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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0211

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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getti che non trovino riscontri in quelli rinvenuti a
nord dei colli albani nel Latium vetus.

In Campania e nelle regioni più meridionali del-
l'Italia, quella facies laziale del primo periodo che
abbiamo attribuito all'elemento conservatore, e che è
rappresentata precipuamente dalle tombe di Boschetto
e di Palombara, trova riscontro perfetto soltanto nei
sepolcri di Monte Timmari presso Matera, largamente
esplorati ormai da qualche anno, ma sui quali io
non conosco che i pochi dati pubblicati dal Ridola,
ed alcune fotografie gentilmente mostratemi dal dot-
tor Quagliati.

I dischi di osso ritrovati a Monte Timmari, anche
per la loro caratteristica decorazione incavata, sono
identici ad alcuni esemplari della collezione Nardoni
rinvenuti sull' Esquilino. Dei tre ossuari materani sino
ad ora editi, uno (') sembra del tutto simile per la
forma a quello ritrovato in frammenti a Boschetto
presso Grottaferrata (-), gli altri (s) a dei vasi scavati
nell' Esquilino in tombe del primo periodo (cfr. tav. V,
fig. 19). L'unica fibula di Monte Timmari, sino ad
ora pubblicata^), è ad arco semplice poco ingrossato,
con molla ad un solo giro; la quale fibula, benché
per alcuni dettagli, ed in specie per le due costole
anulari, se ne allontani alquanto, pure per il tipo
spetta alla medesima categoria cui appartengono la
maggior parte delle fibule laziali del primo periodo.

II materiale archeologico col quale possono isti-
tuirsi dei confronti per esaminare i rapporti fra la
civiltà meno progredita del Lazio e quella coeva del
mezzogiorno è adunque assai scarso; più abbondante
è quello che sembra uscito da tombe con corredi a
facies progredita, i quali comprendono una quantità
grande di oggetti, alcuni simili e molti addirittura
identici a quelli delle coeve tombe laziali spettanti
alla medesima facies.

Ad esempio la tecnica con la quale sono eseguiti
i vasi di fabbricazione locale, quelli cioè in impasto
ingubbiato, è identica così nel vasellame laziale come
in quello analogo rinvenuto nelle necropoli del mez-
zogiorno; perfino l'aspetto esterno di questi diversi

(1) Bull, di -paletti., 1901, tav. II, fig. 7.

(2) Cfr. tav. XVIII, fig. 7.

(3) Bull, cit, p. cit., tav. II, figg. 4 e 5.
(«) Bull, cit., p. 36, fig. A.

prodotti è così somigliante, da non potersi distinguere
a questo riguardo, un vaso della Campania da quelli
laziali.

Riguardo alle forme, il dolio troncoconico, talora
con linguette trapezoidali intorno al collo, noto per
gli scavi a S. Sebastiano (tav. XIX, fig. 16), nella villa
Monteverde a Montecucco, e nell'Esquilino (tav. VII,
fig. 15), è ripetuto più in piccolo ed adoperato a guisa
di ossuario a Torre del Mordillo. Il vaso ovoidale di
vigna Giusti (tav. XX, fig. 21) è identico ad uno di
Suessola (tav. XXIV, fig. 29), se se ne eccettuano
le linguette sporgenti dal corpo di quest'ultimo esem-
plare, che mancano in quello corrispondente del Lazio.
Due vasi primitivi della necropoli del Sarno (') e di
Torre del Mordillo (2) sono quasi identici a degli
esemplari dell'Esquilino (cfr. tav. Ili, fig. 14; e V,
fig. 19); la necropoli di Clima, quelle di Suessola e
di Torre del Mordillo (3) hanno restituito parecchi
orciuoli del cosiddetto tipo villanoviano progredito (4),
del tutto analoghi agli esemplari laziali (cfr. tav. XIX,
fig. 1). Delle anfore grossolane (tav. XXIV, figg. 2 e
10) (5), dei vasetti troncoconici col labbro rientrante,
delle tazzette ad ansa bifora semplice (tav. XXIV,
figg. 9, 15, 20) (6), o terminante in alto ad alette spor-
genti ed incurvate a sella (7), o con due cornetti (ta-
vola XXIV, fig. 5), tipo quest' ultimo assai raro (8),
sono delle altre forme comuni, che ricollegano le ne-

(') Bullettino di paletnologia, 1901, p. 41 e seg., tav. Ili,
figg. 7 ed 8.

(2I Not. scavi, 1888, pp. 247 e 248. Questi due esemplari
per la cottura dell'impasto e la finezza del lavoro si avvici-
nano a quello dell'Esquilino in creta giallastra (cfr. tav. IV,
fig. 15).

(3) Gli esemplari conservati nel Museo preistorico, hanno
la particolarità dell'ansa non ad anello, ma quasi ad angolo col
vertice in alto, che ricorda le anse dei vasi della prima età del
bronzo rinvenuti a Polada ed in genere quelli del bacino del-
l'Adriatico, ove i manichi di questo tipo sono piuttosto comuni.

(4) Bull, cit., p. 155 e seg., fig. 11 ; Not. scavi, 1888,
pp. 257, 258, tav. XV, fig. 16, p. 264.

(5) Bull, di paletti, ital., XXV, p. 185 e seg., fig. 6.

(6) Bull, di paletti., XXV, p. 185 e seg., fig. 8. Altri e
numerosi esempi di Cuma e di Suessola si conservano nel
Museo preistorico di Roma.

(7) Cuma ha restituito parecchi esemplari di cotesto tipo,
cinque se ne conservano oggi nel Museo preistorico.

(8) Oltre l'esemplare di Cuma, edito dal Patroni (Bull,
di 'paletti., XXV, p. 185 e seg., fig. 10), io non conosco che
l'esemplare, proveniente pure da Cuma, citato nel testo e con-
servato nel Museo preistorico romano, ma questo ha il manico
privo del setto trasversale, caratteristico delle anse bifore.
 
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