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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0274

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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almeno di riprodurre l'aspetto esterno dei fìttili di im-
portazione, scialbando la superficie dei loro prodotti
con ocra giallastra; su questa copertura, destinata a
riprodurre l'aspetto dei vasi d'importazione, dipinsero
poi a guazzo con colore rosso bruno gli ornati geo-
metrici.

Spesso però anche l'impasto fu affinato, per quanto
lo consentivano i materiali disponibili, ma anche in
questi esemplari di più perfetta imitazione lo spes-
sore e la pesantezza delle pareti e la grana grosso-
lana della terracotta, mostrano chiaramente la origine
locale.

Questa classe di vasi d'imitazione è assai pove-
ramente rappresentata nelle tombe esquiline, ed altri
pochissimi esempi ha restituito la necropoli dell'Ar-
gileto.

Caratteristico è il grande piatto edito nella ta-
vola IX, fig. 5, sul quale sono dipinte delle zone e
dei pesci ricorrenti. Degli altri due vasi uno è una
fruttiera o supporto priva oggi dell'originario piede
a tromba, munita di anse orizzontali e con traccie
di zone rosse sulle pareti e sul fondo; l'altro è una
specie di piatto (tav. IX, fig. 6) privo del piede di
cui originariamente era munito, col fondo attraver-
sato da una serie numerosa di fori disposti in cerchi
concentrici, tra i quali corrono delle zone e dei raggi
rozzamente dipinti.

Le protomi animali edite nella tav. XI, figg. 26 e
30, facevano parte di almeno due lebeti fittili, or-
nati, secondo il Kapporto Marsuzi, a pittura rossa.
Se con questa frase non si allude alla scialbatura
uniforme ad ocra rossa che riveste le protomi in que-
stione e che poteva anche ricoprire i frammenti dei
lebeti visti dal Marsuzi ed oggi perduti, si può sup-
porre che a somiglianza degli analoghi lebeti falisci
quelli romani fossero ornati a pittura.

Le tombe recenti dell' Argiieto hanno pur esse
restituito- un fittile di questa famiglia (cfr. p. 306 e
fig. 120/); ma certo il più arcaico riguardo al tipo,
se non il più antico prodotto di questa categoria è
la tazza, edita nella tav. IX, fig. 4, che riproduce
forme proprie del primo periodo della età del ferro
e dimostra una tale incertezza tecnica, da potersi sup-
porre, poiché tale ipotesi non raggiunge certo alcuna
evidenza, che effettivamente sia uno degli incunaboli
di questa famiglia di vasi, i quali pur copiando le

forme indigene imitavano alla meglio l'aspetto esterno
e l'ornamentazione di quelli greci o cipriotti a de-
corazione geometrica dipinta.

Riguardo al luogo di produzione di cotesti fìttili,

10 non posso affatto accertare per tutti una origine
locale. L'esame microscopico delle argille non è stato
fatto e manca quindi uno dei principali fattori alla
soluzione del problema. La loro grande inferiorità di
fronte ai prodotti di importazione che imitano, rende
però del tutto improbabile che siano stati pur essi
importati nel Lazio, poiché evidentemente in tal caso
non avrebbero potuto, per il lavoro relativamente com-
plesso e quindi per il costo relativamente elevato, so-
stenere la concorrenza coi prodotti esotici che cerca-
vano di sostituire ; inoltre la tazza edita nella tav. IX,
fig. 4 è di un tipo comune nel Lazio, rarissimo al-
trove, e questo è un'altro argomento che ci induce a
ritenere che almeno una parte di questi prodotti si debba
riferire a fabbriche fiorite nel Lazio durante il I ed

11 II periodo della età del ferro.

/ bronzi.

La scarsa quantità di oggetti in bronzo, e sopra-
tutto la grande uniformità che si nota nella tecnica
con cui furono fabbricati, mi hanno consigliato ad
esaminare questi prodotti classificandoli dal punto di
vista della loro destinazione; mi occuperò pertanto
prima del vasellame, poi degli oggetti di uso, e quindi
di quelli di abbigliamento.

Il vasellame. — Il sepolcro CVIII e quello
CXXVII contenevano ciascuno una bacinella (cfr. p. 174,
fig. 72, e p. 197, fig. 86) la quale era stata tirata
a martello da un disco di bronzo ; vi erano stati ap-
plicati quindi tre piedi di robusta lamina espansi in
alto, e muniti di fori per cui passavano i chiodetti,
che ribattuti, assicuravano i piedi al corpo stesso della
bacinella.

Esemplari del tutto simili provenienti dalla ne-
cropoli di Caracupa presso Sermoneta si conservano
oggi nel Museo preistorico di Roma; altri di Mon-
tarano sono stati già pubblicati (') ; esemplari identici
quasi si ritrovarono nel sepolcro Bernardini di Pale-
strina, in una tomba a sarcofago di Bisenzio, in se-

(') Moti, antichi Lincei, IV, p. 219, fig. 99 e,
 
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