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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0387

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mostrano che i culti antichissimi cui accennava La-
beone soltanto in un loro riordinamento recentissimo
poterono essere ricollegati collo stato cittadino del
Septimontium, non mi sembra dubbio che Fiacco e
quindi Festo abbiano riassunto le notizie relative a
questo stato più recente, senza preoccuparsi delle ri-
cerche su quello più antico, ricerche però che Labeone
doveva aver necessariamente compiuto, se non altro
per spiegare quella evidente contradizione alla quale
ho accennato.

Ai passi citati si è adunque attribuito un valore
topografico che effettivamente non hanno, cosicché
l'unico passo che si riferisca al Septimontium in
rapporto ad uno stato della vita cittadina è quello di
Varrone, pienamente in accordo col significato lette-
rale di quel nome : ubi nunc est Roma, egli scrisse,
Septimontium, nominatum ab tot montibus quos po-
stea urbis muris comprehendit (').

Le mura cui accenna Varrone sono indubbiamente
quelle « serviane »; i monti poi sono nominati da
Servio il quale avverte: alii dicunt breves septem
colliculos a Romulo inclusos, qui tamen aliis nomi-
nibus appellabantur (si riferisce con ciò alla tradi-
dizione dei septem pagi al di là del Tevere) ; alii
volani hos ipsos qui mine sunt, a Romulo inclusos
id est Palatinum, Quirinalem, Aventinum, Coelium,
Viminalem, Esquilinum, Janicularem (2), opinione
quest'ultima seguita già anche da Plutarco Lungi
dal ricordare uno stato cittadino anteriore alla città
delle quattro regioni il Septimontium, come aveva
sostenuto uno dei più autorevoli scrittori di antichità
romane, e come è confermato dalle precedenti osser-
vazioni, corrisponde adunque unicamente all'abitato
racchiuso dalle mura « serviane ».

L'età relativamente recente di quel provvedimento
amministrativo, non esclude che molte delle istitu-
zioni che vi si collegano possano essere delle persi-
stenze di tempi più antichi.

Alludo con ciò ai culti locali connessi da Festo
o forse anche dai tempi di Labeone in poi col Septi-
monzio. e corrispondenti, a parer mio, in quest'ultimo
stadio del loro ordinamento, al natale dell' abitato

(') Varrone, De lingua latina, V, 41.
(*) Servio, Ad Aeneidos, VI, 783.
f) Plutarco, QuaeU. romanao, 69.

racchiuso dalle mura « serviane », come le Palilie
furono più tardi connesse col natale della città dagli
ultimi tempi della Repubblica in poi.

La città ordinata in quattro regioni.

La tradizione riferisce ad un'epoca abbastanza an-
tica la divisione amministrativa della città in quartieri

0 regioni, una delle quali detta Suburana, l'altra Esqui-
lina, la terza Collina e la quarta Palatina. Da Varrone
apprendiamo con ogni certezza che in questa reparti-
zione dell'abitato non era compreso nè il colle Capi-
tolino, nè il monte Aventino ('), racchiusi invece dalle
mura che si sogliono indicare col nome di « serviane » ;
e questa notizia ha una importanza cronologica che
conviene notare. Evidentemente il tracciato di quelle
mura fu ideato quando l'abitato era esteso in tutti

1 colli racchiusi dalla fortificazione; cosicché la esclu-
sione del Campidoglio e dell'Aventino dalla divi-
sione della città in quartieri prova che allorquando
quest' ultimo provvedimento fu deciso, nè l'uno, nò
l'altro di quei colli erano considerati come facenti
parte della città; l'ordinamento amministrativo cui
alludo è adunque anteriore alla costruzione del recinto
serviano.

Ciò è ammesso anche dalla tradizione leggendaria ;
i dati monumentali ci permettono poi di precisare
meglio l'epoca in cui si effettuò questa divisione am-
ministrativa.

È impossibile che il Campidoglio ne sia stato
escluso quando ivi già esistevano il tempio di Giove,
di Giunone e di Minerva, il massimo fra tutti i consi-
mili santuari romani e quello di Giunone Moneta, e
quando su quel colle erano stati eseguiti i necessari
lavori di sostegno e di regolarizzazione dei fianchi ese-
guiti in rapporto colla accresciuta importanza del pros-
simo Foro che ne fu grandemente abbellito.

La tradizione, che pur suole invecchiare eccessiva-
mente ogni cosa, riferisce a Tarquinio Prisco il prin-
cipio dei lavori per la edificazione del tempio di Giove,
la continuazione a Tarquinio il Superbo (2), ma ne
attribuisce la consacrazione soltanto ai primi ter.api

(') Varrò, LL. V, 45.

(2) Cicerone, De rep., II, 36; Livio, I, 38, 7 e 55; Dio-
nigi, III, 69; IV, 59 e 61; Tacito, /list., Ili, 72; Plutarco,
Poplicola, 13.
 
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