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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 8.1898

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Schiaparelli, E.: Di un vaso fenicio rinvenuto in una tomba della necropoli di Tarquinii
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https://doi.org/10.11588/diglit.9302#0055

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RINVENUTO A CORNETO

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principi minori, e preparandosi a sostenere l'urto
dell' Etiopia, assunse il titolo di « Re dell' alto e basso
Egitto » e diede principio ad una nuova dinastia, la
XXIVa, con residenza in Sais.

Il Faraone etiope Kashta che dopo la morte di
Pian chi era a lui succeduto sul trono di Napata, non
si mosse: ma, dopo poco, succeduto a Kashta il figlio
Shabaca, questi si affrettò ad assalire Bokenranf, il
quale non potè sostenerne l'urto. Distrutto il suo eser-
cito, e lui fatto prigioniero, venne, secondo la tradizione,
bruciato vivo. Ciò dovette avvenire circa l'anno 728.

Era opportuno ricordare questi fatti, e segnata-
mente i rapporti fra i principi di Sais ed il reame
di Etiopia, per renderci conto della rappresentanza
che occupa la seconda sezione del nostro vaso ; nella
quale l'artefice che lo modellò volle indubbiamente rap-
presentare, o meglio simboleggiare, l'augurato trionfo
di Bokenranf sulle popolazioni sudanesi, che da
Napata dipendevano. A questo intento l'artefice ci
rappresenta un paese sparso di alberi di banani, da
cui pendono grappoli di frutti maturi, che le scimmie
stanno cogliendo ed assaporando; ai banani aggiunse
anche un altro albero, che parrebbe ricordare la pianta
AeH'anti, il prezioso prodotto di Punt, e presso agli
alberi collocò quattro negri, nudi, con una bulla al
collo, una fune intorno ai fianchi, colle braccia in
vario modo legate, e dei quali il primo e l'ultimo,
con grossi anelli d'oro alle orecchie e di statura mag-
giore degli altri, rappresentano due capi di tribù.

Messa questa scena in relazione colle precedenti,
dobbiamo inferirne che il vaso dissepellito a Corneto
sia una specie di monumento in onore di Bocoris,
eseguito quando più vive erano le speranze nella sua
fortuna : per cui, oltre all' intrinseco pregio artistico,
questo piccolo oggetto ha un valore storico che può
essere maggiore o minore a seconda delle circostanze
di tempo e di luogo, nelle quali esso sia stato fabbricato.

III.

A questo riguardo si deve in primo luogo e
senza esitazione escludere che sia stato fabbricato
in Egitto o da artefice egiziano ; della quale esclusione
può rendersi conto ognuno che lo esamini tanto nei suoi
dettagli, quanto nel suo complesso. Sia che si guardino
i fregi decorativi, sia l'iscrizione o le figure, in nessuna

parte si riscontra quella precisione e nettezza di dise-
gno che è caratteristica dell'arte industriale egiziana;
ma si osservano invece incertezze ed errori di inter-
pretazione di elementi decorativi o figurativi, che dal-
l'artefice sono stati copiati senza sentirli nè bene
comprenderli; e d'altra parte la maniera con cui è
trattata la musculatura nelle parti scoperte del corpo
delle figure rappresentate, che è fortemente, eccessi-
vamente segnata, accusa nell'artefice che le modellò
un seguace della maniera e dei metodi dell'Assiria
e, in genere, dell'Asia orientale.

Perciò, senza dilungarsi in altre ricerche, si può
senz' altro ritenere che il vaso di Corneto sia opera
di artefice fenicio; bensì un dubbio sorge quando ci
si domanda se l'artefice ebbe davanti a sè un vaso
egiziano di eguale forma e rappresentanza, che, sia
pure con qualche libertà, sia stato da lui copiato;

0 se per contro, pure prendendo a modello disegni
od oggetti provenienti dall' Egitto, l'artefice abbia da
questi tratto solo gli elementi per modellare nel nostro
vaso un oggetto, che sarebbe lavoro originale per
forma e per rappresentanza.

La questione è per più riguardi altrettanto impor-
tante quanto difficile, ed importa bene esaminarla sotto

1 suoi molteplici aspetti.

Sebbene, per la forma, il vaso di Corneto non
abbia riscontro diretto, per quanto io rammenti, in
nessuno dei numerosissimi vasi egiziani delle più
svariate forme che pervennero a noi o che si vedono
disegnati sui monumenti, nondimeno non si potrebbe
dire che esso sia alieno dal genio egiziano. Bensì, se
l'artefice che lo modellò ebbe davanti agli occhi un
originale egiziano, è a supporre che questo, anziché
di porcellana o di altra materia, fosse di bronzo e che
non avesse i due piccoli manichi, che nel nostro vaso
stesso erano aggiunti poco opportunamente, e che, a
parer mio, rompevano la graziosa armonia, pienamente
conforme al carattere dell' industria egiziana, che deriva
dalla felicissima combinazione del fregio superiore
coli' inferiore.

Sarebbe inoltre a tenere in conto il criterio con
cui appaiono scelte le divinità rappresentate nelle due
scene religiose. Per esempio, il fatto di trovarvi rap-
presentata, accanto al Faraone Bocoris, la Dea Neit
di Sais, invece di Iside o di altra deità femminile o
maschile del pantheon egiziano, se può essere conse-
 
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