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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0009

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GELA

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primo sbalordimento, e diffusa la strana novella ve-
nivan preparando, per rigettare in mare i nuovi e
non desiderati ospiti.

Così avvenne che i Rodio-Cretesi, sapendo occupata
la costa ionica, scelsero un punto centrale e forte di
quella africana, allo sbocco di una importante arteria
idrica, con un vasto e quasi vergine hinterland da
sfruttare. Dall'alto dei forti baluardi che in breve
cinsero il colle essi potevano attendere di piò fermo
gli assalti dei Siculi, impotenti contro le muraglie
e le ordinanze greche, ma terribili nella guerriglia di
montagna; il mare libero assicurava alla città gli
alimenti, contesi da qualche breve blocco. Dall'alto
delle mura e dello torri primati e strateghi greci
studiavano e maturavano i loro piani di penetrazione,
pacifica o militare, a seconda il bisogno, nella regione
che ammaliatrice si parava ai loro sguardi. Pochi
panorami così grandiosi io ho visto in Sicilia, come
quello che nei sereni tramonti o nelle diafane aurore,
si alfaccia dalla via settentrionale di circonvallazione
e dalle sue estremità di levante e di ponente (cfr. pa-
norama, tav. II).

Ai piedi la grassa ed ubertosa piana, vordeggianto
di fave e frumenti l'inverno, ondeggiante di bionde
messi nel giugno; sullo sfondo, da Licata a S. Maria
si spiegano in immenso arco le dentellate elevazioni
dei monti tenuti dai Siculi. Sulla prima scena a po-
nente M. Lungo, e più. lunge l'Ecnomo periglioso ; poi
l'alta roccia di Butera (Malctorion?) e M. Lenza delle
Femmine colle sue grotte sicule; a settentrione l'aspra
ed inaccessibile piramide di M. Formaggio, e M. Gi-
hilscemi e Dessueri, formicolanti di centinaia di ca-
panne sicule, coli'antemurale di Sette Farine. Gi-
rando più a NE la massiccia mole mediocvale di
Castelluccio, che incorona uno scoglio isolato, e più
indietro l'alta montagna di S. Michele, e sull'ultimo
orizzonte la vetta del gigante etneo, che pare minu-
scolo collo. Più a destra la profonda valle del Maroglio
guardata dalle alture di Caltagirone e di S, Mauro,
baluardi siculi. E dall'aperta terrazza di S. Maria
(Calvisiana?) in giù, un mare di degradanti ondula-
zioni degli Herei, che vanno a morire nel maro di
Camarilla. Gela stava al centro preciso della scena di
questo vasto teatro di colli e monti, clic con avido
sguardo prima osservò e poi conquistò anzitutto alla
sua sfera d'influenza, in seguito al suo pieno dominio.

Sullo spartiacque di Caltagirone essa venne a dar di
cozzo nei Calcidesi e nei loro interessi, e con Ippo-
crate essa si spinse soverchiale sino alle marine
ioniche, che a lungo non tenne, ma che poco dopo i
suoi figli, i Dinomenidi, soggiogarono a Siracusa.

Arteria vitale dell'agro gelese il fiume Gela, che
oggi scenJe diritto alla foce a levante della città,
pare ne avesse in antico una duplice; un braccio stac-
candosi ad un paio di km. a valle dello sbocco, correva
a breve distanza dal rampante nord della collina, con-
fondendosi poi coll'attuale Guattano. Questa tesi pro-
posta e sostenuta dallo Schubring (op. cit., p. 82 e
segg.), ed accolta da moderni ed autorevoli scrittori
che hanno studiato sul luogo la questione ('), non in-
contra serie difficoltà topografiche ed è resa necessaria
per bene comprendere il passo diodoroo XIII, 108
relativo alla campagna cartaginese del 405, dove è
detto che Imilcone accampò il suo esercito naqà xòv...
tiotcchóv. Aggiungasi che la depressione della piana
al piè della collina e presso la Madonna della Manna
segna precisamente un alveo antico, ed il debole ri-
lievo marginale verso ponente, il quale arriva appena
ai m. 10, può esser effetto di antichi rigurgiti, in se-
guito ad uno sbarramento artificiale. Era una biforca-
zione di origine antichissima, preistorica, perchè quando
le masse alluvionali scendevano impetuose allagando
la piana, trovando nella collina un intoppo al libero
scarico in mare, devono aver aperto con violenza un
secondo sfogo verso ponente.

Il Gela dalle molteplici scaturigini si unisce in
un solo corso a breve distanza dalla città, dove si
biforca in due braccia divergenti verso Mazzarino e
Piazza l'uno (f. Dessueri, Nocciara), verso Caltagirone
l'altro (f. Maroglio), arricchiti di molti corsi secondari.
Il suo territorio fluviale ò in buona parte montuoso.
Più ricco d'acquo in antico che oggi non sia, sono e
rimangono non pertanto esagerazioni poetiche quelle
di Ovidio {Fasti, IV, 470) e di Vergilio {JSn., Ili, 703),
che lo decantano: « vorticibus non adeunde Gela»;
« immanisque ». Il fiume diventa immane, ed impra-
ticabili le suo rive, durante le alluvioni invernali,
che talora cambiano in lago porzione del nsótov,
d'ordinario, gran parte dell'anno esso è corso tranquillo

(!) Freeman, Geschichte Siciliens, III voi., p. 497, tav. (trud.
Lupus); Holm, Geschichte Siciliem, voi. II, p. 97.
 
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