

Del resto, più bassa data si assegna a tali pro-
dotti, più acquistano forza i fatti che abbiano esposti.

(1) Cfr. \dkBerliner philologische Wochenschriftdel 17 nov.
1888.

(2) Gaz. Archéol. 1881-82, p. 10G gg.

(3) Gaz. Archéol. 1881-82, tav. XXI, p. 108.

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0 al secolo VI-V, o al IV-III, c' è sempre tra la ce-
ramica egea e la messapica-appula, che oggi cono-
sciamo, una distanza enorme, un periodo di secoli
durante i quali la civiltà e l'arte egea sono scomparse
in tutto il resto del mondo, per far posto alla civiltà
ed all'arte classica. Non è quindi possibile di credere
che il nostro materiale rappresenti imitazioni di pro-
dotti giunti per via del commercio, fatte da un popolo
estraneo agli Egei. E forza ammettere invoce, con-
formemente alla prima impressione, che tale cera-
mica fosso indigena presso le popolazioni dell'Apulia,
e che queste appartenessero alla grande famiglia che
abitò l'Egeo nell'epoca preellenica, di cui un ramo
venne nella bassa Italia, vi rimase isolato per ragioni
storiche e geografiche, resistette all'influenza delle
stirpi sabelliche e in gran parte alla greca, conti-
nuando nelle sue tradizioni primitive, e non scomparve
del tutto come individualità etnica se non sotto la
mano livellatrice di Roma. Ma]di questi Egeoidi appuli
non conosciamo che i tardi e stanchi prodotti di epoca
già contemporanea della colonizzazione ellenica inva-
dente le coste dell'Italia meridionale. Ignoriamo che
cosa contenga lo strato archeologico anteriore e corri-
spondente all'epoca della loro venuta, come ignoriamo
ancora a qual popolo ed a quale civiltà appartengano

1 monumenti megalitici di Terra d'Otranto; come igno-
riamo ancora dove siano e cosa contengano le necro-
poli delle città pelasgicho coronanti le vette dei monti
lucani e costruite col più arcaico sistema ciclopico
che s'incontri in Italia.

Ho già parlato di suppellettile appulo-messapica.
Questo è infatti il primo corollario che risulta dalla
mia dimostrazione. Il materiale tenuto metodicamente
distinto in due serie, oltre al rivelare a prima vista
una reciproca relazione, ha in comune le somiglianze
e la derivazione dalla ceramica egea. Esso mostra
dunque una civiltà unica, e, tenuto conto delle con-
dizioni locali, probabilmente anche un' unità etnica.
Questa unità può però contenere la varietà; questo ramo
di una grande famiglia può constare esso stesso di
varie individualità distinte e magari soprapposte. Sul
fondo comune della nostra suppellettile spiccano due
distinti gruppi di vasi, che hanno tra loro qualche cosa
di comune, ed è che la loro decorazione consiste prin-
cipalmente in bande. Ma in un gruppo, cui già ab-
biamo accennato, queste sono semplici liste di colore,

VASI ARCAICI DELLE PUGLIE
 
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