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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Patroni, Giovanni: Nora: colonia fenicia in Sardegna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0131

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245

NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

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numero esistente in musei esteri) che sono conosciute
Per via di disegni, principalmente dall'opera beneme-
rita del Perrot e dal Corpus Inscriptionum Semi-
ticarum. Nelle stele africane il disegno è barbaro;
la simbolica più complicata, ricordante la magia
e la demonologia dei bassi tempi ; gli elementi tolti
dall'ellenismo abbondano; la composizione è slegata.
Nelle stele di Nora il disegno è severo ove lo stile
e egittizzante, più fermo e meno barbaro anche dove
e rozzo e locale; la simbolica è semplicissima, con-
veniente alla religione nella sua fase arcaica; gli
dementi greci non appariscono se non in un solo caso ;
la composizione è stringata, unica preoccupazione è
la rappresentanza della divinità entro il suo taber-
nacolo più o meno adorno, in quel tabernacolo che
e la caratteristica del culto della stirpe ('). Più d'un
demento, come l'architrave sagomato a gola egizia,

il disco che lo decora, il fregio di urei, si potrebbero
dalle edicole di queste stele restituire con fondamento
in una ricostruzione del santuario di Tauìt a Nora;
l'edicola a due colonne da ciascun lato, che ricorre
talvolta, sembra accennare ad un porticato che, come
abbiamo proposto di immaginare, circondava il dado-
altare ove era esposto alla venerazione il simulacro
betilico della dea, forse sopra una sacra mensa che
pure vediamo riprodotta in varie stele.

Ma v'ha di più. Se noi paragoniamo le stele fu-
nebri figurate di Nora agli oggetti d'uso comune in
cui pure si esplicava per mezzo delle arti figurative
l'idea religiosa (amuleti, scarabei-sigilli, gioielli ecc.),
noi vediamo che le prime manifestano uno stadio più
arretrato della coscienza; fenomeno che non può spie-
garsi se non ammettendo il carattere in massimo
grado conservatore della religione dei defunti, la quale

(') Anche in confronto delle stele di Hadrumetum, gradi-
ate con ragione più antiche e di stile migliore e più severo
e quelle di Cartagine, le stele di Nora vincono in sempli-
tlta e carattere genuino per stile e concetti (cfr. Gaiette
archéologique 1884, pp. 51 sgg. e tav. VII; Perrot et Chipiez,
VArt, III, pp. 461, 463, figg. 337, 338; Pietschmann,
oria dei Fenici (nella Storia Universale illustrata, pubbl.
aa G- Oncken, voi. V, Milano 1899), p. 256. In una di queste
6 eie ricorre un vaso simile a quelli delle stele norensi, sor-
montato dal disco con la lunula; ma nel compartimento infe-
lore vedonsi due caducei, presi a prestito dall'Hermes tfmx<>-
°!*nós, e cne neua serie norense non ricorrono mai. In una
«tra stela di Hadrumetum è figurato una specie di ricco pa-
' 'glione, sorretto da due pilastri il cni capitello è una pro-
ne muliebre con disco e lunula, dunque una divinità lunare,
"'entre nell' architrave, sotto un fregio di urei discofori, è rap-
Presentatn il disco solare con urei ed alato. Una simile confu-
°ie o sovrapposizione di simboli è quasi del tutto estranea

* le 8tele di Nora, ove ricorre una volta sola (n. 17; nel n. 80
1 disco alato sta a proposito su una figura di Baal). E che
S1 tratti di complicazioni e giustaposizioni, in confronto della
Se|nplicità ed unità del concetto religioso che troviamo a Nora,
|, nno a dimostrarlo due altre etele di Hadrumetum, recanti

due e l'altra tre gruppi di tre pilastri-betili ciascuno,
i simboli di una coppia divina e di una trinità, il che a
x °ra non accade mai.

In quanto alle stole di Cartagine, vi ricorrono bensì ele-
menti comuni alle norensi ed a tutto il mondo punico ,'p. e.,
' tipi della figurazione betilo-antropoide di Tanìt, cfr. Per-
rot et Chipiez, Hisl. de VArt, III, p. 79, figg. 29 e 30), ma
fumisti ad una serle di elementi affatto locali e particolari
e Africa punica, che non hanno alcun riscontro in Sardegna
'"ii aperte adoranti, pesci, tori, ipopotami, elefanti, alberi

* l'alma, melograno ecc., cfr. ibid. pp. 458 sgg., figg. 327-336).
i elementi greci, che vi abbondano, soprattutto nell'architct-
ra> appartengono non all'arcaismo, ma all'epoca tarda, le

Proporzioni delle colonne sono esili, gli ordini predominanti
1(>nici o compositi (cfr. ibid. pp. 52 sgg., figg. 13-16; p. 455,

fig. 326). La stela di Abdeschmun già citata (ibid. p. 253,
fìg. 192) offre nel riquadro inferiore la Tanit, nella forma be-
tilo-antropoide, avente ai lati due colombe che le volano presso
il capo, ma è la stela norense n. 51 che ci dà la chiave di
questa rappresentanza derivata da uno schema antichissimo, e
ci dice che le due colombe sono due emanazioni della dea che
possono anche assumere figura umana; nel riquadro superiore
poi della stela di Abdeschmun si ripete la medesima Tanìt,
ma in una forma nuova, di protome muliebre alata reggente
l'attributo lunare, collocata sotto la volta del cielo. Questa
forma si avvicina più alla concezione della Virgo caelestis dei
tempi romani che a quella dell' antica dea della natura, cui le
stele norensi sono invece fedelissime. Assai interessante è la
stela cartaginese il cui disegno è riprodotto a fig. 14 della
citata opera del Perrot, ma esso parrebbe un indovinello senza
la stela norense n. 51. Tra le due figurette schematiche, in-
vece del simbolo di Tanìt, come in quella di Nora, si vede
qui la mano adorante che per solito sta nel fastigio superiore,
come nella stela di Abdeschmun ; Tanìt è dunque rappresen-
tata ipostaticamente dalla stela stessa, come nella serie no-
rense con due betili. Ma si resta in dubbio se gli artefici car-
taginesi intendessero il significato degli antichi schemi del-
l'arte religiosa, al pari dei norensi.

Lo stesso concetto architettonico delle edicole rappresen-
tate nelle stele di Nora è più proprio della madre patria che
di Cartagine. Un rilievo di Sidone rappresenta un'edicola con
fregio di urei, affatto simile a quello delle stele sarde (Renan,
Mission de Phénicie, p. 365 = Perrot et Chipiez, Ilist. de
VArt, III, p. 124, fig. 62), e quali erano del resto nella loro
realtà i tabernacoli di Amrit. Le stele di Nora sono adunque
monumenti d'arte e di religione fenicia, non punto specifica-
mente cartaginese. Io estenderei questa conclusione a tutta
l'isola di Sardegna, e spero che presto, pubblicando ed illu-
strando com'essa merita la serie di stele sulcensi conservata
al Museo di Cagliari, altri accresca il numero dei dati sui
quali si potrà cominciare a giudicare le antichità sardo-fenicie
più giustamente che non si fece finora.
 
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