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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 16.1906

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Paribeni, Roberto: Necropoli del territorio Capenate
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https://doi.org/10.11588/diglit.9313#0228

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435

NECROPOLI DEL TERRITORIO CAPENATE

Dicemmo, che i vasi d'impasto bruno presentano
una ricca varietà di tipi. Dalle forme più semplici di
olle, di tazze che continuano il povero patrimonio di
tipi ereditato dai padri, vediamo i vasi d'impasto nero
prendere rapidamente ad imitare tutto il campionario
delle forme greche, riproducendole almeno nell'aspetto
esterno con moltissima abilità e buon gusto. Partico-
larmente si riesce bene nella oinochoe, dalla pancia
rotondetta, dal collo svelto e dal beccuccio piccolo
ed affinato (cfr. un graziosissimo esempio in fìg. 67)
e nello skyphos; un po' pesante riesce invece per lo
più il kantharos (') che pure sembra uno dei vasi pre-
diletti a Capena, mentre è meno frequente nel terri-

Fig. 17. — Anforetta d'impasto bruno (colleziono S. Paolo).

torio falisco (2). Non di rado i kantharoi capenati
come i falisci hanno le anse sormontate da teste d'ani-
mali a rilievo (fig. 60 e tav. III). Tali teste si trovano
anche su vasi d' altre forme, per es. sull'anforetta della
collezione di S. Paolo (p. 370, fig. 47). Ma non solo
le forme ceramiche, ma anche le metalliche pretendono

del Foro Romano, cfr. Boni in Not. scavi 1903, pp. 408 e 422);
si può in generale osservare, che sono molto comuni in Etruria
e nel Lazio. Occorre ricordare, che una affatto simile in argento
fu ritrovata nella tomba Regulini-Galassi (Grifi, Cere antica,
tav. VII, 3) e una in bronzo nel territorio falisco (Mon. Lincei,
IV, p. 232). La forma ò derivata da questi prototipi metallici
assai probabilmente ionici, donde in Ionia stessa derivò la imi-
tazione fittile nota sotto il nome di anfora Nicostenica (che Ni-
costene fosse per patria ionio, provò il LOschke in Arch. Zci-
tung, 1881, p. 35). Anche l'ornamentazione richiama antichi
motivi orientali, cfr. Boehlau in Jahrbuch d. Inst., 1900, p. 165).

(') Una bella eccezione è il grande kantharos di t. 19,
vedi tav. Ili, 4.

(") Mon. Lincei, IV, p. 305.

questi vasi di imitare, e il figulo dà prova di aitile
fedeltà nel riprodurre le coppo baccellate (fig. 34
cfr p. 417) e di notevole ardire noll'assurgere a imi-
tare i bei lebeti dalle minacciose teste di grifo spor-
genti in giro (tav. Ili, 3). A provare del resto l'abilità
del figulo stanno i grandi holmoi che in una terra
così poco cotta dovevano presentare notevoli difficoltà
statiche, i vasi a due 0 tre bacinelle emisferiche su
un piede solo (fig. 50 e t. XX), il singolare doppio stam-
nos della biblioteca di S. Paolo (fig. 51) la tazza da
suggere di tomba LIV (fig. 52) e gli skyphoi trafo-
rati di t. XIX (fig. 53).

Sarà opportuno, che passiamo in rassegna questo
patrimonio di forme, arrestandoci poi a studiarne al-
cune più rare 0 di maggiore importanza.

Abbiamo dunque vasi biconici ('), tazze (2), olle
talora grandissime (3), fiasche a larga pancia e stretto
e lungo collo (*), piatti a piede numerosissimi (5),
vasi a triplice tazzetta emisferica, poetili. Tutti questi
vasi continuano le forme indigene.

Ad esse si aggiungono oinochoai, skyphoi, kan-
tharoi, kyathoi, holkia 0 calici a piede (fi), anfo-
rette a corpo sferico e anse piatte C), ciotole a imita-
zione di quelle di bronzo baccellate (s). Tre forme pre-
sentano ciascuna rari esemplari; l'ima è il calice ad
alto piede, corpo a calotta sferica, orlo piatto con
treccia graffita (t. LXXXV1I, 3). Di essa non posso
che ripetere il giudizio dato dal Karo « poculum
formae in Etruria frequentissimae, aliunde mihi
quiclem ignotae » (9). L'altra è l'orcio a becco obliquo
di cui avemmo soltanto pochi frammenti (p. 345), forma
antichissima e comune in Etruria (10). La terza il

(1) T. XXXV n. 1 e collezione S. Paolo, p. 372.

(2) Segnalo quella molto graziosa con alto manico di t. XIX
11. 15.

(3) Quelle descritte a p. 313 misurano l'altezza di circa
m. 0,40.

(*) Tomba XIX n. 6, fig. 63.

(5) Il piede era stato probabilmente richiesto dall'uso di
mangiare in terra, che rendeva necessario sollevare alquanto il
piatto. Esso può essersi poi conservato anche dopo la cessa-
zione di quel primitivo costume.

(6) Un esemplare in bronzo di questa forma di vaso fu
trovato a Pitigliano, Pellegrini in Not. scavi 1903, p. 277.

(') Cfr. su di esse p. 434.

(8) Cfr. p. 417.

(9) De arte vascularia, p. 5.

(10) Cfr. Mon. Lincei, IV, atl. tav. VI, 4, Mus. preistorico
di Roma, n. d'inv. 25781 etc.
 
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