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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0137

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261

MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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chiesa di S. Caterina, apparve il muro, d' opera cosid-
detta serviana, ancora esistente nel giardinetto che è
nel mezzo della piazzetta di fronte alla suddetta chiesa
in via Nazionale. Adiacente a cotesto muro, nel de-
clivio del colle verso il Campo Marzio, si ritrovò, in-
cavata nel sottosuolo tufaceo, una tomba a camera a
pianta rettangolare, la cui volta era stata anticamente
distrutta. Nè l'estensore del rapporto citato in nota,
nè altri dopo di lui avevano intuito la importanza ca-
pitale di cotesta scoperta per determinare la crono-
logia, allora indiscussa, delle mura serviane ; non me-
raviglia quindi che riguardo alla posizione relativa di
quei monumenti si limiti ad attestarne l'immediata
vicinanza e riguardo ai corredi lo scrittore delle No-
tizie non abbia pensato a controllare le errate in-
dicazioni relative al materiale medesimo, evidente-
mente almeno in parte confuso nel Magazzino della
Commissione archeologica. Per fortuna se a quest' ul-
tima confusione pone rimedio il rapporto scritto all'atto
stesso della scoperta dal Buonfanti, edito in nota,
alla incertezza topografica cui ho accennato rimedia la

tizie degli scavi, si riferiscono alla medesima scoperta; le discre-
panze si debbono alle circostanze diverse in cui furono redatti. I
rapporti degli ispettori della Commissione erano compilati sul
posto stesso in cui avveniva la scoperta, ed ogni sera trascritti
nel libro dei verbali ; quelli pubblicati nelle Notizie, dovuti ad
altra mano, sono stati scritti talora qualche tempo dopo la sco-
perta, quando il materiale ritrovato era già stato ripulito dalle
terre e collocato nel Magazzino. Ciò risulta all'evidenza dal
confronto del Rapporto colle Notizie degli scavi citati nella
nota seguente ; ed è quindi evidente il valore assoluto della
notizia fornitaci dal Buonfanti. Le divergenze che si notano
colla relazione pubblicata nelle Notizie si spiegano assai age-
volmente se si considera che la scoperta alla quale accennammo
inni fu apprezzata quanto meritava e che il poco materiale rin-
venuto, di nessun pregio in se stesso, fu conservato con poca
cura, cosicché in magazzino poterono accidentalmente infran-
gersi i vasi etrusco-campani ritrovati interi dal Buonfanti, e
confondersi questi corredi con altro materiale analogo ugual-
mente dispregiato. Così si spiega come le Notizie descrivano
in cocci i vasi italo-greci od etrusco-campani ehe il Buonfanti
raccolse intatti, così si spiega ancora come fra questi cocci siano
menzionati alcuni policromi e come alle due arule con donna
seminuda sedente su di un toro, sia succeduta la menzione di
« alcune » con rilievo di Tetide portante le armi ad Achille.
Una ulteriore conferma a tale ipotesi si ha nel fatto che nel
Museo non esistono più i vasi etrusco-campani raccolti e de-
scritti dal Buonfanti; ciò infatti lascia supporre che siano stati
casualmente infranti e quindi gettati via, come avvenne della
maggior parte di quelli raccolti in quantità enorme entro la
tomba a camera del viale Principessa Margherita, dei cui cor-
redi non restano oggi nel Museo che pochi oggetti, conservati
perchè appariscenti ed intatti.

Forma Urbis del Lanciani, in cui sono graficamente
rappresentate nella loro relativa posizione così il muro
« serviamo » come il sepolcro. Quest' ultimo, una sem-
plice cella rettangolare, era scavato nei fianchi di una
piccola insenatura del colle verso il Campo Marzio,
coli'ingresso aperto in piano lungo l'asse della cella,
verso Nord. Di cotesta insenatura, oggi nascosta dagli
scarichi e dalle fabbriche, si approfittarono i costrut-
tori del recinto serviano per praticarvi una porta, che
difesero, secondo il consueto loro sistema, piegando in-
dentro ad imbuto le estremità della cortina. La fian-
cata destra, per chi entrava nel recinto, della quale
restano appunto gli avanzi nel giardinetto di piazza
Magnanapoli, seguendo il margine della insenatura
alla quale ho accennato e rettificandola, dovette adun-
que necessariamente, come del resto lo mostra la
Forma Urbis, tagliare o almeno bloccare l'ingresso
del sepolcro. Nelle terre che riempivano il vano della
grotticella, si raccolsero i seguenti oggetti :

a-d) Quattro vasi interi privi d'ansa, uno dei
quali munito di coperchio.

e) Coperchio fìttile più grande di quello al quale
ho precedentemente accennato.

/) Scodella a vernice nera.

g) Vasetto col corpo baccellato, parimente a ver-
nice nera.

h-i) Due arule fittili intera l'ima, rotta e man-
cante di alcuni pezzi l'altra, ornate, secondo il Kap-
porto dell'ispettore della Commissione archeologica co-
munale, a rilievo rappresentante una figura muliebre
seminuda giacente su di un toro. I vasi f-g) certamente,
quelli a-é) con ogni probabilità erano di fabbrica etru-
sco-campana o italo-greca, come allora si diceva, cioè
a vernice nera lucente.

Le fabbriche private che avevano cagionato la di-
struzione della volta, debbono riferirsi al secolo III o
IV dopo Cristo; il materiale ritrovato fra le terre che
riempivano il sepolcro spetta invece interamente al
secolo III o IV avanti Cristo; è quindi assolutamente
da escludersi il dubbio che si tratti di materiale ca-
duto nel sepolcro dopo il crollo della volta, ed è certo,
anche per le analoghe associazioni di arule fittili con
materiale etrusco campano, osservate in altri sepolcri
rinvenuti presso la chiesa di S. Vito, che il materiale
ritrovato in questo ipogeo fa parte dei corredi funebri
anticamente ivi deposti.
 
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