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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Savignoni, Luigi: Scavi della missione italiana a Phaestos 1902-1903: rapporto preliminare
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0334

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651

SCAVI E SCOPERTE

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dentro un vaso, si presta al paragone con quello testé
divulgato di un'arca di Artsà, almeno per l'analogia
del concetto ('). Così la notizia conservataci da Ero-
doto della usanza propria dei Nasamoni, di seppellire
i loro morti seduti, diviene sempre più intelligibile ed
acquista per noi tanto maggior valore ora che le sco-
perte ci rivelano le antichissime relazioni tra Creta,
particolarmente Phaestos, e la Libia, di cui quelli
erano appunto una delle popolazioni indigene (2).

Ora ciò sembrerebbe in contradizione con quanto fu
osservato a Lilianà, dove infatti fu verificato che solo
in pochi casi l'arca conteneva un solo scheletro, e questo
raramente anche colle ossa in quell'ordine che risulta
necessariamente dalla posizione predetta; più spesso
invece le ossa appartenevano a più individui e per
giunta in disordine. Ma ciò si spiega appunto ammet-
tendo (nè vi è, a mio parere, altra possibilità) che,
quando un nuovo seppellimento si faceva in una stessa
tomba non atta a contenere altre arche, si vuotasse
una delle esistenti trasportando le ossa in un'altra
e in quella vuotata si deponesse il nuovo cadavere, e
che ciò si ripetesse più volte secondo i bisogni. Quando
poi non si potevano o non si volevano più utilizzare
le arche di già occupate, si deponevano i cadaveri sul
suolo, come è il caso di Lilianà e di altre tombe ana-
loghe cretesi, recentemente scoperto ad Artsà ed a
Mulianà (3). Allora veramente le arche diventavano
ossilegia, non tuttavia nel senso proposto dall' Orsi.
Che questo costume si praticasse in Creta nella tarda
epoca micenea, unitamente al rito della semplice de-
posizione in terra, lo conferma il caso singolare di
una tomba a tholos di Erganos, in cui in mezzo alle
ossa di parecchi scheletri era un'urna cilindrica con-
tenente il cranio ed alcune ossa, non tutte, di un altro
individuo, forse del capo della famiglia (4).

(!) De Morgan, Recherches sur les origines de VÉgypte,
voi. II; Ethìiographic préhistorique, p. 132 segg.; l'esempio
su citato è alla fig. 470. Ne devo l'indicazione al prof. L. Pi-
gorini. Cfr. El Amrah and Abydos, per D. Kandall-Maciver e
A. C. Mace, 1902, p. 10 segg., tavv. II e III.

(2) Herodot. IV, 190; relativamente a Creta già opportu-
namente ricordato dall'Halblierr a paragone colle citate tombe
di Erganos la cui piccolezza non permetteva distendere i cada-
veri. Per le relazioni colla Libia cfr. ancbe le mie osservazioni
in Monumenti antichi, XIII, p. 120 segg.

(3) Xanthudidis, loc. cit. La surriferita spiegazione, che io
approvo, è sua.

(4) Halbberr, loc. cit., p. 271 segg., fig. G.

III.

Saggi di scavi in varii luoghi.

Ad occidente della predetta località continuano altre
colline comprese nel nome Zuiiioyhiv %h xwQctyi, nel
cui soprassuolo si vedeva disseminato un gran numero
di frammenti di casse fittili e di vasi appartenenti
alla medesima epoca, ciò che prova che le tombe si
estendevano anche da quella parte. Ma le fosse di
saggio ivi praticate non dettero alcun risultato. Si
scopersero soltanto i resti di due editìcii rettangolari
d'ignota destinazione ed epoca. Uno solo dei loro
muri conserva l'intera lunghezza che è di m. 3,60
nel primo e di m. 1,80 nel secondo; il muro opposto
è completamente distrutto.

Nell'interno del primo erano frammenti di ogni
genere, un pezzo di macina in pietra porosa, mattoni,
frantumi di vasi e di casse, ed anche molti frammenti
di pithoi a varia decorazione in rilievo, cioè linee
spezzate, spirali, ornati semilunari, ecc.

Al posto del secondo, a quanto ci fu riferito, si
trovarono alcuni anni fa numerose statuette di terra-
cotta, virili e muliebri, assise e stanti, alcune con
vaso in testa, altre con bambino sulle spalle, un por-
cellino, ecc., che fanno pensare ad un deposito votivo
di tempi più tardi.

Tra i frammenti raccolti ora da noi in quei pa-
raggi, oltre ad una lampadina ed un porcellino fittile
senza testa e senza gambe di arte sviluppata, ricorde-
remo specialmente una specie di borchia di steatite nera
(tav. XL, n. 20) perforata nel mezzo e tornita di sotto
come un bottone, mentre la superficie superiore, che è
piana e contornata da un giro rilevato e intaccato, pre-
senta dei segni incisi che arieggiano un poco quelli delle
tabelle fittili trovate a Knossos ed a Phaestos e un
po' più alcuni di quelli graffiti nelle fusaiole di Hissar-
lik ('); in ogni modo non si potrebbero giudicare fortuiti.
Diam. m. 0035, alt. m. 0,015; il diam. del buco è di
7 mm. L'uso dell'oggetto non è chiaro (2).

(<) Cfr. specialmente il n.5252 della tav. VII di H. Schmidt,
Schliemanrìs Trojanische Alterthumer.

(s) Forse si può paragonare con un dischetto premiceneo
di avorio trovato a Palackastro; Annual of the British School,
VIII, p. 296, fig. 13.
 
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