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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0342

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0iL MONUMENTI PRIMITIVI DI

sembra .quindi dubbia la origine locale dei prodotti ai
quali accenno, in cui si osserva un medesimo proce-
dimento tecnico ed un medesimo sistema di ornamen-
tazione, i quali provano che quella produzione me-
tallica costituisce una sola famiglia di manufatti, ben
distinti per propri caratteri, dalla quale si disco-
stano i centuroni, che si ricollegano alla produzione
adriatica.

Riguardo alle forme riprodotte, alcuni elementi si
possono attribuire alla tradizione conservatasi dalla
età antecedente. Per esempio una tale genesi po-
trebbe supporsi in genere per le forme biconiche ; per
altro è certo cbe anche in queste alcuni dettagli di
forma furono creati dai metallurgisti per ragioni
tecniche, nè ciò ha bisogno di dimostrazione essendo
stato da altri già affermato o provato, come del resto
avvenne anche per la origine indigena di alcune
forme ('); nessuno invece sino ad ora ha studiato la
influenza che poterono esercitare sulla trasformazione
e la diffusione della maggior parte delle forme fonda-
mentali adottate dai calderai tirreni della età del
ferro, i fittili di importazione, sia cioè quelli in ar-
gilla figulina ad ornamentazione dipinta, sia quelli in
mezza porcellana che i commerci di cabotaggio col
sud, o col nord del Mediterraneo adducevano larga-
mente sulle spiagge del Tirreno.

I vasi che più di frequente furono acquistati per
servire da ossuari sono di tre tipi principali, tutti e
tre indifferentemente muniti o privi di piede; quello,
cioè a corpo biconico, con orlo al labbro; l'altro col
corpo piriforme sul quale si innesta il collo troncoco-
nico, talora rigonfio a metà dell'altezza e di solito assai
alto; ed infine l'ultimo a corpo sferico talora schiac-
ciato lungo l'asse verticale, col piede a tromba e col
collo brevissimo, quasi cilindrico, che termina con
delle labbra espanse orizzontalmente. Tutti questi re-
cipienti portano di regola due anse piantate orizzon-
talmente sulla sporgenza maggiore del corpo, ripiegate
talora in alto ad angolo verso 1' estremità.

Gli ossuari biconici in lamina si rinvennero piut-
tosto comunemente, sopratutto al di là dell'Appen-

(') Cfr. ad esempio per una delle varietà gli Studi e
materiali di archeologia e numismatica del Milani, II, p. 207
(Pellegrini).

MA E DEL LAZIO ANTICO 672

nino ('). ma alcuni esemplari si ritrovarono anche nel
bacino del Tirreno (tìg. 199 a) (-). I prodotti fittili più
simili per la forma sono tanto quelli in impasto gros-
solano rinvenuti negli strati della età del bronzo, o
quelli analoghi della età del ferro (fig. 199 ci) (3), ai
quali ho dinnanzi accennato, quanto una serie abba-
stanza numerosa di vasi in argilla figulina, o le loro
imitazioni in impasto scialbato di bianco ornati a pit-
tura rossa fra i quali riproduco uno di Vulci (tìg. 199 e)
ed un altro ritrovato a Narce nel territorio falisco
(fig. 199 b) (4). La tecnica, il tipo della ornamenta-
zione, la diffusione topografica stessa di questi prodotti
lungo la costa del Tirreno e del Jonio, lasciano sup-
porre che i modelli imitati dai figlili locali provenis-
sero dai commerci coll'oriente del Mediterraneo. Cer-
tamente poi almeno nelle Cicladi il tipo di cui ragiono
è antichissimo ritrovandosi riprodotto con leggere va-
rianti nella forma delle anse già in fìttili protomi-
cenei (fig. 199 c) (5). Invece resta sempre incerta la
questione se i figlili imitassero i simili vasi metallici,
o i calderai questi prodotti fittili, e la potremo ri-
solvere soltanto quando avrò raccolto l'altro materiale
che vi si ricollega.

Gli ossuari a corpo piriforme sono di un tipo
analogo al precedente, rappresentato nel Lazio da un
esemplare prenestino in lamina, altrove da me pub-
blicato (fì), e più largamente nel territorio falisco e

(') Cito ad esempio quelli editi nelle Not. scavi, 1889,
p. 317. tav. I, fig. 12, ed in Sacken, Das Grabfeld von Hall-
statt, taf. XXII, fig. 4.

(*) Museo etrusco Gregoriano, I, tav. LIV, fig. 5.

(3) Vedi gli esempi più evidenti raccolti dal Montelius,
Die typologische Methode, p. 71 seg. Il recipiente edito a p. 72,
fig. 273 (Bismantova) probabilmente è una imitazione dei vasi
in argilla figulina ai quali accenno nel testo; quello riprodotto
nel testo (fig. 199 e?) faceva parte della collezione De Rossi ed
è eseguito in impasto.

(4) Gsell, Fouilles dans la nécropole de Vulci. p. 355;
Mon. Lincei, IV, p. 263, fig. 125; p. 283, fig. 137; pp. 266
e 497; voi. VIII, p. 143, fig. 15 e ricca bibliografia a p. 146;
Bull, paletn. ital., 1900, p. 178, fig. 1; confronta per gli altri
esemplari del mezzogiorno d'Italia: Bull, cit., p. 80 seg.; Pa-
troni, La ceramica antica neWItalia meridionale, p. 7, fig. 7;
Mitth. d. k. deut. arch. Instit., Rom. abth., 1899, p. 36, taf. IV,
fìgg. A B 20; Not. scavi, 1898, p. 54, fig.'4; 1891, p. 264.
Vedi anche Montelius, Die typologische Methode, p. 76,
figg. 297-300.

(5) 'Ecp^u. &Qx«inL, 1899, niTT. VIII, fig. 9.

(6) Bull, com., 1898, tav. X, tìg. 2; cfr. Bull, cit, tav. IV,
fig. 8 (esemplare in terracotta).
 
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