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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0354

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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composta sostanzialmente cogli elementi direttamente
persistiti dalla locale età del rame.

Le stesse condizioni in cui si svolgono questi studii
mi obbligarono a lasciare un punto debole nella trat-
tazione; il materiale di raffronto sul quale si fonda
non proviene infatti tutto dal Lazio, come sarebbe
stato desiderabile, avendo dovuto supplire alla quasi
completa assenza di materiale locale del periodo più
antico cercando i necessari raffronti negli strati coevi di
regioni a facies civile affine. A tale riguardo è da os-
servarsi che il materiale neolitico e della età del rame,
ove è ben noto, presenta così numerosi caratteri comuni
da far credere che ovunque nell'Italia continentale e
peninsulare fiorisse allora una facies civile sostan-
zialmente simile. In tali condizioni è del tutto pro-
babile che i raffronti che si osservano col materiale
latino della età del ferro vertano appunto su questo
fondo comune e ad ogni modo è illogica la sup-
posizione che nel Lazio invece di persistere i carat-
teri della civiltà neolitica più comuni, più diffusi, e
quindi più profondamente radicati e quelli regionali,
cioè peculiari della facies laziale, che appunto per
questo loro carattere regionale erano più in grado
di influire sulle facies consecutive locali, siano invece
persistiti quelli propri e caratteristici di altre regioni.

Le persistenze degli elementi micenei.

Ho raccolto in questo paragrafo gli elementi che
la civiltà latina della età del ferro conserva quale re-
taggio di quella micenea.

I commerci, ai quali accenno in un capitolo pre-
cedente, erano già fiorenti tra il Tirreno e l'oriente
mediterraneo almeno all'alba della età del rame e mai
cessarono sino a quella del ferro ; onde è del tutto pro-
babile la ipotesi che una parte almeno degli elementi
di cui debbo ora occuparmi derivi nella età del ferro
da persistenze locali di quella del bronzo ; alcuni però
di questi elementi poterono infiltrarsi soltanto nella
età del ferro, da altre regioni in cui costituivano delle
persistenze locali e siccome mancano i dati necessari
per distinguere questi ultimi dagli altri di più antica
introduzione, cosi questi e quelli sono raccolti sotto
il titolo più generico dato a questo paragrafo.

Agli elementi architettonici che il Lazio in specie
ed il bacino del Tirreno in genere debbono ripetere dai

commerci coli' Oriente accenno in seguito in questo
stesso lavoro e più. diffusamente li ho mostrati in un
altro, in cui esposi un riassunto delle mie idee sulle
origini dell'architettura sepolcrale tirrena ('), non mi
resta quindi che procedere all'esame dei prodotti in-
dustriali.

Uno dei tipi più caratteristici e più diffusi della
ceramica laziale in specie e di quella tirrena in ge-
nere sono le urne a capanna.

Le urne del Mediterraneo orientale che possano
attribuirsi alla imitazione di una capanna sono quella
cretese ritrovata negli scavi diretti dall' Halbherr
ed edita dal Pernier in questi Monumenti (2), l'altra
di forma stranissima rinvenuta fra le mine di un anti-
chissimo abitato a Kara Euyuk in Cappadocia, edita
dallo Chantre ed un modello fittile ritrovato in una
tomba di Àbydos in Egitto Invece l'urna dell'Egeo,
quella cioè rinvenuta ad Eleusi (5), e le altre egizie
identiche (''), confuse da altri con quelle dell'Egitto
e di Creta, non hanno nulla a che fare colle urne a
capanna laziali non solo per la forma, ma nemmeno
pel concetto al quale si debbono, la loro sagoma ovoi-
dale, il costante restringimento verso la base e l'aper-
tura verso l'alto, provano infatti che si debbono rife-
rire ad un altra concezione, imitando la forma di un
uovo, la forma cioè da cui ha principio la vita ani-
male ed in cui si voleva che di nuovo avesse termine.

Naturalmente queste urne dovettero essere fornite
di una apertura, che non poteva eseguirsi mante-
nendo la forma dell'uovo che ne è privo, di qui e dal
concetto che l'uovo divenisse nuovamente e per sempre

(!) Pinza, Sulla origine di alcuni tipi dell''architettura
sepolcrale tirrena, negli Alti del Congresso internazionale di
scienze storiche tenuto in Poma nel 1903, p. 377 e seg.

(2) Mon. Lincei, XII, p. 128, fig. 55.

(3) Chantre, Mission en Cappadoce, p. 90, pi. XX, fìgg. 1 e 2.

(4) Randall Maciver e Mace, El Amrah and Abydos,
pp. 22 a 4 e 42, pi. X, fìgg. 1 e 2. Il Colini citate le urne
della Germania, dell'Egeo, di Creta e dell'Egitto (Not. scavi,
1902, p. 1G0), aggiunge: « ai rapporti con la Grecia e col
Mediterraneo orientale si deve probabilmente l'introduzione nel
rito funebre del Lazio, come nell' Etruria, delle urne funebri
che imitano la casa dei vivi » (pp. 196-197). Nel testo mostro
che i raffronti su cui si fonda sono errati, e ritengo che il
rito si debba invece ad una locale evoluzione del costume di
costruire il sepolcro analogo alla casa.

(5) 'E(f!][*.. (ÌqxcuoX., 1898, p. 112, fig. 32.

(6) Flinders Petrie, Diospolis parva, pi. XXV, fig. non nu-
merate (VIa-XIadinastia); Naquada and Ballas, p. 43, pi. XLV,
fig. 20 (XII» dinastia).
 
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