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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Patroni, Giovanni: Nora: colonia fenicia in Sardegna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0113

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20!)

NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

210

0 Più sparsamente, non già tutti raccolti in una tomba ;
e viceversa in questa dovremmo trovare più ceramica
impana e meno attica.

Fig. 33.

B) Vasi campani.

Se il commercio dei vasi attici non ebbe mai im-
portanza a Nora — e pare che non ne avesse per la
Sardegna in genere — per contrario è abbondantis-
simo il vasellame fabbricato in Campania; di eocci
campani è talmente cosparso il suolo di Nora, che
essi gareggiano per quantità con la stessa ceramica
''Ustica locale di uso comune, e la medesima abbon-
danza si nota a Tharros e perfino nel territorio della
Si'eca Olbia, che invece non emerge punto come luogo
di trovamento di vasi greci. La importanza commer-
ciale della fabbricazione di ceramica in Campania non
ei'a finora stata rilevata, perchè le fabbriche dell'Italia
Meridionale non erano state studiate e classificate,
come io feci per la prima volta in un'opera che ho
Sia avuto occasione di citare. Ma io stesso non intuii
^ problema commerciale se non quando conobbi la
Sicilia, e non ne vidi la portata se non dopo aver
conosciute anche la Sardegna e Cartagine.

Sembra che negli ultimi decenni del V secolo,
Per un complesso di cause, fra le quali primeggia
scnza dubbio l'accentuarsi della rivalità con Siracusa
che condusse alla infelice spedizione di Nicia, Atene,
Monumenti antichi — Vol. XIV.

le cui rinomatissime officine ceramiche davano nome
ad un intero quartiere della città, perdesse la clien-
tela della Sicilia. Questa, che non aveva officine di
vasi verniciati e dipinti, se ne provvide in Campania.
I mercanti campani vennero in Sicilia a contatto con
l'elemento fenicio, e ne acquistarono la clientela, e
forse per mezzo loro ebbero commissioni da Carta-
gine (') e a poco a poco da tutto il mondo punico. Essi
erano tanto meglio in grado di acquistarsi la clien-
tela di tutti i Fenici occidentali, in quanto che non
si limitavano alla fabbricazione di ceramica dipinta
(la quale per i soggetti greci nel costumo e nelle
idee religiose, benché con tinte locali, veniva prefe-
rita nelle colonie siceliote e non bene accolta dai Fe-
nici, che non avevano mostrato inclinazione neppure
per la ceramica dipinta ateniese), ma si erano anche
dedicati alla fabbricazione di vasi verniciati di nero
senza figure, semplici o talora con piccoli ornati
bianchi, genere in cui si perfezionarono e con le offi-
cine di Cales ebbero celebrità fino in tempi romani.
Questo genere di ceramica piacque ai Fenici d'occi-
dente, e si diffuse enormemente in tutto il mondo
punico.

L'enumerazione dei tipi di ceramica campana rap-
presentati negl' ipogei norensi è dunque come il sunto
marginale di una grande pagina di storia economica
e sociale che abbiamo ricomposta; e questo sunto ha
tanto maggiore importanza in quanto che nella mia
opera intorno alla ceramica dell'Italia meridionale io
lasciai da parte i vasi senza pitture, nò altri ha finora
studiato in modo esauriente questo genere di pro-
dotti (2).

Fra i vasi campani predominano a Nora (come
anche, per quanto io ho potuto osservare, in tutta la
Sardegna e a Cartagine) le forme di piatti, scodelle,

(') Cartagine ha finora dato buon numero di vasi campani,
come ho verificato coi miei occhi. Le indicazioni date riguardo
ad essi sono sovente inesatte o erronee, specialmente nei rap-
porti del p. Delattre. In quello p. e. sul secondo semestre di
scavi nella necropoli di S.a Monica, il cratere fig. 15, indicato
come cartaginese, e il piatto fig. 16 detto etrusco, sono cam-
pani; il grazioso medaglioncino fig. 17, giudicato pure etrusco,
è attico.

(2) Ho però avuto occasione di descrivere la importante
collezione di Capua, ove si troveranno più completamente rap-
presentate le forme e descritte talune particolarità di questo
genere di vasellame (Catalogo cit., nn. 346-G64).

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