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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0351

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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guardo evidenza alcuna e non dobbiamo quindi occu-
parcene.

Riguardo alla decorazione un solo gruppo di pro-
dotti si distingue nettamente da tutti gli altri, ed
è costituito dai centuroni, in cui si osservano normal-
mente degli svariati ornamenti, fra i quali comunissima
la ruota con un'appendice doppia nastriforme, talora da
un sol lato, spesso da ambedue ('), ornamenti cotesti
di cui non si ha traccia nel vasellame tirreno, e
che si ritrovano invece in quello rinvenuto al di là
dell'Appennino. È questa una delle stigmate per cui
l'arte del calderaio tirreno si distingue da quella fiorita
nell'Adriatico, cui spetta appunto la produzione di
quei centuroni.

Nel vasellame e negli altri prodotti dei calderai
tirreni la decorazione, sempre sbalzata, comprende di
regola delle zone concentriche o parallele, chiuse da
linee continue o punteggiate, fra le quali si notano
o i consueti ornati a spina di pesce, o una linea spez-
zata, o dei triglifi sbalzati, alternati da metope liscie,
o delle serie di dischi a parecchi cerchi concentrici.

Questi sono gli elementi principali adottati nelle
ornamentazioni dei bronzi in lamina, elementi che

(l) Questo ornato si osserva anche nell'esemplare laziale
edito nella fig. 104. Recentemente il Ghirardini ha nuovamente
preso in esame la questione delle origini di questo tipo orna-
mentale (Ghirardini, La silula italica primitiva, p. 66); accet-
tando la opinione dell'Undset e dell'Helbig sulla sua deriva-
zione dall'ureo egizio. Ma nei centuroni, certamente più antichi
delle situle studiate dal Ghirardini e quindi più vicini alla prima
imitazione di quel tipo, è evidente che le appendici nastriformi
ricurve accoppiate ai lati non riproducono delle protomi di
serpenti, ma bensì degli uccelli, come apparisce chiaramente dal
confronto di alcuni esemplari del ripostiglio di S. Francesco
(cfr. Montelius, La civil. primit. en Italie, I, pi. LXXI, figg. 19
e 21, uccelli riprodotti con sufficiente naturalezza, e figg. 14
e 20 nelle quali la forma è sempre più stilizzata). Il concetto
originario cui si ispira cotesto tipo decorativo, è adunque quello
di un carro trascinato da uccelli, o di uccelli su ruote, concetto
al quale si debbono pure parecchi lavori contemporanei a tutto
rilievo, eseguiti tanto in terracotta, quali ad esempio l'uccello
d'Este (Montelius, pi. L, fig. 8) e quello di Corneto ( Verhand-
luncjen der Berliner antrop. Gesellschaft, 1883, p. 197 e seg.
ove è raccolta la relativa letteratura), quanto in bronzo, cito
ad esempio l'esemplare d'Olympia (Olympia IV, fig. 210 è). Il
carro trovato a Skallerup (Mem. de la Soc. Royale des anti-
quaires du Nord, 1896-1901, p. 70) e l'altro di Szàszwàrascék,
(Zeitschrift fùr Etimologie, 1890, p. 60 e fig. 9) sono notevoli
poiché mostrano l'addattamento degli uccelli da ambo i lati delle
ruote, proprio come schematicamente si osserva nel mezzo dei
centuroni, in cui di solito è riprodotta una sola ruota. Forse
questo concetto artistico corrispondeva ad una idea, ma esorbita
dai limiti di questa nota ogni tentativo di integrarla.

Monumenti Antichi — Vol. XV.

furono applicati talora con qualche variante nella loro
distribuzione, e questi sono pure quasi gli unici elementi
che si ritrovano dipinti nella famiglia vascolare fittile
submicenea, alla quale ho dovuto spesso riferirmi prece-
dentemente ed i cui riscontri di forma con quella dei
vasi in lamina sono stati volta per volta esposti nelle
precedenti pagine ; divengono così anche più evidenti
le relazioni che intercedono tra questi diversi prodotti.

L'origine indigena di quelli metallici è sufficien-
temente dimostrata dal fatto che non si rinvennero
altrove, costituendo così una famiglia di prodotti del
tutto caratteristica del Tirreno. Riguardo alla corri-
spondente produzione fittile, riguardo cioè alla ceramica
submicenea, questa è stata sino ad ora malamente stu-
diata, e tanto lo Gsell, quanto il Barnabei, gli ultimi
che si siano occupati di proposito della ceramica di-
pinta della età del ferro, ne pubblicarono alcuni esem-
plari fra molti della cosiddetta classe « protocorinzia »
o fra le imitazioni di questi ultimi prodotti, senza distin-
guerli, come meritavano, in un gruppo organicamente au-
tonomo che richiedeva uno studio speciale. Solo il Mon-
telius nell'Atlante che accompagna le sue osservazioni
sulla cronologia preclassica in Grecia ed in Italia,
ponendo a riscontro alcuni esemplari fittili di questa
classe con quelli metallici, ha indicato la via ai più
completi raffronti ora istituiti.

Se siano stati fabbricati in Italia ad imitazione
dei vasi greci, o se come questi ultimi siano stati im-
portati, è questione da discutersi altrove e per ogni sin-
golo prodotto ; il fatto che per tecnica ed abilità nel
formarli molti ritrovati tanto nell'Oriente quanto in
Italia sembrano esorbitare dai limiti abbastanza ri-
stretti in cui si esplicò l'arte ceramica della età del
ferro in quest'ultima regione e sopratutto sul Tirreno,
prova che i prototipi cioè i modelli imitati nel Lazio
e nell'Etruria erano importati dal Mediterraneo orien-
tale. Malgrado il carattere essenzialmente diverso della
decorazione, è poi certo che la maggior parte delle
forme adottate in questi prodotti trova riscontro nel
materiale geometrico greco, dal quale pertanto non può
cronologicamente, almeno di molto, discostarsi.

Siccome poi il vasellame metallico tirreno, fabbri-
cato certamente dai calderai locali, manca completa-
mente nell'oriente mediterraneo ed imita invece le
forme proprie dei fittili submicenei e talora di quelli
geometrici greci, così è molto probabile che a questi

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