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375

L'OLYMPIEION DI SIRACUSA

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caparono tanto della profondità quanto della larghezza
delle fondazioni, forse sapendo che il carattere del
sottosuolo era eguale così a duj come a quattro metri
di profondità; dando quindi molta larghezza alle as-
sise infime, essi intesero preparare un robusto ed
ampio sostegno alla massa templare. Dall'esame della
crosta rocciosa fatto in diversi punti dello stilobata,
e nell'area della cella, mi risulta che i costruttori
levarono lo strato tufaceo superiore, scesero nel sot-
tostante letto di sabbia gialla (vulgo « tiparo » ), soffice,
compatta ed elastica, ed incidendola vi stabilirono le
fondamenta. Uno stratarello, spesso cm. 15, di sabbia
argillosa, sottoposto all'ultima filata di pezzi, vi era
stato messo di proposito, come è stato osservato in
altre costruzioni greche ('), per servire di letto all'ul-
tima assisa.

In complesso adunque i costruttori del tempio non
penetrarono nel suolo vergine per più di un metro,
talvolta anzi meno, il che potrebbe indurre nell'opi-
nione che tutte le strutture epistiliari dell'edificio fos-
sero in legname e terracotta.

La sezione che vedesi nell'angolo inferiore destro
della planimetria presenta uno spaccato accurato preso
sotto la colonna di levante.

Presso lo stilobata orientale l'incisione netta, an-
tica, nello strato geologico appare a m. 1,35 di di-
stanza laterale dalla faccia esterna attuale dei massi
inferiori, e siccome qui la largii, della fondazione è
di m. 3,70 circa, ne consegue che il fosso aveva in-
torno a m. 5,00 di ampiezza.

Nel primo tratto dello stilobata sud il taglio della
roccia si vede a m. 2,30 esternamente dai massi
infimi, ed aggiungendo a questa quantità lo spessore
della fondazione in m. 2,75 abbiamo anche da questo
lato un fosso di circa m. 5,00. Così pure su l'intero fronte
occidentale io potei constatare l'esistenza del fosso
scavato nella roccia, a sezioni nette, e con una largii.

(') Il sistema di fondamentale su sabbie artificialmente
preparate è stato riconosciuto in costruzioni di età disparatis-
sime: nel tempio romano di Atena a Troja, nel teatro di Ma-
gnesia al Meandro, nel Thersileion di Megalopoli, come nel te-
soro di Sibari ad Olimpia (Dorpfeld, Troja 1893. Bericht,
p. 77) Il tempio di Locri Epiz. aveva invece per letto di fon-
dazione uno strato sottile di creta purissima (Orsi, Notizie
Scavi 1890, p. 250; Petersen, Roemiscke Mittheilungen 1890,
p. 177),

costante di m. 5,00. Altrettanto dicasi per il lato
settentrionale.

La costruzione adunque del tempio venne iniziata,
aprendo una enorme fossa rettangolare orientata, dentro
la quale vennero innestate le fondamenta.

IV.

Il materiale e la tecnica.

Il materiale di costruzione è rappresentato da po-
derosi blocchi rettangolari di un calcare tufaceo di
qualità ordinaria delle cave prossime alla città ; esso
è ben distinto dal calcare candido a grana fine e
compatta, di qualità superiore, che vedesi impiegato
nelle fabbriche di età buona ed ellenistica, e che pro-
viene da cave lontane (Melilli, Fontane Bianche), non
conosciute o pochissimo sfruttate nei primi tempi della
vita di Siracusa. I blocchi squadrati ad ascia, ma
non sagomati o politi con quella estrema precisione
che si osserva nelle costruzioni del sec. V e seguenti,
hanno tutti dimensioni rilevanti che si aggirano in-
torno a m. 2,00 X 0,90-1,00 X 0,60-0,92. L'assisa in-
fima è in genere formata di massi più piccoli. Anche
nella sovrapposizione delle filate non è costantemente
osservata la norma, di rigore nei buoni tempi, di co-
prire le giunture verticali di due massi col centro
del masso superiore. Le faccie verticali di combacia-
mento non sono sempre a piombo, ma sovente diver-
genti nei due terzi inferiori, per modo da lasciare un
tenue vano a triangolo isoscele ; il taglio verticale
netto è sempre mantenuto nell'assisa suprema.

Fori di spinta ne ho riconosciuti parecchi nelle
fondamenta dello stilobata nord, me sono rudimentali,
e piuttosto eccezioni che regole; di chiavi metal-
liche di legamento nessuna traccia. In complesso
tutti i particolari tectonici denotano un notevole ar-
caismo.

Il materiale deve esser stato sgrossato e lavorato
in posto, giacché l'area interna della cella e le inter-
capedini dello stilobate sono colmi di brecciame e di
scaglie, relitti di lavorazione. Di stucco alle colonne
non si riconosce più traccia; esso è certamente scom-
parso per l'azione delle pioggie, e per l'erosione della
salsedine marina.
 
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