Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

DOI Artikel:
Patroni, Giovanni: Nora: colonia fenicia in Sardegna
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0134

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
251

NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

252

la civiltà indigena era già esaurita, aveva percorsa la
sua parabola discendente prima che la stabile venuta
di coloni fenici nell'isola avesse potuto dar luogo al ma-
nifestarsi di reciproche influenze. E la civiltà dei nu-
raghi, di cui i più recenti studi hanno mostrato le
affinità e la cronologia, porta in se stessa i segni di
tutta una evoluzione. Se è dunque un errore credere
che la civiltà dei nuraghi possa essere stata ali-
mentata da influenze fenicie o peggio cartaginesi, altro
errore sarebbe il pensare che l'arrivo dei coloni fe-
nici l'abbia violentemente interrotta. Evidentemente i
Penici hanno occupata un' isola già da lungo tempo
depauperata e decaduta, la quale aveva però durante
il secondo millennio av. Or. traversato un'epoca di
grandezza e di potenza marittima, senza la quale non
si spiega il fiorire della civiltà dei nuraghi, che an-
cora attesta nella Sardegna il paese allora più pro-
gredito, organizzato e forte di tutto l'occidente. In
quell'epoca i Sardi ebbero relazioni molteplici con le
popolazioni marinare dell'Egeo e con le principali na-
zioni dell'oriente, principalmente con 1' Egitto, il che
spiega tra l'altro come si trovino nell'isola non solo
oggetti di stile egizio imitati o contraffatti dai Pe-
nici, ma anche oggetti egizi genuini. Perduta poi, in
seguito a rovesci, la potenza marittima, gli abitanti
dell'isola, in presenza dei navigli più progrediti dei
popoli orientali che venivano a solcare le loro acque,
si erano ritirati sospettosi verso l'interno, alienan-
dosi dalla vita marinaresca e condannandosi in tal

modo ad una inferiorità, dalla quale non più risor-
sero (').

pertinenti al IV o forse anche al V secolo a. C, i quali hanno

restituito un materiale ceramico del tutto diverso.....; quasi

con certezza perciò può ritenersi che la sua produzione fosse
se non del tutto cessata, almeno in piena decadenza al prin-
cipio del predominio punico » (col. 235). L'autore ha qui di-
menticato come lo stesso Helbig, il quale tanto ostinatamente
ripete, dai suoi vecchi Cenni sopra l'arte fenicia {Ann. del-
l'ht., 1876, p. 197 sgg.) fino alle ultime edizioni dell'ics
omerico spiegato coi monumenti, l'errore di non vedere in Sar-
degna se non Cartaginesi, è però d'avviso che l'occupazione
punica avvenisse « al più tardi » negli ultimi anni del VI se-
colo (L'Epopèe ffonUrique, trad. Trawinski, p. 36, nota). Ma
più innanzi il Pinza dimentica pure di aver limitato ai Cartagi-
nesi e posta in epoca così recente la colonizzazione della Sar-
degna, e parla della « remota antichità cui risalgono le colonie
fenicie di Caralis e di Tharros « (col. 277). Anche qui, come
già altri notarono per altri rispetti, il Pinza non mostra di
avere un concetto chiaro delle antiche civiltà letterate e dei
loro rapporti storici con quella da lui studiata.

(') Non è qui il luogo di discutere ampiamente la rico-
struzione della protostoria sarda nell' epoca prefenicia, che io
qui propongo. Storici eminenti dell'antichità, come Edoardo
Meyer, e scienziati del valore e del nome di un Max Muller
hanno recato sulla identificazione dei Shardana, ricordati nella
iscrizione di Karnak, con i Sardi (già proposta dal De Rougé
c dallo Chabas) ben altro giudizio che il Pais ; studiosi più
familiari che i puri paletnologi con la cultura storica hanno
visto meglio del Pinza negli stessi monumenti i rapporti tra
le antichissime civiltà letterate dell'oriente, già storiche, e la
principale civiltà d'occidente, la sarda, ancora preistorica, per-
chè illetterata. È però deplorevole che in una memoria la quale
tali rapporti mette in luce (Spinazzola, Di alcune antichità
sarde, in Rendic. dell'Accad. di Archeol. Lett- e B. A., Na-
poli, anno XVI, 1902, p. 217 sgg.) abbiano invece fatto difetto
alla integrazione di quel lontano passato alcune elementari co-
gnizioni di paletnologia. E assurdo fare con l'autore le domus
de janas posteriori ai nuraghi e vedere in esse le tombe di
una gente che scendeva dal nord « con l'arte del bronzo » e
assai tempo dopo che la Sardegna era stata occupata dai Shar-
dana ossia dal popolo dei nuraghi (giunti secondo l'a. nel
XIII sec. av. Cr.) vi sarebbe penetrata per la via della Cor-
sica (p. 332-3). Non è possibile distaccare le domus de janas
sarde dalle tombe a forno della Sicilia e dalle sepolture ana-
loghe del continente, per le quali è provato che appariscono
nell'epoca eneolitica, ed appartengono al medesimo popolo il
quale occupava le spiagge e le isole del bacino occidentale
del Mediterraneo fino dall'epoca neolitica. Nulla ci autorizza
a datare da un'epoca più recente le antichità analoghe della
Sardegna; anzi, come altrove osservai, si potrebbe ben a ra-
gione ritenere più antico l'eneolitico sardo, o almeno più an-
tica in Sardegna la fine di quel periodo, appunto perchè in
quell'isola sorse la speciale civiltà dei nuraghi, il cui svolgi-
mento, cadendo tra la prima età dei metalli e la colonizza-
zione fenicia, importò senza dubbio parecchi secoli (cfr. Not.
d. scavi 1901, p. 389). Ma la Sardegna sconta amaramente la
sua grandezza dell'epoca nuragica, perfino con l'ingiusto scru-
polo nell'assegnare una data conveniente ai monumenti della
sua civiltà. Questo errore, troppo comune, deriva dal conside-
rarla con i criteri delle condizioni di oggigiorno, secondo le
(piali un'isola alquanto lontana dal continente riceve con ri-
tardo l'influenza e i prodotti della civiltà e s'impoverisce. Ma
nel secondo millennio av. Cr. i fenomeni sociali nel Mediter-
raneo erano ben diversi. Allora condizione favorevole ad una
grande isola era il trovarsi lontana, sfavorevole esser vicina
al continente; e nel primo caso la popolazione si univa ed
organizzava meglio, diventava più forte sul mare, stabiliva una
talassocrazia, e la grande isola lontana diveniva fattore attivo
e non passivo della civiltà; nel secondo le comunicazioni che
tendevano a stabilirsi col vicino continente impedivano l'indi-
pendenza e il sorgere della potenza marinara, e in complesso
ritardavano la civiltà. Perciò il centro della civiltà egea fu
Creta e non Cipro. Perciò i Fenici trovarono nella Sardegna
un popolo che aveva riempita l'isola di meravigliose costru-
zioni ciclopiche, lavorava ottimamente e abbondantemente il
bronzo e tentava l'arte figurata, mentre nella Sicilia, allora
poverissima e barbara, al pari della penisola italica, non ave-
vano trovato che piccole orde viventi in capanne leggere di cui
 
Annotationen