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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0335

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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bensì su di un apprezzamento cagionato dalla novità
della cosa; cioè dal fatto che tale maniera di ornati
non era mai stata sino allora osservata nei vasi del-
l'età del bronzo, sebbene di questi ne esistesse una
quantità enorme. Ma anche fra le migliaia di vasi
preistorici ritrovati nel Lazio e nell'Etruria soltanto
in pochissimi è oggi appariscente. Il fatto al quale ho
accennato prova adunque che tanto nelle terramare
quanto presso le manifatture dei fittili tirreni dell'età
del ferro quel modo di ornare i recipienti era poco in
voga, ma non prova nulla riguardo all'età cui la deco-
razione medesima può risalire.

Se quindi accettiamo i fatti tali quali sono giunti
sino a noi, senza modificarli a vantaggio di questa o
quella teoria, dobbiamo escludere l'ipotesi che la orna-
mentazione fittile di cui mi occupo abbia origine dai
vasi in lamina ricongiunta mediante imbullettature,
perchè di tali prodotti non si ha traccia nè nelle terre-
mare, nè nelle affini stazioni o sepolture italiche del-
l'età del bronzo; e dobbiamo riconoscere invece che
da tali fatti riceve nuova conferma l'ipotesi cui accenno.

L'uso di ornare il legno con chiodi metallici dalla
rilucente capocchia è infatti antichissimo. I canti ome-
rici descrivono l'effetto sorprendente dei chiodetti a
borchia d'oro sui mobili di legno e sulle impugnature
delle armi ('); una ornamentazione di tal genere si
notò in oggetti micenei (2) ; se quindi si considera che
il bacino padano, come quello tirreno, ebbero certa-
mente relazioni dirette od indirette colla civiltà mi-
cenea, come lo prova una intera serie di elementi
comuni, si vede come una tale tecnica ornamentale,
logica nei prodotti in legno, illogica nelle stoviglie,
possa nell'arte ceramica aver avuto origine appunto
dalla imitazione di quei prodotti.

Riguardo poi allo svolgimento locale di quest'arte
decorativa non è strano che si siano seguiti criteri di-
versi nei due versanti dell'Appennino ; bastano le di-
verse condizioni geografiche a spiegare le divergenze
nell'indirizzo della moda, che nella valle del Po preferì
le imitazioni degli elementi decorativi in uso nei vasi
di metallo, mentre nel bacino del Tirreno si mantenne
più fedele alle origini stesse di tale tecnica.

(') Helbig, Das homerische Epos, II ed. pp. 121 e 378.
(*) Tsountas e Manatt, The mycenean age, p. 168 e seg.

Monumenti Antichi. — Vol. XV.

La grande maggioranza degli elementi caratte-
ristici della ceramica indigena si ritrova già negli
strati italiani dell'età del bronzo e del rame, e più di
frequente in quelli della valle padana; il che sia detto
fra parentesi non prova una derivazione della civiltà
della età del ferro tirrena o di queste manifatture fit-
tili da quelle delle terramare padane, ma si deve at-
tribuire semplicemente al fatto che fra i possibili ter-
mini di confronto quelli della valle padana, per le
larghe e fortunate ricerche ivi eseguite, ancora oggi sono
i meglio, anzi gli unici alquanto largamente conosciuti.

11 fittile edito nel Bull, comunale 1900, tav. XII,
fig. 12, è del tutto simile ad un esemplare di Piaz-
zano e ad alcuni di Bismantova. Il Montelius ha
riprodotto in un suo recente lavoro le forme più simili
a queste, rinvenute negli strati padani dell'età del
bronzo ('); se ne potrebbero citare altre ritrovate a Re-
medello ed altrove in strati della recente età del rame.
Nessuna di queste peraltro è identica a quella laziale,
che trova esatti riscontri soltanto nei prodotti analoghi
dell'età del ferro; sino a prova in contrario, non an-
cora addotta, si deve adunque ritenere che il tipo del
quale ragiono, che è diffuso in quell'età così nel ba-
cino tirreno come in quello dell'Adriatico, non si debba
nell'età del ferro ad una semplice persistenza dei tipi
noti nell'età antecedente, anzi mi sembra ragione-
vole il supporre che vi sia stata allora una evoluzione
di quel tipo antichissimo; e siccome proprio nell'età
del ferro si diffondono per la prima volta dei vasi
analoghi per forma a quelli indigeni più antichi, dai
quali ultimi però si distinguono non soltanto per
la diversa tecnica, ma anche proprio per quei det-
tagli di forma per cui anche i cosiddetti vasi vil-
lanoviani sopra citati differiscono dalle più sem-
plici forme a tronchi di cono della età del bronzo e
del rame non solo nel Lazio, ma nella vicina Etruria,
nell' Italia meridionale e nella valle padana (2), così
mi sembra del tutto probabile la ipotesi che a quella
evoluzione o trasformazione del tipo indigeno più
antico abbiano contribuito largamente questi mo-
delli di recente importazione, ugualmente diffusi dai

(') Montelius, Die typologische Metode, p. 71 e seg., fig. 279
e seg.

(s) Montelius, op. cit., p. 76, figg. 297-300. L'esemplare ri-
prodotto dallo Gsell ed edito nuovamente dal Montelius, op. cit.,
alla p. 76, fig. 96, spetta ad un tipo diverso.

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