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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 16.1906

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Gàbrici, Ettore: Bolsena: scavi nel Sacellum della dea Nortia sul Pozzarello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9313#0123

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231

BOLSENA. SCAVI NEL SACELLUM

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attributi della Necessitas che procede avanti alla For-
tuna (')• E la Fortuna di Anzio, alla quale è affine la
Nortia volsiniese, aveva appunto un chiodo per attri-
buto (Moller, Etrusker, II, 308). Da questo concetto
della fortuna irrevocabile all'altro del destino neces-
sario e inamovibile è facile il passaggio; epperò la
dea col chiodo (Nortia, Fortuna anziate) diventa una
Atropos. Sopra uno specchio etrusco una dea, indicata
quale Athrpa dalla iscrizione, conficca un chiodo nel
muro, per accennare al destino di Meleagro che le
sta accanto. {Etr. Spieg. 3, 168 sgg. tav. 176). Ri-
sulta così evidente la connessione fra Nortia e le Par-
che, e la concezione di essa quale divinità catato-
nica. Panni quindi accettabile l'etimologia del nome
Nortia data dal Bergk (Preller R. M? II, p. 189, n. 2)
quasi Nevortia corrispondente al greco Atropos. Come
mai presso gli antichi scrittori che noi conosciamo sia
messa in evidenza solo l'affinità della Dea Nortia con
la Fortuna e non sia fatto cenno del suo carattere ca-
tatonico, vedremo in seguito. Questo secondo aspetto
della concezione della Dea Nortia ci chiarisce il ^óDqog
o xaGfict e il rito dei pozzetti.

Ma la divinità del Pozzarello è anche divinità sa-
lutare, e a chiarire questo concetto giova moltissimo
il confronto che oggi si fa della Dea Nortia, in quanto
è una Fortuna, con la Fortuna di Ferentino, di Ama,
di Antium e di Preneste (Mùller, Etrusker II, p. 53).
Ed è notevole che la Fortuna Ferentina, come attesta
Tacito (Ann. XV, 53, cfr. 55) era detta da alcuni
anche Salus e che la Fortuna di Antium è anche dea
salutare (Preller, R. M? II, p. 193); così avremmo
un addentellato per spiegare la natura salutare della
dea del Pozzarello. Per chiarire questo punto, la stipe
votiva quivi raccolta ci fornisce un prezioso elemento.
Le quattro laminette d'oro con impressione di occhi
umani indicano che la Dea aveva efficacia curativa
nelle malattie degli occhi. Questa speciale virtù salu-

(•) Carni. I, 35, 17 segg.:

Te semper antit saeva Necessitas,
Clavos trabales et cuneos manu
Gestans ahena.

Gli scrittori antichi usano l'espressione clavus traballi per
esprimere cosa stabilita fermamente e irrevocabilmente; Cic.
Verr. V, 21, 53: ut hoc beneficium, quemadmodurn dicituv,
davo trabali figeret; Petron., 71 : nosti, quod semel destinavi,
davo tabulari (trabali Sclieffur) /ixum est. Cfr. Preller, lì. M.s, I,
p. 259, n. 2.

tare costituisce un tratto d'unione fra la Dea Nortia
e la Dea Bona o Maia dei Romani, cui si riferisce
una iscrizione di ringraziamento per la guarigione di
malattie agli occhi, e che in un'altra è salutata quale
Bona Dea oclata ('). Se le laminette d'oro con im-
pronta di occhi associano la Nortia alla Dea Bona, il
sacrifizio della scrofa e l'uso di una stipe consi-
stente in rozza ceramica di tipo antichissimo e in
offerte monetali la ravvicina alla Dea Dia del culto dei
fratelli Arvali (Mommsen, Le Culle, I, pp. 195-197).

Nel corso di questa dimostrazione ho fatto dei con-
fronti fra la Dea Nortia e altre divinità femminili
del Lazio e dell'Etruria, e potrei allargarne la cerchia,
oltrepassando i limiti di queste due antiche regioni.
Tali confronti, solo in parte noti per via delle fonti
classiche, scaturiscono abbondanti dallo studio diretto
del materiale archeologico del Pozzarello, e perciò co-
stituiscono i risultati scientifici veramente nuovi ed
interessanti dello scavo. La Dea Nortia, in quauto è
una Fortuna, è affine alla Nemesi, alla Tyche, alla Sors,
alla Fortuna di Anzio, di Ferentino, di Arna, di Pre-
neste; in quanto è Dea salutare, è affine alla Diana
Aricina, alla Giunone di Norba, alla Dea Bona o Maia,
e ad alcune delle dee citate in questa prima cate-
goria. Ma se ci facciamo ad esaminare il concetto
fondamentale di ciascuna di queste divinità del Lazio
e dell'Etruria, troveremo che è il medesimo in tutte,
quello cioè della terra concepita quale madre comune.
Esso rimonta al periodo più remoto della civiltà ita-
lica ed assunse aspetti diversi a seconda delle condi-
zioni naturali dei luoghi, delle vicende politiche dei
popoli e della prevalenza di certi culti durante il
periodo di formazione della religione etnisca e ro-
mana (2). In guisa che pur conservando queste divi-

(') C. I. L. VI: Felix publicus Asiniams ponti/i(cum)
llonae deae agresti felic... v.., votum solvit iunicem alba(tn)
libens animo ob luminibus reslitutis, derelictus a medicis,
post menses decem beneficio dominaes medicinis sanatus, etc.
C. I. L. VI, 75 : Anteros Valeri Bonae Deae oclatae d. d. L a.
C.I.L. 72: Bonae deae Ilggiae; cfr. Bull. Instit. 1864, p. 63.

00 Cicerone (d. h. resp.. 17, 37; de kg., 2, 9, 21) fa risa-
lire all'epoca dei re il culto della Bona Dea e dice che non
esisteva a Roma sacrifizio istituito in tempo più remoto, nè
che fosse accompagnato da cerimonie straordinarie come quello.
Il Mommsen (Man. d'ant. rom , XII, I, p. 14) osserva che i
piccoli santuari pubblici, denominati a Poma indistintamente
con le parole fanum, ara, sacellum, aedicula, erano tenuti
quasi tutti in conto di luoghi di culto i più antichi e i più
venerati.
 
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