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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 9.1899

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Orsi, Paolo: Pantelleria
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https://doi.org/10.11588/diglit.9137#0258

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PANTELLERIA

500

« crale, che egli modificò diversamente nei vari paesi,
« ma non a tal punto, che non si possa più ricono-
« scere la forma originaria comune. Nò nella Sicilia.
* nò nella Spagna si trovarono tracce di questo ge-
li nere di monumenti, il che non prova però che ivi
« non sieno mai stati inalzati, poiché questi paesi
« furono percorsi da popoli diversi, i quali modifica-
li rono ed anche mutarono affatto il gusto, 1' arte, le
« costumanze di quelli che li precessero ».

Volgendo a ritroso, mettiamo piede sulle coste afri-
cane più prossime a Pantelleria, donde sarebbesi stac-
cate quelle genti. Che di là esse traggano origine oggi
nessuno mette più in dubbio ; l'Africa è quasi quoti-
dianamente visibile da Cossyra ed anche un piccolo
legno può con mare favorevole compiere la traversata
in 12 ore; maggiore è la distanza dalla Sicilia, che
di rado si scorge dall' isola nera, ciò che nelle navi-
gazioni primitive costituiva un fattore di grande im-
portanza ('). Se i neolitici di Pantelleria fossero di-
scesi dalla Sicilia, è presumibile avrebbero portato seco
qualche nozione della ceramica, e sopratutto della deco-
razione colà in uso, mentre in realtà nulla colà tro-
viamo che ricordi lo stile geometrico-empestico del
primo periodo siculo, diffuso in tutto il sud ed il
sud-est dell' isola. Il piccolo popolo dei Sesi deve es-
sere venuto dall'Africa, perchè occupò una forte posi-
zione sulla costa SE, in vista di quel continente, con
fronte offensiva all' interno ; è dunque un popolo che
sbarca e si accinge a difesa contro una gente (forse
indigeni archeolitici !?) di cui nessuna reliquia è a noi
pervenuta, se pure non lo faceva contro sbarchi even-
tuali di altri affini.

Delle civiltà antichissime dell'Algeria e Tunisia
ben poco oggi conosciamo; questo solo si sa che vi
esistono dolmens, ma del loro contenuto pare sia scom-
parsa ogni reliquia. Le loro forme sono svariate; quelli
più piccoli sono delle modeste cassette coperte di un

(') In 40 giorni di permanenza nell' isola non riuscii a scor-
gere una sola volta la Sicilia, mentre vedevo quasi quotidia-
namente i monti della Cabilia e Capo Bon. Sovente i coatti
di Pantelleria, sequestrando qualche barchetta da pescatori, eva-
sero dall' isola e toccarono l'Africa. Geologicamente Pantelleria
è uno dei pilastri del ponte che unì il continente africano alla
Sicilia, dove si scoprirono tante specie fossili africane; etno-
graficamente essa deve aver compiuto lo stesso officio in epoche
remote, data la breve distanza da Capo Boeo a Capo Bon (clii-
lom. 120). Fischer, Beitraege sur physischen Geographie der
Mittelmeerlaender, besonders Siciliens (Lipsia, 1877, p. 21).

lastrone monolito; da questi si passa ad altri, nei quali
la cella centrale ò circondata di pietre brute in cir-
colo, tenute a posto alla periferia da lastre verticali,
per modo che nello insieme presentano forma di bassi
coni tronchi ('); eccoci dunque sulla via di costruire
un piccolo Sese, adattandovi il materiale locale. Il
dolmen più conservato della necropoli di Gorra (o. e,
fig. 143 e 144) spiega ancor meglio lo sviluppo di
questo tipo ; esso è un ammasso circolare di pezzi con
muro in giro, e coperto superiormente, come la cella
centrale, di lastroni; il tutto poi sarà stato in origine
mascherato da un monte di terra ; la volta della cella
ò formata da un unico lastrone. Questi monumenti
adunque da una parte danno la mano al Sese, dall'altra
al Nurago, nelle loro forme più elementari. A Pantel-
leria la mancanza di terra determinò il tumulo di
pietre, mentre il difetto di lastroni suggerì di neces-
sità le coperture a pezzi aggettanti, quindi la tholos.
Tenuto conto di codeste differenze i Sesi di Pantelleria
ed i dolmens della Tunisia sono costruzioni presso che
eguali, almeno nei loro tipi più semplici e fondamentali.

Nella necropoli di Teboursouk abbiamo una quan-
tità di sepolcri a cassetta in circoli di grosse pietre,
che un tempo dovevano esser pieni di terra, cioè co-
perti di una collinetta artificiale (o. e, p. 153, 154).
Malgrado che nulla si sappia della civiltà di codesto
popolo dei dolmens africani, è già qualche cosa aver
riconosciuto lo stesso rito funebre e quasi la stessa
foggia di sepolcro coi neolitici di Pantelleria.

Aggiungo per ultimo, sebbene questo non abbia
significato diretto nelle comparazioni che veniamo fa-
cendo, come anche in Tunisia ed Algeria esistano ne-
cropoli a cellette cubiche scavate nella roccia, ana-
loghe a quelle della Sicilia

(>) Carton, Découvertes épigraph. et archèol. faites en Tu-
nisie (Paris, 1895), p. 339, fig. 136, 137.

(2) Intorno ad esse v' è ancora parecchia oscurità, essendo
state giudicate variamente siccome berbere, o fenicie, o libico-
puniche (Carton, o. e, p. 368-388). Le più importanti sono
quelle dette di Haouanet-Gastal (Nadaillac, Les prèmiers
hommes et les temps préhistoriques, voi. I, p. 322). Più an-
tiche in ogni caso mi sembrano quelle piccolissime, con soli
cm. 60 di lato, per modo che potevano contenere un unico
scheletro accoccolato, chiuse da un lastrone, esistenti nella
Barberia e sommariamente descritte dal Bertholon, Etvploralioti
anthropologique de la Khoumirie (Paris, 1892, Bull, de geogr.
histor. et descript., p. 68). Per l'Algeria vedi: Letoumeaux.
Monum. funer. de VAlgerie (Archiv fui Anthropol. 1876, p. ::17
e segg.).
 
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