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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 7.1897

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Savignoni, Luigi: Di un bronzetto arcaico dell'acropoli di Atene e di una classe di tripodi di tipo greco-orientale
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https://doi.org/10.11588/diglit.8557#0194

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371

DI DN BRONZETTO ARCAICO DELL* ACROPOLI DI ATENE

372

dipende da prototipi metallici connessi coli' arte greco-
asiatica, e che ci presenta persino soggetti analoghi (').
E qui tornerà in acconcio il ricordare ancora i due tqi-
noósg yaXxol .... xaì xà STCsiqyadjit'va di Gitiada
in Amicle (2), e 1' VTtoxqrjTriqìóiov (XidrjQsov xollrjróv
in forma di torre, fatto da Glauco di Ohio, àlrjd-wg
■9-t'ag a£iov cW rà év ccvtc7) svtSTOQSV/isva ^ojóàqia
xaì aXXa tivù ^wvcpicc xaì (fvrdqia (3) ; non che il
celebre dono de' Samii in Olimpia, cioè quel gruppo
di tre uomini genuflessi a sostegno d' un cratere donde
sporgevano teste di grifoni, simili a quelle trovate in-
sieme con qualcuno dei tripodi da noi passati in ras-
segna (4). Se questi esempì c' insegnano, che, in quello
slancio particolare avuto dalla metallotecnica degli
Ioni nei secoli VII e VI a. C, gli vnoO-rjuata in genere
dettero argomento di produzioni originali anche agli
artisti più grandi; in proporzioni più modeste i tri-
podi vulcenti, ci rivelano in bella guisa, colla loro ele-
ganza e ricchezza dell'insieme, lo stesso spirito d'un
popolo veramente artista. Ed anch' essi, sebbene nelle
tombe d' Etruria li troviamo fra gli arredi domestici,
in Grecia, come sembra, furono talvolta adibiti come
doni votivi al pari delle opere or ora menzionate (5).

Mentre così tutto ci presenta qui uno schietto ca-
rattere greco ed omogeneo con spiccati ionismi, ori-
ginali e non di seconda mano, senza malintesi o sciat-
terie ; d' altra parte fa specie l'assenza perfetta di qual-
siasi nota specificamente etnisca : ed anche nella com-
binazione dei vari elementi nulla sa d'imparaticcio,
come invece suole accadere nelle opere di chi lavora con
elementi non propri, cioè secondo il metodo ordinario
degli artefici d'Etruria. Ed allora che cosa ci obbliga
ad attribuire coi più a tali artefici l'invenzione di
questa specie di tripodi (r>), o con altri a concedere

(!) Loeschcke, Arch. Zeitung, 1881, p. 29 segg., tav. III-V.
Furtwangler, Vasensamml. im Antiquarium, n. 1727.

(2) Overbeck, Schiftquellen, n. 358 = Paus., Ili, 18, 7 seg.
Cf. Reisch, Oriech. Weikgeschenke, pag. 109, nota 1. Brunn,
Kiinstlergesch., I, p. 86 e 114.

(3) Overbeck, 1. cit, n. 263-272 ; Brunn, 1. cit, p. 29 seg.

(*) Overbeck, 1. cit., n. 294 = Herod., IV, 152. Cf. pei cra-
teri il tripode La Garenne, quelli della tomba Regnimi-Galassi,
e i pezzi di Olimpia: v. poi Furtwangler, Olympia, IV, p. 137,
e presso Roscher, Lexikon, I, col. 1765 seg.

(5) Ciò fa supporre il luogo di trovamento del frammento
di Atene; cf. anche sopra p. 330, nota 3.

(6) Cf. Friederiehs, Kl. Kunst, p. 191 seg., e la bibliografia
dei vari esemplari, sopra p. 292 segg.

loro almeno il merito dell' ultimo perfezionamento di
i un tipo ricevuto dai Greci (') ? Ormai mi par chiaro che
anche se si dovesse ammettere, che qualcuno o magari
tutti i nostri tripodi siano usciti da officine etrusche,
la parte indigena si ridurrebbe a non più che alla
meccanica riproduzione di modelli stranieri. Nè pos-
sono contradire alle nostre conclusioni i fatti di sco-
' porte avvenute nell' Etruria stessa, antichissimo em-
porio di cose d' arte importate dal di fuori, o le testi-
monianze, già riferite, degli antichi (-); le quali nè
sono anteriori all' epoca di Pericle (e quindi abba-
stanza lontane da quella di cui si tratta), nè, se pos-
sono essere invocate a sostegno dell' abilità tecnica,
alcun che depongono in favore dell' originalità e del
genio inventivo degli Etruschi (3).

Ridotta a questo termine la questione, non reste-
rebbe pei singoli casi (oltre, forse, 1' analisi chimica del
bronzo) altro argomento decisivo, che quello dello stile.
Ma già si è osservato (4), come appunto, per essersi
dovuti togliere all' arte etrusca molti prodotti, che fino
a poco fa nessuno avrebbe dubitato di attribuirle, gli
stessi criteri stilistici d'una volta non reggono più :
onde fino a che non siasi acquistata una nuova base
più sicura, il giudizio sullo stile resterà in gran parte
soggettivo. Ora, stando agli occhi miei, nell'esemplare
del Museo Gregoriano nulla è che ci obblighi a cre-
derlo di fabbrica non greca : esso anzi presenta uno
stile del tutto analogo a quello degli arcaici bronzi
calcidesi, ed un fino lavoro, quale, per V epoca di cui
si tratta, generalmente non si è disposti ad ammet-
tere per l'arte etrusca (5). Lo stesso sembrami di poter

(') Furtwangler, Olympia, IV, p. 127, e Bronzefunde, p. 68.
Reisch presso Helbig, Fuhrer, II, pag. 320, n. 150, sembra ac-
cedere a quest' opinione. Cf. anche von Duhn, Benùtzung der
Alpenpàsse im Aiterthume (in Neue Heidelb. Jahrbb., II, 1892,
p. 61 seg.): cf. sotto nota 3.

(*) V. cap. I, p. 288, nota 4.

(3) Giova ricordare a questo proposito, come anche per la
forma delle anfore nicosteniche, che il Loeschke {Arch. Zeitung,
1881, p. 37) diceva derivata da anfore in bronzo importate dal-
l' Etruria in Atene, è stata dimostrata dal Pottier I1 imitazione
di prototipi ionici fatta e da Nicostene e dagli Etruschi, l'uno
indipendentemente dagli altri : cf. Bulletin de corr. iteli. 1893,
p. 423 segg. Vedi inoltre F. Barnabei, Monum. antichi pubbl.
dai Lincei, IV, p. 293 segg. Von Duhn, 1. cit., ammette l'im-
portazione di oggetti etruschi decorati (quale è p. e. il tripode di
Durkheim) nei paesi barbarici, di opere più semplici in Grecia.

(<) Cap. I, p. 288.

(5) Cf. Helbig, Annali d. Jnst., 1880, pag. 230, 236. Furt-
wangler, Bronzefunde, p. 74 segg.
 
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