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IL VASO DI HAGHIA TRIADA

So Lebrreicb os fiir uns ist, die Wege kennen zu lernen,
auf denen der grieehische Geist sicli zur volien Selbstàndigkoit
zu entwickeln bestrebt war, so lasst sich doch der Wnnsch
ntobt unterdrùcken, nun aueh ein anschauliehes Bild zu ge-
winnen, wie s eh der von Horaer beschriebene Schild in
Wirklichkeit dem Àuge dargestellt habe, um danach zu beur-
tbeilen, bis zu welcbem Grade aucb in der Auffassung und Aus-
fiihrung des Einzelnen sicb griechischer Geist offenbart habo

Brunn, Grieehische Kunstgeschichte, I, p. 81.

Quando sulla fine dello scorso maggio, attratto dalla
fama delle recenti scoperte avvenute in Creta ed allet-
tato anche dall'amichevole invito del prof. Halbherr,
io viaggiava per la terza volta verso la bella isola,
che in un sùbito è diventata la terra promessa degli
archeologi, non mi aspettava certamente nè una sor-
presa così grande, nè un compenso così smisurato
ai piccoli disagi del cammino. Proprio nei giorni, in
cui io correva il Mare Siculo e poi attraversava per
aspre vie tutta l'isola dalla Canea a Phaestos, sulla
collina di Haghia Triada avvenivano le prime scoperte,
sulle quali ha dianzi riferito quegli stesso, che ebbe
l'intuito e la fortuna di farle ; ed al mio arrivo alla
stazione della missione italiana mi vidi presentato
come £eivi'iov il bel vaso, che Omero avrebbe detto
óaiódlsov, uscito fresco fresco dal megaron di uno di
quei palagi, il cui fasto commuoveva la fantasia dei
cantori del buon tempo antico. La cortese e spontanea
offerta fattami dall' Halbherr d'illustrare con una mia
nota il nuovissimo cimelio, non poteva non essere ac-
colta da me con gradimento, e per l'importanza straor-
dinaria della cosa e per l'onore che a me veniva dal-
l'unione del nome mio con quello del primo e più
tenace esploratore di Creta ne' tempi nostri; e se, data
la novità ed anche la parziale stranezza della ma-

teria, io non avrò fortuna nella difficile impresa, mi
compensa sempre a dismisura il piacere della primizia
e della collaborazione col mio maestro ed amico.

A chi osservi le nostre tavole I-III, dove il vaso
è figurato in parecchie vedute, e le fìgg. 2-4 im-
presse nelle seguenti pp. 83-86, non paria certa-
mente esagerato il mio modo di esprimermi, se io
chiamo questo un capolavoro ; chè tale esso è veramente
nel suo genere, e, tenuto conto specialmente dell' epoca
remotissima, alla quale appartiene, esso è per noi ad-
dirittura una rivelazione maravigliosa. Alla nostra
mente ricorrono subito, è vero, le due coppe d'oro di
Vafìo, il frammento del vaso d'argento di Micene ed
i famosi pugnali ageminati della medesima città; ma
se queste opere ci avevano di già mostrato quanto
abili fossero gli artisti dell'epoca micenea, esse tut-
tavia non ci attestavano ancora una tale eccellenza
nell'arte loro, quale ci si rivela oggi pel vaso di
Haghia Triada. Per il genere della rappresentanza
che lo adorna, per l'ampiezza ed il brio della com-
posizione, per la naturalezza e la straordinaria perizia
onde sono eseguite, non solo nell' insieme ma persino
nei piccoli particolari, le singole figure, in una parola
così pel contenuto che per la forma il nostro vaso
supera le opere ora ricordate ; in una sola cosa resta
 
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