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427

DI UN FRAMMENTO DI LEGGE ROMANA

428

III.

LE FONTI DEGLI STATUTI MUNICIPALI ( )

t

La pagina di logge romana, scoverta dal prof. Luigi
Viola in Taranto, ha il non piccolo merito di chiarir
muglio quali siano stato le leggi madri degli statuti
municipali.

Senza risalire ai pochi municipi formati prima della
guerra sociale, e fermandoci alla grande maggioranza
di essi creata in seguito di quella lotta asprissima,
è certo che se Roma costituiva, cioè dava ordinamenti
e leggi alle provincie soggette e alle città nello quali
mandava le sue colonie (2), doveva costituire, o difatti
costituì anche le genti e le città, che nel 664 am-
mise nella sua cittadinanza. Il nocciolo di quell'ordi-
namento si trova nelle seguenti parole delMommsen (3) :
« A base delle nuove comuni di cittadini stava in gene-
rale la costituzione, che le città latine rimaste formal-
mente sovrane avevano avuta, ossia quella dell' antica
Roma patrizia-consolare, in quanto la costituzione la-
tina era nelle sue linee principali simile alla romana;
salvo che trapiantando quelle istituzioni nel municipio
si volle chiamarle con nomi diversi e più modesti di
quelli adoperati nella capitale, ossia nello Stato. In cima
stava l'assemblea dei cittadini, col diritto di fare rego-
lamenti locali e di creare i magistrati del comune.
Un consiglio municipale di cento membri faceva le
parti del Senato romano. La giustizia era amministrata
da quattro giudici, due ordinari che rispondono ai con-
soli, e due giudici pel mercato che rispondono agli edili
curali. La censura, che si rinnovava come a Eoma di cin-
que in cinque anni, e secondo ogni apparenza consisteva
principalmente nell'amministrazione degli edifizi pub-
blici, veniva assunta dal più alto magistrato del co-
mune, che in questo caso prendeva il titolo distintivo

(') Questa Nota fu letta all'Accademia de' Lincei nella tor-
nata del 21 aprile 1895 (V. Rendiconti 1895, pag. 175.

(-) Mommsen, Stadtrechte der latin. Oemeinden Salpensa
ìtnd Malacci, pag. 392, nota 10.

(3) Rom. Gesch. II, pag. 368.

di giudice con potestà censoria o quinquennale. Am-
ministravano la cassa comunale due questori. Cura-
vano le cose sacre i due collegi secerdotali noti alla
più antica costituzione latina, i Pontefici e gli Au-
guri municipali ».

Quanto è chiaro, per le numerose iscrizioni, l'an-
zidetto ordinamento, è altrettanto incerto il modo come
Koma lo mise in atto. Savigny (') e Mommsen (2) scar-
tando concordi l'ipotesi, che per ogni città, a cui biso-
gnava dare una lex municipalis, Roma abbia rogato uno
speciale plebiscito, non però hanno indicato il procedi-
mento, con cui gli Italici ebbero i loro statuti locali.
11 Alarquardt (:t) ha ripresa la supposizione delle leges
municipales fatte in Roma, persuaso che soltanto così
potesse la legislazione dei municipi riuscire uniformo
ed eguale per tutti. Ma credo che il medesimo risul-
tato abbiasi potuto raggiungere per un'altra via più
corrispondente agli usi di Roma.

Infatti ogni plebiscito, che autorizzava la dedu-
zione di una colonia e la relativa distribuzione di terre,
creava una speciale magistratura per l'esecuzione della
legge (4) : così del pari la legge fidici de civitate pro-
babilmente conchiudeva creando i curatori, che do-
vevano costituire i municipi. E poiché nella missione
del deduttore della colonia entrava pure il diritto di
dare leges, ai coloni (5), parimenti i costitutori dei mu-
nicipi dettero a questi le leggi loro proprie.

Un' altra analogia è quella dei municipi fundani
di cittadini non romani, ossia latini. La tavola d'Eraclea
termina con questo capitolo:

Quei lege pl(ebei)ve sc(ito) permissus est [f]uit
utei leges in municipio fundano municipibusve eius
municipi darei, sei quis is post h{anc) l{egem) r(o-
galam), in eo anno proxumo quo h(anc) l(egem) po-

(') Vermischtc Schriftcn, III, pag. 354-55.
(!) Stadtrechte, cit. pag. 392, nota 10.

(3) Staatsverwaltung, I, 1873, pag. 64.

(4) Mommsen, Staatsrecht, II» (1877), pag. 608.

(r>) Lex Genet. cap. CXXXII: post h(anc) l(egem) datam.
 
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