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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0279

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per cui è impossibile decidere se gli esemplari che ho
pubblicato siano delle servili imitazioni locali di pro-
totipi introdotti dai commerci, o degli oggetti importati.

Lo stesso deve ripetersi riguardo all' elmo del se-
polcro XCIV,# (tav. XI, fig. 11), la cui superficie è tutta
ossidata profondamente, non posso quindi decidere se
sia stato tirato a martello da un masselletto discoi-
dale, o sia stato direttameute fuso in bronzo e molto
meno poi se si debba al lavoro dei metallurgisti tir-
reni, tanto più che anche la forma non è propria del

Lazio, poiché altri esemplari identici provengono dal-
l'Etruria, cioè da sepolcri vetuloniesi coevi a questo
romano (').

Lo stesso sepolcro ha restituito i resti di uno scudo
discoidale in lamina enea cerchiata di ferro. La lamina,
forse ottenuta a fusione, è piuttosto robusta, ma come
in tutti i prodotti analoghi rinvenuti nel Lazio, nel terri-
torio falisco ed in Etruria (2), non è così forte da opporre
sufficiente schermo ai colpi delle armi da punta. Si
è supposto invero che la lamina ricoprisse la parte
sostanziale dello scudo, eseguito in cuoio od altra ma-
teria resistente, ma tale ipotesi è da abbandonarsi com-
pletamente per ciò che riguarda lo scudo romano,
la lamina aderendo coll'ossido ai pendagli interni (cfr.
tav. XI, fig. 6), e non esistendo nell'ossido stesso che
li salda traccia alcuna di materie originariamente in-
terposte. Per l'analogo scudo della tomba del guerriero
di Corneto la supposizione esposta è anche più invero-
simile ; le asticelle che sostenevano le coppie di sonagli
essendo ancora inchiodate direttamente alla lamina
proprio nella zona mediana, mentre in quella centrale
la stessa immediata sovrapposizione si nota fra la la-
mina discoidale che costituisce la superficie esterna
dello scudo e la sua impugnatura pure metallica (3).

La insufficiente resistenza di queste difese sug-
gerì all' Helbig l'idea che non servissero in guerra,
nè abitualmente in vita, ma fossero dei modelli dei
veri scudi allora in uso, imitati a scopo esclusiva-
mente sepolcrale (4). Però l'elmo rinvenuto in questa

(') Falchi, Vetulonia e la sua necropoli antichissima,
tav. IV, fig. 17; tav. IX, fig. 23 (tomba del Duce) tav. XV,
fig. 17.

(2) Mon. Instit., voi. Vili, tav. XXVI, fig. 3, voi. X, tav. X,
fig. \a-b; Grifi, Monumenti di Cere antica, tav. XI, fig. 3;
Mon. Lincei, IV, p. 396.

(3) Mon. Inst., X, tav. X, fig. Ib.

(4) Helbig, negli Ann. Inst., 1874, p. 84 e seg.

Monumenti Antichi. — Vol. XV.

tomba non si può attribuire certamente a tale cate-
goria, poiché è pesante e robusto e così pure la lancia
e gli avanzi del carro ; non è quindi da supporsi che
fra tanta suppellettile adatta all' uso, soltanto lo scudo
fosse sostituito da un modello fatto a scopo funebre ;
alla quale ultima ipotesi contraddice del resto la sua
stessa costituzione, la robusta cerchiatura in ferro es-
sendo del tutto inutile in tal caso. Io credo quindi
che questo scudo, di debole valore difensivo, sia un'arma
da parata usata abitualmente dal defunto quando era
in vita e deposta con lui nel sepolcro ; ha infatti tutti
i caratteri di questo genere d'armi, la leggerezza cioè,
la bella apparenza, ma anche la poca solidità.

Lo scudo romano è molto simile a quelli rinve-
nuti nell' Etruria marittima meridionale, è incerto
quindi se sia stato fabbricato nel Lazio ad imitazione
di quei prodotti esotici, o se si debba attribuire ai
commerci di importazione.

Le piastre metalliche destinate ad ornare il petto,
di cui si ritrovarono i resti in parecchie tombe del-
l' Esquilino (cfr. tav. XV, fìgg. 8 e 9), sono così corrose
dall'ossido alla superficie, che io non posso decidere in
modo assoluto se si ottenessero a fusione, o tirandole
a martello da un masselletto di metallo. La prima ipo-
tesi però è la più probabile. La decorazione della la-
mina a punzone trova, è vero, raffronti in un bronzo
di Olympia ('); ma questo è un confronto di ben
poco valore se si considera che la forma del tutto ca-
ratteristica di questi oggetti d' ornamento o di difesa
e la decorazione a spina di pesce graffita in uno li
ricollega strettamente alla produzione enea italiana
della età del ferro.

Più difficile è invece decidere se si fabbricassero
nel Lazio, o se gli esemplari quivi rinvenuti siano
stati importati dall'Etruria, dalla regione adriatica,
ove pure si ritrovarono degli esemplari analoghi, od
anche dalla Sardegna, ove erano ugualmente in uso,
come lo provano le figurine di bronzo che li indos-
sano. Peraltro gli esemplari romani si distinguono net-
tamente da quelli piceni per l'assoluta assenza dei pen-
dagli ornamentali attaccati a questi ultimi; per questo
e per altri caratteri regionali si può quindi ritenere
che la produzione di questi oggetti analoghi, collegata

(») Olympia, VI, taf. XIX, fig. 324.

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