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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0277

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541

MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

542

in Etruria, poiché le condizioni dell'industria metal-
lurgica nella prima età del ferro, sembrano presso
a poco identiche a nord ed a sud del Tevere ; non è
strano pertanto che colla medesima tecnica si siano
riprodotti nei territori prossimi al Tevere gli stessi
tipi.

Infine il sepolcro CHI ha restituito una teca (tav. XV,
fig. 3) in legno od avorio ricoperto in lamina di bronzo
congiunta a marronella. Questo oggetto trova analogie
di tecnica nelle note fiasche a corpo lenticolare, così
comuni nell'Etruria, di cui ci ha dato una bibliografia
completa il Ghirardini ('). L'ornamentazione a pun-
zone ricorda, in specie sui fianchi, quella di alcuni
prodotti metallici del territorio falisco e di alcune
lamine rinvenute ad Olympia (2); ma la forma e la
struttura del tutto originale di questo oggetto, che
non trova esatti raffronti nè nella vicina Etruria nè
altrove, lascia supporre che sia di fabbricazione locale.

Riguardo alla origine di queste tecniche il Pigo-
riui, osservando in genere che i prodotti più perfetti
in lamina rinvenuti nell'Etruria, analoghi od identici
a quelli di cui mi sono ora occupato, erano anche i
più antichi della serie, nè trasse la conseguenza che
questi primi prodotti, appunto perchè comparsi d'un
tratto, senza precedenti che mostrassero i necessari
primi passi che soli poterono condurre a tanta perfe-
zione tecnica, fossero importati dall'Oriente, e ritenne
che soltanto in seguito tali prototipi sarebbero stati
imitati in Italia (3); peraltro questo parere non si può
sostenere oggi come in passato.

Anzitutto il Pigorini stesso ha mostrato che l'unico
esemplare di tale classe di prodotti che si attribuiva
all'oriente ellenico, il centurone cioè edito dal Brònsted,
non proveniva, come aveva affermato l'Helbig, dal-
l'Eubea, ma bensì da Saponara di Grumento in Basi-
licata (4). Nè si può più affermare che i prodotti in la-
mina più perfetti siano i più antichi, da poi chè sono
esposte nel Museo preistorico di Roma, le tazze del ri-
postiglio di Tolfa, facenti parte dapprima della raccolta
del barone Klitsche de la Grange, malamente da lui

(') Mon. Lincei, Vili, p. 107 e seg.

(2) Mon. Lincei, IV, p. 210, tav. Vili. fig. 8; Furtwansrler,
Olympia, IV; Die Bronzen, taf. XIX, fig. 313 e taf. X, fig 31.

(3) Bull, paletn. ital., 1887, p. 79 e seg.

(4) Bull, paletn. ital, 1897. p. 40.

edite nelle Notizie degli scavi, le quali tazze, non certo
posteriori all'alba della prima età del ferro, cui deb-
bono riferirsi anche gli altri oggetti raccolti insieme
in quel ripostiglio, mostrano appunto quella fase di ne-
cessaria transizione fra gli incunaboli dell' industria
metallurgica dalla quale si giunse poi nella valle del
Tevere a quel grado di perfezione tecnica che ci è
attestato dai bronzi laminati ai quali ho accennato,
ed alla cui produzione cooperarono, come abbiamo visto,
anche i calderai stabiliti nel Lazio.

Inoltre gli strati dell'oriente ellenico, contempo-
ranei a quelli che in Italia restituiscono i bronzi
laminati in questione, che per un complesso di ele-
menti comuni sia di tecnica, di forma e d'ornamenta-
zione, mostrano di appartenere ad una medesima fami-
glia, sono ormai abbastanza largamente noti sopratutto
per i recenti scavi a Thera, ad Eleusi, nella -Ionia asia-
tica ed altrove e mai hanno restituito i tipici vasi in
lamina, le fiasche lenticolari, i tripodi, i centuroni, ca-
ratteristici della produzione italiana. Soltanto Olympia
e Dodona hanno restituito qualche bacinella e dei fram-
menti di lamina, che per la sintassi decorativa ricordano
alcuni prodotti dei calderai fiorenti allora nel Lazio
o nell'Etruria; ma ad Olympia ed a Dodona si ritro-
vano pure delle fibule evidentemente fabbricate in Italia
e questi elementi d'arte esotica si spiegano colà assai
facilmente, se si considera che sino dal primo appa-
rire dei Greci sulle coste del Tirreno, dovettero av-
viarsi delle relazioni dirette od indirette fra queste
ultime e quei centri di coltura nazionale e religiosa,
come in seguito italioti e sicelioti ebbero i loro edi-
lizi sacri intorno a quei santuari, ove naturalmente
dovettero offrire i prodotti della nuova patria di ado-
zione che portavano con se forse anche per smerciarli
fra i loro connazionali.

Alla ipotesi del Pigorini sulla origine esotica di
questi bronzi più perfetti, era stata invero già opposta
la osservazione che dovevano essere di fabbricazione
locale, riproducendo dei tipi locali in specie i vasi
del cosiddetto tipo « villanoviano », o altre forme
proprie del vasellame italico; a questa osservazione
però io non posso sottoscrivere e quando tratterò della
origine di questi tipi, mostrerò che i calderai tirreni
non imitavano dei prodotti locali, ma dei modelli fittili
importati dalla Grecia e dalle regioni finitime del Me-
diterraneo sud-orientale.
 
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