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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 9.1899

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Taramelli, Antonio: Ricerche archeologiche cretesi
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https://doi.org/10.11588/diglit.9137#0221

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42:

RICERCHE ARCHEOLOGICHE CRETESI

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1

dell' Egitto, della Libia ('). Ed a mio credere fu dalla
pratica del mare e dall' esperienza del pericolo che da
quella parte poteva venire alle genti isolane, che
nacque il bisogno di rendere saldo, per quanto fosse
possibile, il dominio del paese, allacciandolo in una
rete di strade e di forti, che al nemico rendesse diffi-
cile e pericolosa una invasione.

Questo valido e pieno possesso del paese per parte
di questo popolo il quale mostra affinità di indirizzi
intellettuali, religiosi e formali con altri gruppi occu-
panti la regione dell' Egeo, il quale ci rivela relazioni
e contatti precedenti all' epoca della XII dinastia fa-
raonica, coli' Egitto, colla Palestina, coli'Asia Minore,
colle coste libiche e della Cirenaica, è, per me, un
fatto che prova esistere un substrato reale alle leg-
gende riferite ad un dominio dinastico e tirannico nel-
l'isola, e ad invasioni di Cretesi nelle varie regioni
del Mediterraneo. Queste leggende, che si riassumono
intorno al nome di Minos, furono forse troppo legger-
mente negate ; ma che abbiano un fondo di realtà e non
siano da spiegarsi colle solite anticipazioni ed esage-
razioni degli antichi cronistorici greci, cominciano a
provarlo le relazioni archeologiche cogli strati riferiti
alle « genti del mare », perlustrati nella valle del Nilo,
e le continue osservazioni che l'Orsi va facendo nelle
sue esemplari ricerche nella Sicilia orientale, dove la
leggenda conduce a tramontare la potenza del mitico
re di Creta.

Il Beloch (2) nella sua « crociata » contro la idea
di un' antica colonizzazione fenicia nel Mediterraneo,
respinge del pari la tradizione che ci è data dagli anti-
chi scrittori e massime dal siciliano Diodoro (3), sulla
grande spedizione Minossica in Sicilia, sulla fondazione
da parte di elementi Cretesi, di Enghion e di Minoa,
città che richiamala Minoa del dominio di Lyttos,
e quella sulle spiaggie di Palestina, la Gaza dei Phi-
listei. Ma la critica delle fonti storiche la quale mi-
naccia di trasformare il campo della disciplina dell' an-
tichità in un vasto cimitero, quando sia portata a
quelle esagerate negazioni, che sono frutto troppo spesso

di una soverchia confidenza in un metodo buono in sè
ma pure talora fuorviato, sarà costretta a riconoscere il
valore di alcune prove archeologiche, sia di quelle posi-
tive, fornite dalla presenza di una suppellettile micenea,
oramai più volte constatata nelle tombe sicule del II pe-
riodo, delle necropoli di Thapsos e del Plemmirio ('), e
riferite all' epoca dal XIV al XI sec, sia di quelle ne-
gative, costituite dalla mancanza di sepolcreti e di se-
polcri siculi del III periodo, sul mare ed a breve di-
stanza di esso. Perchè, dice giustamente l'Orsi, i Siculi
abbiano abbandonato le loro belle e comode borgate
sulla marina e siansi ritirati verso l'interno, è neces-
sario che vi siano stati astretti da imperiose necessità,
ed abbiano ceduto innanzi ad un nucleo di gente, se
non numerosa, almeno dotata di mezzi di civiltà supe-
riori a quelli dei quali essi disponevano. È così che
alla mente dell' infaticabile ricercatore si affaccia l'idea
che uno stabile insediamento nell' isola di Ortygia da
parte di un nucleo di Protogreci, o per dir più pru-
dentemente, di egeo-micenei, sia da fissarsi almeno due
secoli e mezzo prima della venuta del leggendario Ar-
chia. Ed in mancanza di testimonianze assolute e posi-
tive della presenza di quella « colonia » Egea sul!' isola
di Ortygia, dove lo strato archeologico può esser scom-
parso per le vicende secolari di quello storico terreno,
valgono forse le scoperte di vasi geometrici, anteriori
ai più antichi tipi protocorinzi geometrici, in tombe
sicule del III periodo e specialmente al Finocchito (2),
i quali prodotti ceramici, confezionati da mani non
sicule, in Sicilia, si sono diffusi forse da questa colonia
dell'Ortygia, che si aggrappò alla spiaggia sicula e vi si
mantenne vittoriosamente, lottando contro gli indigeni,
respingendoli dalla proda marina, e comunicando poi
loro i prodotti delle loro industrie, i trovati della loro ci-
viltà. L'esplorazione del distretto Akragantino, al quale
ha più deciso riferimento la leggenda dell' invasione
cretese dei Minossidi, è ben lontana dall' essere con-
dotta al punto a cui l'Orsi ha portato quella dell'agro
di Siracusa (3), ma non è da escludersi che anche ivi

(1) Ivi, p. 103, The Hagios Onuphrios deposit, ivi p. 117;
Further discoveries, ecc., p. 362 sg.

(2) Beloch, Die Phoeniker ani Aegeischen Meere (Rhein.
Mas. voi. 49, 1894), p. 134; Griech. Gesch., I, 128.

(3) Diodoro Sic , IV, 79 sg.; Hoeck, II, 372 sg.

I1) P. Orsi, La necropoli Sicula del Plemmirio (Bullet-
tino di Paletnol. ital., 1891, p. 115-139); Thapsos {Mon. ant„
VI, p. 90 dell'estr.). Cf. Nuove esplorazioni nel Plemmyrion
{Notizie degli scavi, 1899, p. 26 e sg.).

(*) Bullettino di Paletnol. ital., 1894, p. 61, 1897, p. 190.

(3) G. Perrot, Un peuple oublié (Revue des deux Mondes,
1° giugno 1897, p. 630). Taramelli, in Rivista storica, 1897,
recens. ; cf. Modestow, De Siculorum origine quatenus ex vete-

i.
 
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