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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 8.1898

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Schiaparelli, E.: Di un vaso fenicio rinvenuto in una tomba della necropoli di Tarquinii
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https://doi.org/10.11588/diglit.9302#0057

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religiose e di vittoria, di alberi d' ogni fatta, di orna-
menti d' ogni natura, che complessivamente formavano
un ricco materiale, da cui gli artefici egiziani attin-
gevano mano mano gli elementi per dare a ciascuno
degli oggetti da essi fabbricati una impronta origi-
nale, pur sempre conservando il carattere speciale e
permanente dell'arte e del genio egiziano : nella qual
cosa gli egiziani raggiunsero una abilità meravigliosa,
non superata nel mondo antico. Frammenti di siffatte
collezioni di modelli esistono anche oggi in tutti i
Musei, in parte su piccoli fogli di papiro, e in parte su
scheggie di pietra ; dal che si deve arguire che quelle
dovevano essere assai numerose e diffuse, e probabil-
mente, dato il gran numero di scribi e di disegna-
tori che esistevano in Egitto, se ne faceva anche
commercio.

Essendo la Fenicia prossima all' Egitto, e i loro
rapporti, come risulta da fonti ineccepibili, straordi-
nariamente frequenti, dobbiamo supporre che alcune,
od anche parecchie, delle sovraindicate collezioni di
disegni o di modelli fossero passate nei laboratori dei
Fenici; senza di che non potremmo avere giustifica-
zione piena della suppellettile archeologica fin qui
conosciuta. Poiché, se una parte delle rappresentanze
riprodotte sugli oggetti fenici può agevolmente spie-
garsi supponendo che l'artefice copiasse da oggetti
analoghi egiziani od assiri, altre, che sono di carat-
tere monumentale, non potevano per necessità di cose,
che essere copiate da disegni.

I Fenici si preoccupavano sopratutto di produrre
oggetti che piacessero alle loro clientele delle coste
del Mediterraneo; e quindi meno si occuparono di
produrre cose sostanzialmente originali, che di farne
di corrispondenti alla moda che allora prevaleva. E
poiché in Egitto e nell'Assiria trovarono fiorente ed
in pieno svolgimento un' arte industriale che estasiava
i popoli del nord, non fecero che seguirla ed imitarla,
cercando innanzi tutto di produrre oggetti analoghi,
ma che costassero meno di quelli, per venderne un
maggior numero e trarne più larghi guadagni.

Perciò se 1' arte industriale fenicia dipende inte-
ramente da quella egiziana ed assira, per altra parte
ne è, in generale, assai meno accurata e precisa, perchè
di carattere più commerciale, ed anche perchè non
potendo i Fenici avere l'intuito creativo ed il criterio
che gli Egiziani e gli Assiri avevano nella lavora-

Monumenti Antichi. — Vol. Vili.

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zione dei rispettivi oggetti artistici, ne imitavano
imperfettamente i dettagli, e questi combinavano in
modi più o meno discordanti dalle consuetudini e dal
genio dell' arte industriale egiziana od assira. Da
questa deficienza e dalla tendenza suaccennata, ne
avvenne che nei laboratori fenici, accanto a modelli
egiziani od assiri, si formarono a mano a mano altri
modelli, che erano una derivazione od una combinazione
dei primi, e che parevano più appariscenti od erano
di più rapida e facile esecuzione. Ond' è che dalla
imitazione diretta di quelli, ovvero dalla imitazione
di questi derivarono nei prodotti industriali fenici
oggetti di due categorie; delle quali, la prima, di
oggetti che dipendono direttamente dai modelli egi-
ziani od assiri, e la seconda di oggetti che ne deri-
vano solo mediatamente. È probabile che i primi fos-
sero fabbricati in maggior numero nella Fenicia stessa,
la cui vicinanza all' Egitto e all'Assiria teneva vive
le fonti di imitazione diretta, e gli altri principalis-
simamente nelle colonie, a Cartagine e nella Sardegna,
nella cui industria, gli errori di interpretazione e di
imitazione si moltiplicavano senza che nulla ne ricon-
ducesse l'indirizzo alle fonti prime.

Ciò premesso, non si potrebbe dubitare che il vaso
di Corneto sia da ascrivere alla categoria dei prodotti
direttamente derivati dall' industria egiziana, sebbene
la imitazione non ne sia, com' era consuetudine dei
Fenici, che approssimativa. Oltre all' iscrizione che,
come dissi, è mutilata e, nella forma dei singoli gero-
glifici, assai malamente riprodotta, oltre alla indeci-
sione delle linee nei due fregi e nelle modellature di
tutte le figure, accennerò solo alle due scene religiose,
che notevolmente devono differire dai modelli che l'ar-
tefice si propose copiare. Per esempio, non credo che
nell'originale egiziano vi fossero, nello sfondo di en-
trambe le scene, i fiori di loto e di papiro ; e non è
possibile che la tavola delle offerte fosse collocata fra
la dea Neit e il Faraone, dovendo trovarsi invece fra
il Faraone ed Oro: ma il modellatore pensò di spo-
starla, parendogli forse meno armonico il lasciare tanto
spazio vuoto fra l'immagine di Neit col braccio solle-
vato e quasi teso, e quella del Faraone; e perciò
quello spazio riempì colla tavola e con due fiori di
loto.

Con queste riserve, e tenendo anche conto del modo
con cui sono inginocchiati i prigionieri negri, che è

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RINVENUTO A CORNETO
 
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