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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0011

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GKLA

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dubbia l'esattezza dei loro giudizi; infatti alcuni lo
pongono alla torre Insegna, altri nel fondo Aldisio
Cartia, altri più lontano nel ridosso settentrionale della
contrada Palazzi; in ogni modo, se la sua esistenza
è tutt'altro che da mettere in dubbio, resta sempre
a desiderarne la scoperta, se pure non fu già total-
mente distrutto.

La fornitura d'acqua della città si faceva per via
di numerosi pozzi e cisterne, di cui molti trovansi
dentro e fuori la città ; i grandi pozzi del Purgatorio,
che darebbero copiosa ed ottima acqua, se non fosse
inquinata dal macchinario di elevazione, dovettero pure
essere sfruttati in antico. Un debole acquedotto che
scende da Sette Farine, e la cui fonte, testa dell'acqua,
conserva nel nome moderno un ricordo antico (xnqxxXi)
voti vdccTOi), pare fosse usufruito dai Gelesi.

Ma in complesso la statistica dei monumenti è
desolantemente povera; alle tristi vicende dell'anti-
chità aggiungendo le manomissioni degli ultimi secoli,
dal 1230 in poi, si capirà come non un solo rudere
abbia resistito agli oltraggi dell'uomo, più fatali che
l'azione del tempo.

III.

Profilo storico di Gela (').

Secondo la tradizione nella seconda metà del se-
colo Vili, ma secondo dati indiretti ed archeologici al-
quanto tempo prima, grossi sciami di Dori e di Cal-
cidesi s'eran buttati sulle coste orientali della Sicilia,
prendendo possesso di tutti quei punti più adatti che
mentre assicuravano un appoggio al mare e la conti-
nuazione dei rapporti colla madre patria, favorivano
]1 commercio di scambio colle popolazioni dell'intorno
e l'immediato possesso di fertili plaghe. La costa di
mezzogiorno, per quanto da tempo percorsa, siccome

(') Schubring, op. cit.; Holm, Geschiahte Siciliens in Alter-
thum (2a ed. italiana riveduta, Palermo, 1890-1901); Freeman,
Mstory 0f Sicily (2a ed. tedesca, curata dal Lupus, con nuove
"ute; Lipsia, 1895-1901 ; il voi. IV dèlia inglese, postumo, cu-
rato dall'Evans, apparve nel 1894). Pais, Storia della Sicilia
e della Magna Grecia, voi. I, p. 231 e segg. Manca una storia
speciale di Gela, che si può però agevolmente ricavare dalle
«Pere succitate.

più infida e pericolosa venne tentata alquanto appresso,
ed il primo luogo diventato centro di occupazione
greca fu Gela. Fu circa il 689, secondo la cronologia
convenzionale generalmente accolta, che una mano di
liodii sotto Antifemo e di Cretesi sotto Eutimo fondò
la città nel sito della attuale Terranova (Tucid. VI, 4 ;
Erod. VII, 153), imponendole il nome di Lindioi,
forse dal quartiere dei Rodii soverchianti, nome che
ben presto scomparve, assumendo la città unità, ol-
trecchè politica, topografica ed onomastica. Vedremo
nel corso dell'opera come gli strati archeologici arcaici
confermino esattamente coi loro prodotti industriali la
presenza di questo duplice elemento. Se in definitivo
la città abbia poi preso nome dal fiume, nome pree-
sistente e quindi siculo, è ardua questione che qui
non interessa dibattere (Freeman, I, p. 401) ('); nè
oso affermare, se già da secoli conoscessero i Cretesi,
navigatori por eccellenza, le coste meridionali del-
l'isola (2).

Nei primi due secoli la storia della città, come di
tutte le altro xrìxssiq dell'isola, è assai oscura. Essa
dovette cortamente provvedere alla sua sicurezza mi-
litare contro i Siculi, che in piccol numero abitavan
prima la collina di Gela, e quelle poco discoste di

(') È verosimile che alla città venisse il nome dal fiume,
e non dal veramente ridicolo episodio tramandatoci 'àaWFtimo-
logicum JUagnum, p. 225: 6 VóSios iyiXaae.... xui ànò toc
avfX§Aftog òvófiaaa rfjv vóhv. Il nome del fiume era forse si-
culo, ma è del p>ro ridicolo che significasse gelo. (Cfr. avanti
p. 11). Secondo altri invece anche Gela è nome cretese (Maass,
Oester. Jahreshefte, 1906, p. 145, nota 31).

(s) Lo fonti storiche, sopratutto Tucid. (VI, 4, 3 e segg.),
parlano di rapporti antichissimi mitologici fra Creta e la Si-
cilia meridionale (Minos a Caniico). Di fronte alla ipercritica
negativa del Pais [Storia ecc., I, p. 348), che vuole queste
leggende create dai coloni rodio-cretesi di Gela ed Agrigento,
stanno le meraviglioso scoperte cretesi degli ultimi anni, che
irradiano di tanta luce la protostoria greca, e le relazioni
commerciali anche col Mediterraneo occidentale (Pigorini, Bui-
lett. Paletti. Rai., XXX, p. 107), o che si rannodano collo sco-
perte di materiali micenei da me fatte sulle coste orientali
dell'isola. Per quanto ancora nulla di veramente miceneo siasi
a tutto oggi rivenuto su quelle meridionali, penso anch'io col
Taramelli (Ricerche archeol. cretesi, p. 146) celie queste leg-
ci gelide che si riassumono intorno al nome di Minos, furono
« forse troppo leggermente negate », mentre esse adombrano a
relazioni antichissime, la cui documentazione archeologica spetta
alla zappa dell'archeologo. Si badi in fatto che nulla conoscia-
mo della Agrigento preellenica, perchè mai quel suolo famoso
fu doverosamente scrutato. Nò posso svolgere in una nota il
tema dello relazioni fra Creta antichissima e la Sicilia, merite-
vole di un lungo articolo.
 
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