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775 il sepolcrf

IX, n. 3 ; XI, n. 3. Una casseruola di egual forma,
con stupenda patina smeraldina e con manico più
finamente lavorato, si rinvenne l'anno 1897 a Cagli (1),
quindi nell'ambito dell' influenza dell' Etrnria centrale,
insieme con una situi a simile a quella della tav. IV,
n. 21. Al contrario nel territorio felsineo, nè in se-
polcri etruschi, nè in quelli gallici, non si è mai
rinvenuto alcuna casseruola, nò con lungo, nè con
breve manico.

Tegghie. — A Montefortino si è potuto osservare
che quei sepolcri (ad es. n. 8, 23, 32, 35, 46) i quali
contenevano la casseruola a lungo manico, mancavano
della tegghia, la quale por compenso era in altri
sepolcri (ad es-. n. 20, 27, 30 bis, 39, 47) che non
contenevano casseruola. Onde sembra che in alcuni
casi l'uno utensile fosse un surrogato dell'altro. Il
che apparirà più probabile quando si consideri che in
sepolcri di Numana si rinvennero tegghie contenenti
ossa di ruminanti (2); dal che si deduce altresì che le
tegghie usavansi per cuocere non soltanto le torte,
come si era sempre creduto, ma auche pezzi di carne.

Il tipo della tegghia di Montefortino è dato dal-
l'esemplare riprodotto nella tav. X, n. 11. Le tegghie
felsinee sono diverse. Una sola, di età assai antica e
ch'era nel ricco sepolcro del Giardino Margherita con-
tenente il cratere con la scena di Elena e Menelao,
è fornita di due robusti ed eleganti manici posti
verticalmente sull'orlo. Tutte le altre, e sono assai
numerose, mancano di ansa propriamente detta ed
hanno soltanto un semplice e rozzo anello per ap-
penderle.

Della stessa forma sono altresì tutte le tegghie,
mezza dozzina circa, provenienti dai sepolcri gallici
del territorio felsineo. Debbono essere eccettuate sol-
tanto le due tegghie pubblicate nel mio lavoro:
Tombe e necropoli galliche della prov. di Bologna,
tav. V, n. 34 e 38, le quali hanno manico più ro-
busto che può ricordare quello della succitata tegghia
di Montefortino.

Tegghie e casseruole dello stesso tipo di quelle
di Montefortino si rinvennero eziandio in sepolcri etru-
schi dell' Etruria Centrale (:i) ; onde non vi è dubbio

' gallico 776

che anche questi attrezzi di cucina ricevettero i
Galli dagli Etruschi.

G-rattuggia. — E si può essere certi che al com-
mercio con gli Etruschi sono dovuti pure tutti gli
altri utensili rinvenuti in questo sepolcreto, fra i
quali merita, per la sua rarità, di essere particolar-
mente ricordata la grattuggia, edita nella tav. IV, n. 5.
Questo utensile occorse pure, benché di rado, in tombe
etnische di Cere, di Chiusi e di Bologna (')• Una
grattuggia proveniente da una tomba picena di Nu-
mana, conservasi nel Museo di Ancona.

Coltellacci e spiedi. — Tratto di queste due classi
di arnesi in uno stesso paragrafo, perchè nella mag-
gior parte delle tombe che li contenevano (n. 23, 32,
33, 34, 46, 47) essi si trovarono uniti ed in taluna
(ad es. tomba 33) i coltellacci erano stati deposti sugli
spiedi in modo da dimostrar chiaramente che veni-
vano adoperati assieme, vale a dire che gli uni erano
il complemento degli altri. Difatti mediante i coltel-
lacci tagliavasi la carne e riducevasi in pezzi tali
da potersi infìggere negli spiedi, con i quali poi
essa veniva arrostita. Perciò i coltellacci, che nelle
tombe occorsero per lo più in numero di cinque, sei
e sette, sono assai massicci e pesanti, con una lun-
ghezza che varia da quaranta a cinquanta cent, senza
il manico e con grossezza e larghezza proporzionata
(tav. V, n. 13 e 25; tav. Vili, n. 16 e 17; tav. IX
n. 7 e 8). L'uso di questi coltellacci, per tagliare la
carne, è anche indirettamente confermato dal fatto che
dai sepolcri di Montefortino non si ebbero altri or-
degni che potessero servire a tal uopo, se si eccettua
un'accetta rinvenuta nel podere Giampieri in una
delle tombe di guerriero (n. 28).

Gli spiedi opeXoi, (tav. IV, n. 1 ; tav. V, n. 6 ;
tav. Vili, n. 2; tav. IX, n. 13) sono sempre composti
in fasci di sei, sette ed anche otto pezzi ed hanno una
lunghezza per lo più superiore al metro, talvolta di
m. 1,30 e perfino di m. 1,40 il massimo. Tutti gli
spiedi, che erano battuti in testa e forati, trovaronsi
infilati in una maniglia mobile e tenuti uniti mediante
fascette trasversali, collocate a determinata distanza
fra loro.

(') Notizie degli scavi 1897, p. 7.

(2) Notizie degli scavi 1891, p. 153.

(3) Museo Gregor., voi. I, tav. I e tav. XII, n. 2

(>j Milani in Notizie degli scavi 1881, p. 167 ed in Man.
etruschi iconici, pag. 305, nota 7; Zannoni, Scavi della Cer-
tosa, tav. CXLIII.
 
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