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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 16.1906

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Paribeni, Roberto: Necropoli del territorio Capenate
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https://doi.org/10.11588/diglit.9313#0217

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413

NECROPOLI DEL TERRITORIO CA PENATE

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cerniera. Confesso però, che il prof. Pollak, alla cui
competenza debbo inchinarmi, ritiene genuine e con-
temporanee agli oggetti le due cerniere.

Le figure che ornano i due dischi, per quanto
forse ancora più esagerate nella mostruosità loro, hanno
un riscontro in quelle di quadrupedi graffite o inca-
vate sui vasi di impasto (1). Hanno lo stesso corpo
sottile col ventre che si restringe in modo esagerato
all'attacco delle gambe posteriori, lo stesso muso grosso,
lo stesso movimento delle gambe, specialmente nella
figura inferiore del disco grande. Nessun dubbio quindi
che si tratti di arte locale. Il tipo del resto del mostro
a due avancorpi animali è assai diffuso in paesi di-
versissimi (2) ma sembra, che in Italia abbia goduto
massimo favore, specialmente nella forma così comune
di pendaglio in bronzo pieno costituito da due avan-
corpi di toro (:!). Se tali dischi si facevano in Italia,
non è però meno evidente, che coloro che li fabbri-
cavano, dovevano aver avuto sott'occhio qualche cosa
del genere degli scudi e dei dischi rilevati cretesi.
Un riscontro notevole ad esempio offro, più che i fa-
mosi esemplari dell'antro ideo, uno scudo del tempio
di Zeus Ditteo recentemente trovato dal Bosanquet,
fornito anche di pallottole di bronzo sugli orli (4). Un
indizio di tali imitazioni può forse darlo anche la
forma del grande disco con le sue due rientranze sim-
metriche a somiglianza dello scudo miceneo (5).

Parti di carri. Kesti di carri diedero le tombe
XVI, XX, XXX, LII; tali resti si limitarono nella
tomba LII agli avanzi di un cerchione di ruota, e
nella XX di ambe le ruote ; nelle altre due tombe
si ebbero pure reliquie del rivestimento in ferro del
corpo della biga, ma assai mal ridotti dall'ossido.

(') Cfr. specialmente tav. 111,4.

(*) Cfr. Eeinach, La sculpture en Europe in Anthropoloyie.
1895, p. 670.

(3) L'esemplare trovato a Olimpia (Furtwangler, Olympia,
Die Bronzen, tav. 25, n. 477) l'unico che io conosca rinvenuto
in suolo greco, può benissimo essere originario d'Italia, come
italico può essere l'altro rinvenuto nel territorio della colonia
achea di Petelia (Bull. Ist. 1881, p. 204, n. 5). Per gli altri spe-
cialmente del Piceno cfr. Anthropoloyie, 1895, p. 670; Not.
scavi 1901, p. 235.

(4) Brit. Sch. Annu.nl, XI, tav. XVI, p. 300.

(5) La stessa forma hanno due dischi del museo di Ascoli
Piceno, cfr. Mariani in Mon. Lincei, X, p. 349 nota 2.

Il carro di tomba XVI aveva intarsiati nel rive-
stimento di lamina di ferro molti triangoletti di bronzo
a lati concavi che dovevano forse essere disposti a
disegno. I carri di queste tombe sono indubbiamente
carri da battaglia ('), le ruote dovevano essere grandi
(in t. XVI diametro m. 0,80 ; più grandi ancora quelle
di t. XX) e piuttosto piccolo il diphros. Così infatti
a ruote grandi sono i modellini di carri in terracotta
trovati in tombe presso a poco coetanee alle nostre
di Orvieto, Pitigliano, Bisenzio, ecc. (2) e tra le reliquie
di un carro rinvenuto in una tomba coetanea di
Fabriano figura una staffa o montatoio (3) reso neces-
sario dalla grande altezza delle ruote. Per la ricostru-
zione di uno di questi carri oltre le indagini del Pe-
tersen (4) si può ora vedere l'esemplare insigne di
Norcia (5).

Dai carri non possono disgiungersi i morsi, di cui
si ebbero due soli in ferro da t. XVI (n. 15), mentre
non ne diedero le altre tombe che avevano il carro.
Due frammenti pure in ferro se ne ebbero dalla
t. CI che non aveva carro, caso questo che si è ri-
scontrato assai più frequentemente, che non il con-
trario. Sono di forma semplice a filetto snodato senza
ornamenti nei montanti (6).

Vasi di bromo. Dei vasi metallici più antichi
di fabbricazione, a mio credere, italica, i più impor-
tanti sarebbero stati le due idrie di tipo villanoviano
di t. XVI (n. 4) e di tomba LII (n. 17) disgra-
ziatamente ambedue troppo frammentate. Erano di
lamina di rame formate di parti separate (il piede,
la pancia e la parte superiore del collo) riunite fra
di loro a semplice incastro, e ornate con decorazioni
a rilievo esclusivamente geometriche. Come fu già
osservato (7), la sottigliezza delle pareti e la debo-
lezza della saldatura impediscono di credere, che questi
vasi potessero servire a qualche uso pratico, sicché
dovevano essere fabbricati esclusivamente per le tombe.

(') Cfr. Helbig, in Mólanges Perrot, p. 107 e in Mém. de
VAcad, des Jnscript. 1905, p. 268.

(a) Gli esempi sono raccolti dall'Helbig nei lavori ora
citati.

(°) Brizio in Noi. scavi, 1899, p. 372.

(4) In Róm. Mitlheil. 1894, p. 274.

(5) Rev. Archéol, 1904, tav. VII.

(°) Cfr. Gozzadini, De quelques mors de cheval italiques;
Pasqui, in Not. scavi 1897, p. 137.

(7) Barnabei, in Mon. Lincei, IV, 216.
 
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