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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0373

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733

MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

734

Più generalmente si osservò che fuori dell'ossuario,
ma entro il pozzo sepolcrale, giacevano le ceneri in
cui tutti si accordano nel riconoscere gli avanzi del
rogo funebre. È perfettamente evidente che nessuna
ragione d'indole rituale od animistica potè indurre i
fossori a servirsi di quel materiale, che dopo l'ossilegio
non poteva avere più alcuna importanza; l'unica spie-
gazione logica di quel costume così diffuso è adunque
che si servissero di quelle ceneri come del più ovvio
materiale per costituire nel fondo del pozzo una specie
di letto soffice, destinato a garantire la deposizione dagli
effetti di possibili urti ; ritrovandosi appunto le ceneri
usualmente nel fondo del pozzetto o in quello del dolio.
Che tale fosso unicamente lo scopo di quell'accumula-
mento di ceneri è poi confermato dal confronto dei
sepolcri laziali e di quelli etruschi, che ne contengono
sempre una certa quantità nel fondo, con quelli del-
l'agro falisco in cui il letto medesimo era sostituito
da uno strato di terra arida sciolta, raccolta apposita-
mente e mescolata con calce, per impedire che gli os-
suari ed i corrodi si rompessero urtando contro le
pareti od il fondo del sepolcro nel calarveli e quindi
per assicurarveli e quasi murarli la dentro quando la
calce aveva fatto presa.

L'uso frequentissimo delle ceneri del rogo per
impedire dei guasti nella deposizione non sarebbe
stato possibile ed ovvio se si fossero dovute traspor-
tare da lungi; il fatto al quale ho accennato con-
ferma adunque la conclusione già esposta sulla pros-
simità del rogo all' incavo in cui doveva avvenire la
sepoltura.

Logicamente si comprende la probabilità grande
che il cadavere fosse deposto sul rogo vestito dei suoi
indumenti e con quegli ornamenti e quegli oggetti,
che raccolti dopo la cerimonia della cremazione, do-
vevano essere sepolti insieme ai resti cremati del ca-
davere ; ma di un tale costume sfuggono a noi le
prove dirette e solo restano degli argomenti indiretti
desunti dalle persistenze di tale rito nel mondo
latino ('), o nelle società influenzate da questo ultimo.

0) Volo autcm omne instrumentum meum quod ad ve-
nandum et aucupandum paravi, mecum cremali cum lanceis
gladeis cultris retibus plagis laqueis thalamis tabernaculis for-
minibus balnearibus lecticis sella gestatoria et omni medicamento
et instrumento illius studi et navem liburnam ex scirpo ecc..

La tradizione posteriore ricorda l'uso di spegnere
gli ultimi tizzoni ancora ardenti del rogo e raffred-
darne le ceneri versandovi sopra del vino e del latte.
Virgilio così descrive questa parte dei funerali di
Miseno (!):

Postquam collapsi cineres et fiamma quievit
Reliquias vino ac bibulam lavere favillimi.

E Tibullo (-):

Pars quae sola mihi superabit corporis, ossa
Incinctae nigra candida veste legant
Et primum annoso spargent collecta Lyco
Mox etiam niveo fundere lacte parent.

Questo costume era già noto nell'oriente ellenico
sino dall' alba della età del ferro, alla quale spetta
appunto la prima formazione dei più antichi canti
omerici in cui è già ricordato (3) ; siccome poi i riti
funebri, per quanto si può inferire dai dati archeo-
logici, sembra che siano simili ovunque nel Mediter-
raneo sino dalla più antica età dei metalli per ciò che
riguarda l'umazione, e da quella del bronzo per la cre-
mazione, è almeno possibile che la tradizione latina
alla quale ho accennato si debba alla persistenza di
un costume diffuso già nella età del ferro.

Raffreddato il rogo, si raccolsero le ossa del de-
funto per riporle in un' urna, nella quale si racchiu-
sero anche gli oggetti d'abbigliamento e quelli d'uso
di tali dimensioni da potervisi introdurre. L'urna colle
ceneri fu quindi calata nel pozzetto, sul cui fondo era
stato steso, come ho già avvertito, un letto di ceneri
tolte dal rogo; quindi presso l'urna si deposero e tal-
volta si accumularono anche al disopra di essa i vasi
di corredo, contenenti le bevande ed i cibi necessari
al defunto per la vita d'oltre tomba.

Entro l'urna cineraria di un sepolcro dell'Argileto
(CLXXVI, 11) si raccolsero dei chicchi di grano e di
fava (') ivi introdottisi casualmente per gli sposta-
menti ed i guasti avvenuti in seguito nei corredi di
quel sepolcro. Siccome nelle tombe dell'Argileto gli
avanzi del viatico, diligentemente esaminati dal Boni,

testamento edito dal Wilmann negli Exempla inscriptionum la-
tinarum, I, p. 108; cfr. anche Lucano, Phars., II, 175; Lu-
ciano, Ep. ad Nigrin. 30; Philopseudes, 27.

(1) Vergilius, Aeneid., VI, 226 seg.

(2) Tibullus, Eleg., II, 2.

(3) Ilias, XXIV, 791.

(*) Not. scavi, 1903, p. 153.
 
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