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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0393

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tradizione e non corrispondevano più probabilmente ad
una reale divisione gentilizia; ma ad ogni modo il fatto
stosso della conservazione del nome, prova che almeno
in origine i culti Lupercali dovevano eseguirsi effetti-
vamente dai Fabì e dai Quintili, come quelli di Er-
cole lo furono dai Potizi e dai Pinari, e come i Salì
furono reclutati per metà da famiglie colline per metà
da palatine. I Quintili, di origine albana, sono cer-
tamente palatini ; ed in rapporto a ciò che si osserva
nella costituzione dell'analogo collegio dei Salì si po-
trebbe supporre che i Pabì vi rappresentassero l'ele-
mento collino o quirinale; ed invero già il Goetting (')
ed altri hanno esposto il parere che i Fabì siano di
origine sabina, nel qual caso questa famiglia dovrebbe
ricollegarsi certamente col Quirinale e coi Collini,
facendo ivi esclusivamente capo i cosiddetti elementi
sabini in Roma.

Le maggiori probabilità militano adunque in fa-
vore della opinione che, se non ancora ai tempi di
Varrone, originariamente almeno Collini e Montani
palatini dovessero in parti uguali costituire il collegio.

Ora se la cerimonia di lustrazione propria dei
Luperci fosse stata compiuta sempre esclusivamente
dai Palatini intorno al colle da loro abitato, non si
vede per qual ragione sarebbero stati chiamati dei
Collini a comporre una parte integrale del collegio,
provvedimento questo tanto più strano quanto più si
vuole riferire ad un'alta antichità, dato l'antagonismo
regionale fra le famiglie o gli elementi che si vollero
coli'andar del tempo fondere insieme, tanto più vivo
quanto più lontano dalla fusione completa, ma tar-
da, degli elementi cittadini. Più probabile è invece
che in origine delle cerimonie simili si compissero,
come quelle dei Salì, nel Quirinale dai Fabì e nel
Palatino dai Quintili ; e che di ciò restasse poi traccia
nella riorganizzazione tarda del collegio, corrispondente
ad un ripristinamento di quel culto ideato in confor-
mità colla nuova coscienza cittadina, la quale richie-
deva un ordinamento dei culti antichissimi più con-
facente alle condizioni di spirito dei Romani di allora

pomerio romuleo, che ai tempi di Tacito si additava intorno al
Palatino, sul quale vedi Tacito, Ann. XII; in tal caso il rior-
dinamento di quel culto sarebbe tardissimo.

(') Goettling, Gcschichte d. Ròm. Staatsverwaltmq, pp. 109
e 194.

e che non fosse in contradizione coli'amalgama leg-
gendario allora comunemente accettato intorno alle
origini di Roma dall'abitato sul Palatino.

Non nego di aver mietuto sino ad ora nel campo
delle ipotesi, poiché nè le notizie sui Fabì, nè quelle
sulla storia del culto dei Lupercali sono sufficienti a
dimostrare l'assunto ; ed io riconosco che allo stato
attuale delle nostre conoscenze non si può escludere
che i Luperci fabiani potessero rappresentare pur essi
un elemento palatino. Ma anche in tal caso, pur do-
vendosi restringere all'abitato palatino la celebrazione
del culto dei Lupercali, nella sua forma più antica
a noi nota, non per questo ne segue che l'abitato
intorno al quale si celebrava sia di più antica ori-
gine di quelli fioriti sul Quirinale, sull' Oppio, sul
Celio od altrove, poiché ognuno di questi villaggi potè
originariamente compiere analoghi giuochi o feste
proprie di lustrazione annuale ; in ultima analisi cioè
i Lupercali persistiti intorno al Palatino dai tempi
di Varrone in poi non escludono che altrove, sia pure
con minore fortuna e durata, vigessero culti analoghi
ugualmente antichi. La notizia di Varrone pertanto
non può in alcun modo escludere che nel suolo ro-
mano siano fioriti altri villaggi autonomi di antichità
pari a quello sul Palatino (').

La ipotesi del Richter si fonda adunque su dati
indifferenti, o su false apparenze ; chè se diamo alle leg-
gende quel poco valore che si meritano per la con-
tinua loro trasformazione in armonia con quelle della
coscienza e dello stato cittadino e ci limitiamo ad
interpretarne per quanto è possibile il significato in
armonia appunto con quelle trasformazioni, dobbiamo
pur riconoscere che ancora nell'ultima leggenda cano-
nica relativa alla origine della città da un solo nucleo
primitivo sul Palatino, si scorgono tracce non dubbie
del vero andamento delle cose e della origine di Roma
dalla fusione graduale di parecchi centri abitati, tutti
almeno altrettanto antichi quanto quello fiorito sul
Palatino.

Ho cercato di mostrare che quell'amalgama leg-
gendario si informa all'ultimo e più perfetto stato

(') Anche l'Unger (Reinisches Jl/useum, 1880, p. 50 e seg.)
sostiene che soltanto nel III secolo le feste lupercali abbiano
potuto assumere importanza cittadina e che prima fossero sem-
plici feste regionali.
 
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