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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Orsi, Paolo: Camarina: campagne archeologiche del 1899 e 1903
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0398

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CAM AR1NA

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della robustezza, e risente quasi della compressione
esercitata dalla massa metallica sopportata dalla figura.
Anche il tripode di Metaponto ha il coronamento
delle gambe cilindriche formato da codeste palmette
affiancate da fior di loto chiusi ; e poiché il Savignoni
ha dottamente analizzata la genesi di questo motivo,
io rimando il lettore allo studio suo (op. cit., col. 56-57).
Noto soltanto che la forma della palmetta è ancora
decisamente arcaica, ed affatto diversa nella sua con-
formazione da quella delle tazze attiche ('); e mi
basti aver insistito su questo carattere del capitello,
senza diffondermi in un esame circostanziato dei più
arcaici monumenti congeneri (2).

E nemmeno io mi propongo di fare la genesi della
cariatide (3); certo è però, che assai tempo prima
delle nobili ed eleganti figure della tribuna del-
l' Erechtheion e del mausoleo di Alicarnasso, questa
felice invenzione tectonica ed architettonica aveva
trovata la sua applicazione nella grande e nella media
arte. Il bronzo camarinese è una non ignobile prova
di ciò, ed occupa un posto ragguardevole nella serie
cronologica.

Fra le mille sorprendenti rivelazioni dei fortu-
nati scavi di Delfo, vennero fuori anche quattro ca-
riatidi in marmo, che decoravano il tesoro di Cnido,
e probabilmente anche quello di Siphnos. Distrutta
per sempre la leggenda dell'origine della cariatide
dalle donzelle di Caryae, i fatti acquisiti dalle sco-
perto delfiche sono l'apparizione della cariatide nel
VI secolo, cioè un cent'anni prima dei più antichi
monumenti dianzi noti, e l'importazione di codesto
nuovo elemento plastico dall'oriente greco (4), elemento
che viene ad apparire come tipo già definito e costi-
tuito sul suolo greco. A provarne la sua origine orien-

C) Winter, Jahrbuch, 1892, p. 105.

(2) Per le forme più antiche di origine certamente asia-
tica vengasi Puchstein, Das jonische Capiteli, p. 56; Koldewey,
Neaudria, p. 34. Per la grande affinità di forma e di strut-
tura, ricordo lo sculture arcaiche di Akrai, certo del VI sec,
ora al Museo di Siracusa, e pressoché sconosciute (Serradifalco,
Antichità di Sicilia, voi. IV", tav. XXXIII, flg. 6).

(3) Articolo antiquato ed insnfficente di Chipiez s. v. in
Darembcrg et Saglio, Dictionnaire, I, p. 929. Invece assai più
vasto e completo, almeno per la parte arcaica, quello di Ho-
molle, lì CU., XXII, p. 625 segg.; a cui fa giusto complemento
il Perrot, Histoire de l'art d. Vantiq., Vili, pp. 385-398.

Ci llomolle, BCIL, XX, pp. 581-602; pp. 590-598; XXIII,
pp. 017-635, tavv. VI-VIII.

tale basterebbero da sole le Charites che sorreggevano
il piede del trono di Apollo in Amycle, opera di
Batycles di Magnesia (Pausania, III, 18); ma se
queste restano ancora nel puro campo letterario, l'Acro-
poli di Atene ci ha restituito dagli scarichi preper-
siani un'opera marmorea, alquanto più antica delle
statue di Delfi, e di arte ionica, senza presumere di
attribuirla propriamente ed esclusivamente ad una
ipotetica scuola di Naxos. Tale opera sarebbe stata
del più alto interesse per lo studio della nostra classe
di monumenti, se non ci fosse pervenuta in fran-
tumi. Sono infatti soltanto « Fragmente eines von
« secbs weiblichen Figuren getragenen reich orna-
li mentirteli Beckens etc. » ('); delle figure muliebri
rigide, quasi 'Sóava, non ci è pervenuta veruna testa,
ma dall'andamento delle braccia di una si vede che
non erano, come nel nostro bronzo, sollevate, ma ac-
costate al corpo di guisa, che il braccio posava di-
rettamente sulle teste senza puntelli laterali. Questo
tentativo ardito di affidare allo ì-óavov muliebre l'uf-
ficio di pilastro è forse qui affermato per la prima
volta in un'opera di rilevanti dimensioni, sicuramente
anteriore al tesoro dei Cnidii, e che rappresenta il
primo esperimento di traslare dal piccolo al grande
la cariatide ; il monumento dell'Acropoli starebbe così
intermedio fra le opere vascolari e le architettoniche;
ed il fregio a palmette con giragli, ancora duri e le-
gati, che decorano l'orlo del soprastante bacino, di-
cono di per sè dell'indirizzo a cui l'opera era in-
spirata.

Passando sopra a tutta le serie dei piccoli bronzi,
per lo più del secolo V, pertinenti a specchi ed a
vasi, ove figure muliebri panneggiate ed efebiche nude
fungono da manico, da piede o da sostegno, basterà
il fin qui detto per assegnare al bronzo camarinese
il suo giusto posto.

Gravità maestosa, immobilità solida e robusta,
senza sforzo palese nelle forme rigide ma pur slan-
ciate e solennemente erette, grazia severa e compas-
sata eleganza insieme fuse e congiunte danno come
risultante un felice connubio della plastica colla tecto-
nica, della decorazione colla statica. 1 fonditori del

(') Sauer, Athen. Mittheil, 1892, p. 41, n. 24, tav. VII.
È noto come il tentativo del Sauer di ricostruire una scuola
naxia, formando la lista delle sue opere, non abbia incontrato
favore tra i dotti.
 
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