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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0241

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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urne fìttili che riproducono quelle capanne in modo
convenzionale ed infine dai dati di scavo raccolti nelle
regioni prossime, sopratutto nel territorio falisco e nel
Lalium adiectum, ove è del tutto improbabile che sia
fiorita una architettura privata diversa da quella del
Lazio antico, che geograficamente ed etnicamente si
confonde con quelle in una sola regione. A questo ma-
teriale pertanto dobbiamo ormai rivolgere l'attenzione.

Giovanui Battista De Rossi fu il primo a ricono-
scere i rapporti indiretti esistenti fra le capanne la-
ziali primitive e le urne a capanna della età del ferro;
e nella prefazione alla sua raccolta delle antiche piante
di Roma, pose a raffronto l'urna fittile di Campo Fattore
colle notizie che gli scrittori classici ci hanno traman-
dato sali'architettura dell'antichissimo tempio di Vesta
e su le capanne di Romolo conservate per venerazione
e ricordo sul Palatino e sul Campidoglio (').

Le notizie riguardanti il primitivo tempio di Ve-
sta sono le più precise di tutte; e ci avvertono che
quest'ultimo, originariamente, assomigliava nella forma
generale a quello noto dei primi secoli dell' impero ;
soltanto diversa e più primitiva ne era la strut-
tura, poiché quello era costituito da una rozza capanna
cilindrica, col tetto conico, la cui ossatura di pali e
pertiche era rivestita di vimini e strame (2). Concen-
tricamente alle pareti sarebbero stati piantati dei pali
che sostenevano la gronda sporgente del tetto e costi-
tuivano i prototipi da cui poi avevano avuto origine
le colonne del portico perittero che circondava il
tempio dell' età classica.

Più generiche sono le indicazioni a noi giunte
sulle capanne che secondo la tradizione sarebbero
state abitate da Romolo; intorno alle quali sappiamo
soltanto che erano rotonde, con ossatura di pertiche e
pali ricoperta di strame

Sorge il dubbio se le fonti cui attinsero gli scrit-
tori di quella età abbiano riprodotto delle tradizioni
genuine riguardanti le origini del tempio di Vesta nel
Foro, o piuttosto non abbiano riferito a quest'ultimo

(') De Rossi G; B., Piante icnografiche e prospettiche di
Roma anteriori al secolo XVI, p. 12.

(2) Festo, p. 262, ed. Muller; Ovidio, Fast., VI, 261 ; Plu-
tarco, Numa, II; Dionigi di Alicarnasso, II, 66.

(*) Vitruvio, II, 1, 5; Livio, V, 51; Val. Mass., IV, 4, 11;
Jordan, nell1 Hermes, VII, p. 196; Topographie der Stadt Rom,
I, p. 292; De Kossi, Piante, p. 5.

edificio, generalizzandoli, i risultati delle ricerche pro-
prie o di altri sulla primitiva architettura latina.
Quest'ultima ipotesi forse è la più probabile, se si
considera che ove nei tempi storici sorgeva il tempio
di Vesta, ivi non poterono esistere abitazioni stabili
anteriori al tempo in cui incominciò la bonifica della
valle adiacente al Velabro, poiché per una parte non
certo insignificante dell'anno, il suolo primitivo, di
molto più basso dell'attuale, dovette essere inondato
dal Tevere. Ora è certo che i lavori di bonifica ai
quali accenno spettano ad un tempo in cui gli edifici
religiosi e le opere di pubblica utilità non si costrui-
vano più con pali e frasche ma in pietra squadrata,
per cui è presso che impossibile che un tempio di
Vesta tale quale lo imagina Ovidio sia colà effettiva-
mente esistito.

Anche in tal caso però le notizie cui accenno, so
hanno poco valore riguardo alle origini del tempio di
Vesta nel Foro, ne hanno molto rispetto alle origini
della struttura in esso riprodotta, sia pure con diverso
materiale, e quindi indirettamente sugli incunaboli
dell' architettura latina di cui mi occupo, la cui esi-
stenza è confermata all'evidenza e la struttura chiarita
dalla coeva urna fittile di Campo fattore e dalle altre
col pronao a tettoia, le quali si distinguono dai pro-
totipi, dirò così, tradizionali del tempio di Vesta soltanto
per la estensione del portico, limitato nei modelli fittili
alla parte più prossima all'ingresso, esteso in quegli
altri a tutta la periferia.

Le altre urne dell'età del ferro che riproducono le
coeve abitazioni dei vivi, confermano pur esse gli ele-
menti generali desunti dai dati tradizionali e ci per-
mettono di ricostruire anche qualche altro dettaglio.

Il Cozza nel 1893 intraprese delle ricerche in
questo campo ('), partendo soprattutto dalle analogie di
forma e struttura esistenti fra i modelli imitati dalle
urne in argilla della prima età del ferro e le capanne
che ancora attualmente sogliono costruire i pastori
della campagna romana ; ma quelle ricerche, le prime
del genere, sino allora le urne a capanna essendo
state studiate largamente da tutt' altro punto di vista,
furono appunto perciò unilaterali e difettose e più
grave ancora fu il torto degli studiosi che in se-

(') Not. scavi, 1893, p.^198 e seg.
 
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