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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0282

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551

MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

552

che costituiva lo scudo di parata del sepolcro XCIV
la cui lavorazione indigena è però dubbia, era stata
arrovesciata intorno ad un cerchio di ferro e delle
asticelle di questo metallo consolidavano le guaine
della maggior parte delle daghe ritrovate nell' Esqui-
lino.

Una questione che resta insoluta per il cattivo
stato in cui si rinvennero gli oggetti, è se, ad imita-
zione di quelli di bronzo, dei quali riproducono le forme,
anche quelli in ferro fossero decorati. In questo capitolo
di maggior interesse è la soluzione del quesito se in ge-
nere gli oggetti di questo metallo rinvenuti nel Lazio
siano di fabbricazione locale, o se si introducessero dai
commerci con altri centri di produzione.

L'abbondanza relativa di alcuni tipi, in specie dei
coltelli e delle daghe, di cui si conservano numerosi
frammenti provenienti dalla necropoli nell' Esquilino,
non prova nulla in proposito; più importante invece
è il fatto che la insufficienza tecnica nelPeseguire gli
incastri ed il ripiego con cui costantemente si superò
tale difficoltà, per quanto a me consta, non si osserva,
almeno con uguale costanza, nei prodotti rinvenuti
fuori del Lazio. Se le future scoperte, o notizie più
complete sui numerosi oggetti in ferro di cotesta età
sino ad ora rinvenuti non smentiranno tale dato, sa-
rebbe questo un carattere speciale dei prodotti laziali,
che ne dimostrerebbe la origine locale.

Le condizioni primitive dell'industria, quali si
possono desumere dai prodotti di cotesta età, non ci
permettono certo di supporre una larga divisione del
lavoro ; l'uso perfetto del bronzo, quello imperfetto
del ferro e la riproduzione normale in ferro con tec-
niche diverse di forme comuni ai fonditori in bronzo,
mi fanno supporre che gli oggetti ai quali ho accen-
nato in questo capitolo, siano usciti da quelle stesse
mani alle quali si deve la locale produzione di oggetti
in bronzo ; poiché se delle famiglie o delle corporazioni
speciali avessero esercitato unicamente il mestiere del
fabbro in ferro, senza alcun dubbio i tipi foggiati da
queste ultime, avrebbero avuto un carattere proprio,
ben presto formato dai primi lavoratori e poi consa-
crato dalle abitudini di quelli consecutivi ; la produ-
zione di tali corporazioni o famiglie sarebbe stata
adunque in tal caso diversa da quella propria dei fon-
ditori in bronzo e ad ogni modo dovremmo notare
delle caratteristiche speciali nella industria del ferro

se fosse stata indipendente, mentre invece tali carat-
teri proprii fanno completamente difetto.

Si può ritenere adunque, secondo ogni probabilità,
che la lavorazione del ferro si dovesse a quegli stessi
fabbri, o a quelle medesime manifatture che produ-
cevano gli oggetti in bronzo ai quali ho accennato;
ma molti di questi ultimi sono, come ho mostrato,
di fabbricazione locale, è quindi probabile che alcuni
almeno degli oggetti in ferro ai quali mi riferivo din-
nanzi siano stati pur essi lavorati nel Lazio.

L'oro.

Nella necropoli esquilina gli scavi furono condotti
in modo tale da non potersi escludere la possibilità
che fossero trafugati degli oggetti d'oro di piccolo vo-
lume e di grande valore; ciò spiega come fra tanti se-
polcri scavati, molti dei quali relativamente ricchi, si
abbia notizia di un solo oggetto di cotesto metallo.

Una ricca tomba con oreficerie di corredo si rin-
venne nei colli albani, ma l'unica notizia che se ne
abbia è un accenno dell' Helbig ('), il quale ci lascia
incerti sulla natura e la forma di quegli oggetti. Delle
argenterie si rinvennero entro il sarcofago del sepolcro
gabino da me di recente pubblicato (2), ma anche
queste non si sa dove siano attualmente ; sembrerebbe
quindi giustificata, almeno apparentemente, la tanto
vantata povertà del Lazio, se i cimelii della collezione
Castellani ed i corredi di alcune tombe ricchissime
di Palestrina e fra le altre di quella Bernardini non
smentissero completamente quella affermazione.

Ho già accennato alle difficoltà incontrate nel pub-
blicare il materiale prenestino, non mi resta quindi
altro di meglio da fare in questo capitolo che descri-
vere le oreficerie laziali della collezione Castellani,
in parte donata al Museo Capitolino, liberalmente la-
sciatami studiare dal proprietario.

La fig. 161 tratta da una fotografia favoritami dal
comm. Castellani riproduce, acconciati modernamente
per esporli, vari vezzi componenti una collana ritro-
vati in un sepolcro ad Alatri.

I dischetti sono della cosiddetta mezza porcellana
« egizia » color celeste ; i due tubetti colle estremità

(») Ann. Irist., 1884, p. 126.

(2) Bull corti., 1903, p. 352 e seg.
 
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